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Corriere-La scuola a prova di riforma-il mercato

La scuola a prova di riforma IL MERCATO di ALESSANDRO PENATI Il lavoro richiede sempre più intelletto e sempre meno braccia. Anche nell'industria, una parte preponderante del monte salari remu...

14/04/2003
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Corriere della sera

La scuola a prova di riforma
IL MERCATO

di ALESSANDRO PENATI

Il lavoro richiede sempre più intelletto e sempre meno braccia. Anche nell'industria, una parte preponderante del monte salari remunera chi lavora all'organizzazione, vendite, design, informatica. La crescita di un Paese dipende dal suo "capitale umano": il complesso di conoscenze e capacità accumulato dagli individui. Così, il sistema scolastico diventa uno dei più importanti fattori di produzione. Purtroppo, il quadro italiano è desolante. In Italia, solo il 43% della popolazione in età lavorativa ha completato la scuola secondaria; più dell'#3980;% in Germania e Usa. Il divario si allarga per l'educazione post-secondaria: il 12% ha completato studi universitari; il 30% in Germania e Usa. Eppure lo Stato spende: fra i Paesi industrializzati, l'Italia è terza nella spesa per l'istruzione primaria e secondaria (anche se sull'efficienza della spesa ci sarebbe molto da discutere). La causa è l'abbandono scolastico: si stima che su mille italiani che entrano oggi nella scuola elementare, 129 non vadano oltre la licenza media; 666 completino la scuola secondaria; 452 si iscrivano all'università; e solo 149 giungano alla laurea. Anche se l'investimento in "capitale umano" rende molto: tenuto conto del costo dell'istruzione e dei salari non percepiti, un maschio che completa la scuola secondaria può attendersi un reddito medio dell'#3980;% più elevato di chi si sia fermato alla scuola dell'obbligo; e un ulteriore incremento del 42% se porta a termine l'istruzione post-secondaria. Uno studio di Daniele Checchi mostra come nel nostro Paese il fattore dominante del grado di scolarizzazione sia il livello d'istruzione dei genitori (ma non il loro reddito). A parità di altre condizioni, se un giovane ha padre e madre laureati, avrà il 60% di probabilità in più di laurearsi; così come è più probabile che concluda il ciclo di istruzione secondaria se i genitori sono diplomati.
Emerge il ritratto di una società socialmente immobile, in cui il posto nella scuola e nella società si trasmette di padre in figlio. Lasciando da parte opinabili questioni di equità sociale, il problema è di efficienza: se il Paese non dà istruzione a chi la merita, il rendimento del capitale umano, e quindi la crescita, si riduce. Il Paese più capitalista, gli Stati Uniti, è anche quello con la maggiore mobilità sociale.
Tutto questo è probabilmente il riflesso del mercato del lavoro rigido, con forti barriere all'entrata, in cui la famiglia è il principale canale di inserimento. Il posto diventa così una rendita da difendere e trasferire ai propri figli, condizionando le loro scelte scolastiche. Se non si liberalizza il mercato del lavoro, qualsiasi riforma scolastica non avrà mai un impatto sulla crescita economica del Paese


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