FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3778845
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Corriere-L'aggiornamento dei prof? Facoltativo e non retribuito

Corriere-L'aggiornamento dei prof? Facoltativo e non retribuito

L'aggiornamento dei prof? Facoltativo e non retribuito "Di fronte alle innovazioni o le ignori o ti sacrifichi". "Solo un bonus di 35-40 euro per comprare libri e riviste" Una strada in ...

09/09/2003
Decrease text size Increase text size
Corriere della sera

L'aggiornamento dei prof? Facoltativo e non retribuito

"Di fronte alle innovazioni o le ignori o ti sacrifichi". "Solo un bonus di 35-40 euro per comprare libri e riviste"

Una strada in salita per conquistare una cattedra sempre più sfuggente. E poi, una volta di ruolo (ma anche nei lunghi anni di precariato), il problema dell'aggiornamento. Essere insegnanti in Italia, oggi, significa anche questo: fare i conti con una società che cambia, tenere il passo con le esigenze degli studenti, tra nuove tecnologie e sostegno all'handicap, lingue straniere e innovazioni scientifiche. Una formazione continua e permanente, ma assolutamente libera: nel senso di non obbligatoria e, soprattutto, non retribuita. E la scelta di aggiornarsi diventa sempre più la scelta di chi, tra i docenti italiani, ancora vive il proprio mestiere come una vocazione.

"AGGIORNAMENTO SELVAGGIO" - Volendo indicare una data, la "questione aggiornamento" si apre nel lontano 1995, con il contratto nazionale dell'èra Berlinguer. Gli insegnanti dovevano fare 50 ore di aggiornamento diluite in 3 anni di permanenza nella prima fascia di retribuzione, per poter passare alla seconda. Una clausola che si ripeteva più o meno analoga per i successivi "scatti". Risultato: un boom incontrollato di lezioni di teatro, arte della ceramica, musicoterapia e chi più ne ha più ne metta. Un vero e proprio "arrembaggio", fortunatamente di breve durata: nel 1997 il contratto cambia, l'aggiornamento non è più obbligatorio ma volontario, si chiede un riconoscimento ufficiale per gli enti che vogliano proporsi come "formatori" a fianco di università, scuole e istituti nazionali o regionali per l'educazione. Oggi sopravvive ancora qualche residuato della vecchia deregulation : basta spulciare nell'elenco autorizzato per il 2002/2003 per trovarsi di fronte a improbabili corsi di grafologia o a titoli come "Lo sci nella scuola riformata", "La vela e l'educazione ambientale nell'arcipelago toscano", "Il gioco del golf". Viene da chiedersi quali istituti dispongano dei fondi per noleggiare una barca a vela o anche solo un campo da tennis (senza dimenticare le racchette), quando in tanti casi mancano perfino le palestre. Ma, per quest'anno scolastico, il ministero ha destinato 32.556.519 euro alla formazione e sono molte le scuole che, grazie alla legge sull'autonomia, organizzano corsi mirati a risolvere problemi dell'istituto e del territorio. L'unico neo resta la mancanza di obbligatorietà.

UNA SCELTA PERSONALE - "Purtroppo l'aggiornamento è assolutamente facoltativo, lasciato alla disponibilità e alla sensibilità del singolo insegnante", ammette Daniele Vaccari, 39 anni, insegnante di italiano, storia e geografia in una scuola media del Bergamasco. "Non c'è nessun tipo di riconoscimento economico, se non un "bonus" annuale per l'acquisto di materiale, libri, riviste. Ma siamo nell'ordine, forse, di 35-40 euro. I corsi che ho fatto me li sono spesso pagati di tasca mia". Tutto, insomma, dipende da una scelta personale, anche se l'aggiornamento è per legge un "diritto-dovere" degli insegnanti: tanto che nel primo anno, dopo il passaggio di ruolo (l'"anno di prova"), è obbligatorio un percorso di formazione con tanto di tesina finale. Poi, formalmente, il nulla. Una svolta, per la verità, è arrivata con la riforma: soprattutto alla primaria, l'aggiornamento su informatica e inglese è oggi tra le priorità del ministero e degli insegnanti. Per il resto, ciascuno agisce come coscienza comanda: "L'anno scorso - racconta Daniele Vaccari - in classe avevo una ragazzina africana. Non mi era mai capitato di confrontarmi con una studentessa che non parlasse italiano, non sapevo come relazionarmi con lei. Allora ho deciso di frequentare un corso. Anche perché le scelte sono due: o te ne freghi, o lavori il doppio. In entrambi i casi, a fine mese, in busta paga non cambia niente".

LIBRI, INGLESE E COMPUTER - Il punto di partenza è chiaro: essere insegnanti oggi richiede una consapevolezza sempre crescente, un aggiornamento costante. C'è chi, per troppa fatica o troppi impegni, sceglie di "sorvolare"; ma c'è anche chi, e non sono in pochi, passa dall'altra parte della barricata e si rimette a studiare. Per rinfrescare un inglese non proprio fluido, si fa domanda per i corsi all'estero del ministero: "Pochissime borse di studio, ma le domande sono sempre tante", dicono dall'amministrazione. Il "bonus" di 35 euro serve anche per abbonarsi a riviste specializzate: La scuola italiana moderna , La scuola secondaria , e via elencando. Qualcuno si attacca al computer, impara a padroneggiare i nuovi software, legge le ultime novità sul sito del ministero o su Tuttoscuola.com . "Il punto è - riflette Carlo Scalco, 47 anni, che oggi insegna ad amare Leopardi e Giolitti agli studenti dell'Istituto Remondini di Bassano del Grappa - che a un insegnante si chiede davvero molto sotto un profilo formativo. E l'impressione è che anche oggi tanti corsi di aggiornamento non vengano fatti con questo scopo. Ma un professore dovrebbe leggere moltissimo, essere informato, vivere nel mondo". E invece? "E invece gli insegnanti non vengono realmente invitati a farlo. Godiamo di una libertà fittizia, che troppo spesso deriva dalla mancanza di una reale volontà di investire in iniziative serie". E allora ci si organizza da sé. "Io leggo tantissimo, dalla letteratura alla saggistica; seguo conferenze, soprattutto di storia. Solo per Internet - sorride il professor Scalco - non sono un buon esempio, anche se rispetto a qualche anno fa... Ma mia moglie, che lavora nelle telecomunicazioni, quando mi vede alle prese con un computer si mette a ridere".

LA NUOVA FORMAZIONE - Per chi vive la scuola come una vocazione, quindi, l'aggiornamento è, se non un chiodo fisso, un'esigenza primaria. E non è un caso se negli ultimi vent'anni anche il percorso per diventare insegnanti si è modificato in maniera consistente. Il vecchio maestro che arrivava in aula ancora imberbe, diploma di istituto magistrale in tasca, non esiste più. "Oggi chi vuole insegnare alla scuola dell'infanzia o nelle primarie - spiega la pedagogista Silvia Kanisza della facoltà di Scienze della formazione alla Bicocca di Milano - deve seguire i quattro anni di corso previsti dalla nostra facoltà, con un tirocinio tra le 480 e le 520 ore". Senza dimenticare i problemi dell'handicap: "Per fare l'insegnante di sostegno ci sono 400 ore aggiuntive. E in futuro apriremo il corso, ampliato a 800 ore, anche ai docenti". Complessivamente, dunque, 5 anni di formazione, che diventano 8 per chi affronta l'avventura delle Scuole di specializzazione all'insegnamento secondario, le famigerate Ssis (il cui diploma abilita all'insegnamento, come un concorso ordinario). Anche qui il tirocinio è fondamentale: "Per fare questo mestiere - conferma Clotilde Pontecorvo, direttore della Ssis del Lazio - ci vuole una preparazione scientifica, ma anche pratica, operativa. Il nodo della formazione, sia universitaria che di aggiornamento, sta nel diventare buoni docenti, aperti all'innovazione e capaci di mantenere una tradizione culturale. Oggi fare l'insegnante è più difficile, ma è una sfida che va raccolta con entusiasmo".
Gabriela Jacomella (3-continua. Le precedenti puntate sono state pubblicate il 3 e il


La nostra rivista online

Servizi e comunicazioni

Seguici su facebook
Rivista mensile Edizioni Conoscenza
Rivista Articolo 33

I più letti

Filo diretto sul contratto
Filo diretto rinnovo contratto di lavoro
Ora e sempre esperienza!
Servizi assicurativi per iscritti e RSU
Servizi assicurativi iscritti FLC CGIL