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Corriere-La sinistra in lotta (contro se stessa)

La sinistra in lotta (contro se stessa) TROPPI MANDARINI E UN SOLO CINESE Sarebbe bene che tutti si sforzassero di guardare con occhio più freddo allo scontro che vede contrapposti Serg...

13/07/2002
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Corriere della sera

La sinistra in lotta (contro se stessa)

TROPPI MANDARINI E UN SOLO CINESE

Sarebbe bene che tutti si sforzassero di guardare con occhio più freddo allo scontro che vede contrapposti Sergio Cofferati e la Cgil da un lato, gli stati maggiori dell'Ulivo e, prima ancora, dei Ds dall'altro. Cominciando con il prendere atto che la nostra sinistra, o, più precisamente, il nostro centrosinistra, sta facendo i conti con un dilemma già affrontato da altre sinistre europee. La battaglia di Tony Blair contro la sinistra del suo partito e lo strapotere delle Trade Unions sul medesimo, così come quella di Gerhard Schröder contro Oskar Lafontaine nella socialdemocrazia tedesca, vertevano, al di là delle peculiarità nazionali, su temi analoghi a quelli oggi all'ordine del giorno in Italia. Si trattò, in entrambi i casi, di conflitti lunghi, difficili e complessi, che non diedero luogo a traumatiche rotture, ma lasciarono sul campo, politicamente parlando, morti e feriti. E non poteva essere altrimenti: in ballo c'erano due idee radicalmente diverse della natura e della funzione della sinistra, del suo insediamento sociale e dei suoi valori. Più che scandalizzarsi, e gridare all'estremismo in agguato o, all'opposto, al tradimento di classe, sarebbe il caso di preoccuparsi perché questo confronto tra due riformismi, latente in tutti gli anni in cui il centrosinistra ha governato, ha preso corpo tardi e male; e di fare il possibile non per sopirlo alla bell'e meglio, ma perché ne emerga chiaramente il contenuto. Che, schematizzando all'estremo, si può sintetizzare così. La sinistra dell'identità, dei valori e dei diritti propugnata da Cofferati è una sinistra laburista nel senso più classico del termine, nel senso che ha nel mondo del lavoro dipendente, nei suoi poteri consolidati, nella sua dignità storica di soggetto collettivo, il punto di riferimento primario ed essenziale, e nella Cgil la naturale roccaforte. Per Cofferati, l'avvento di un governo di centrodestra che mette apertamente in discussione tutto questo chiama a una lotta di resistenza, lo si è visto con il movimento sull'articolo 18, capace di suscitare consensi e adesioni che vanno ben oltre i diretti interessati. In ogni caso, quando in ballo c'è l'identità, è infinitamente meglio perdere una battaglia che non combatterla.
Il fatto è, però, che al centrosinistra di D'Alema, Fassino e Amato, per non dire di Rutelli (quanti mandarini!) e della maggioranza della Margherita, quella identità va peggio che stretta. Nel senso che la ritengono politicamente e anche socialmente minoritaria e residuale, inadeguata e anzi dannosa per parlare a un Paese moderno, tornare a governarlo, riformarlo; e, intanto, per condurre una battaglia efficace contro un centrodestra che cominciano a reputare meno invincibile di quanto pensassero, allargando, come si diceva una volta, le alleanze. Possono persino essere grati (chi più, chi molto meno) a Cofferati per aver restituito al popolo del centrosinistra, nei mesi scorsi, la certezza di essere in vita. Ma si preoccupano del consenso vastissimo che lo circonda. E soprattutto sono convinti che, a seguirlo, si finirebbe dritti nel baratro. O, quanto meno, si resterebbe eternamente opposizione.
Così stanno le cose, e non si capisce perché non bisognerebbe dirlo anche fuori delle segrete stanze, e darsi sin d'ora battaglia leale e aperta, e alla fine contarsi, piuttosto che consumarsi in una guerriglia estenuante e feroce. L'unica spiegazione è che nessuno sa bene come e dove potrebbe aver luogo il confronto: la Cgil c'è, ma i partiti sono ectoplasmi. Un guaio serio, non un'attenuante. Perché la contesa si risolva con una ricomposizione o, all'opposto, con una sinistra e un centrosinistra che, abitando in due case diverse, trovino il modo di coesistere, i contendenti farebbero bene a trovarle una sede e qualche regola. In caso contrario, c'è il rischio che si concluda, avrebbe detto il vecchio Marx, con la comune rovina delle parti in lotta.
di PAOLO FRANCHI


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