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Corriere-Il termometro della civiltà

2003, l'anno dei disabili. E in Italia... IL TERMOMETRO DELLA CIVILTA' di GIULIANO ZINCONE L'Europa dedica alle "persone disabili" l'anno del Signore 2003. E proprio in questi gior...

10/03/2003
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Corriere della sera

2003, l'anno dei disabili. E in Italia...

IL TERMOMETRO DELLA CIVILTA'

di GIULIANO ZINCONE

L'Europa dedica alle "persone disabili" l'anno del Signore 2003. E proprio in questi giorni, il settimanale americano Newsweek ci ricorda (esagerando?) che l'Italia è tra gli Stati del Continente che più trascurano gli invalidi. Soltanto la Grecia e il Portogallo sono meno gentili di noi, ma sono anche meno ricchi. Siamo in zona retrocessione, insomma. Eppure, in apparenza, non ci manca la sensibilità. Visti da lontano, noi italiani sembriamo affettuosi e caritatevoli. Le nostre organizzazioni di volontariato sono numerose e generose. Fervono le tavole rotonde, i dibattiti e le iniziative che si preoccupano degli handicappati. Le nostre leggi, poi, sono piuttosto buone. Peccato che, in gran parte, siano disattese, o che non trovino finanziamenti adeguati. Nel frattempo, basta leggere le lettere (spesso disperate) scritte ai giornali per contare le umiliazioni, le ingiustizie, le truffe subite dai disabili. Il settimanale Vita (www.vita.it), per esempio, ospita regolarmente denunce che colpiscono le coscienze dei cosiddetti "sani".
Gli invalidi "confinati", cioè completamente non autosufficienti, sono più di un milione, in Italia. Trecentomila di loro sono praticamente reclusi, in istituto o in casa. Sono concittadini che la società allegra tende a dimenticare, a cancellare dal panorama urbano, dove c'è posto soltanto per gli spettacoli d'eleganza e d'efficienza. Questo tremendo problema deve essere risolto, in fretta. È in gioco la stessa dignità del nostro Paese, che non può rassegnarsi a subire il marchio infame che spetta ai senza cervello e ai senza cuore. E dunque bisognerà:
1. Prevenire l'insorgere dell'invalidità. Informare i genitori sulle terapie disponibili, e incoraggiarli a esigere nuove strutture. Promuovere le diagnosi precoci (le riabilitazioni) per i neonati. Sostenere a domicilio le famiglie, per le quali il peso dell'assistenza è spesso insopportabile, e spinge, nei casi estremi, alla cosiddetta eutanasia: al cosiddetto "omicidio per amore". Si deve capire, una buona volta, che i disabili hanno (infinitamente) più diritti che doveri, e che questi diritti non debbono dipendere dalla "solidarietà" o dalla "tolleranza" dei cittadini, ma dalla giustizia e dal rispetto che a tutti sono dovuti.
2. Abbattere drasticamente gli incidenti sul lavoro, gli infortuni domestici, i disastri del traffico. È stolto rassegnarsi di fronte a queste minacce, che fabbricano ogni giorno centinaia (migliaia?) di invalidi. È miope e vile incolpare la solita "fatalità".
3. I disabili occupati, in Italia, sono meno del 20%, contro il 47 della media europea. Non si tratta di elargire "posti" come elemosine: è obbligatorio comprendere che anche i portatori di handicap possono rendersi utili e che (per esempio) il telelavoro è alla portata di chi ha difficoltà motorie. Dunque è necessario diffonderlo, a patto che non si trasformi in una ulteriore condanna all'isolamento. Una notizia: a Roma la "Trattoria degli amici", promossa dalla Comunità di Sant'Egidio, ha vinto il premio "Ristorante dell'anno". Nel locale lavorano disabili psichici che, evidentemente, sono abilissimi. Peccato che per loro non esista assistenza pubblica nei trasporti. Tutte le sere, qualche volontario deve riaccompagnarli a casa.
4. Trasporti? Questo è un dramma. Basta guardare come sono fatti gli autobus, i treni e le metropolitane, per accorgersi che la comunità finge di ignorare i problemi dei più deboli.
Ciò fa parte delle famose "barriere architettoniche", che è urgente abolire, anche per il benessere dei cittadini "normali". Perfino l'accesso al nuovissimo e stupendo Auditorium di Roma, risulta maledettamente scomodo per gli invalidi, per i vecchi, per chiunque non sia in gran forma.
5. E la scuola? La finanziaria del 2003 (anno del disabile!) ha addirittura tagliato il numero degli insegnanti di sostegno, che già erano insufficienti e che, in gran parte, non erano (non sono) affatto specializzati. Chi aiuterà i bambini handicappati? Gli istituti religiosi? La carità a pagamento, forse?
6. Infine, ma (ritengo) al primo posto, ci sono le barriere culturali. Secondo Newsweek le ditte italiane "hanno paura" di assumere i disabili. E molte famiglie si vergognano di mostrarli in pubblico. Qualche esperto ha trovato impreciso o troppo severo il giudizio della rivista americana. Però è vero che da noi (come altrove) i commessi, gli impiegati, i venditori devono essere per forza giovani e belli. Ed è vero che negli alberghi e nei ristoranti si sono verificati episodi di autentico razzismo, quando gli invalidi sono stati invitati ad andarsene, per non disturbare i sentimenti estetici degli altri avventori. Ciò, ovviamente, può accadere soltanto agli handicappati anonimi. Per i ricchi ' famosi il discorso cambia. Davanti alla sedia a rotelle dello sfortunato Christopher Reeve, interprete di Superman, non mancano mai (per fortuna!) gli applausi e i tappeti rossi.
7. Anche i ragazzini sono spietati contro i "diversi" (ciò è noto), ma è triste constatare che qualche genitore, piuttosto che educarli, li protegge. Un solo esempio. A Roma, un gruppo di alunni perseguitava e umiliava un compagno "Down". Il preside ha sospeso i discoli. Ma la madre di uno di loro, invece di punire il figlio, s'è presentata a scuola con un avvocato, per difendere il pargolo dalla (presunta) ingiustizia.
Conclusione. Nell'Europa scandinava, i semafori emettono anche segnali sonori, per agevolare il passaggio dei disabili. E' una piccola cosa, ma è un sintomo notevole di rispetto. Per raggiungere questo livello di civiltà, temo che, come sempre, dovranno mobilitarsi gli interessati, senza aspettarsi regali.
E allora immagino cortei di donne e di uomini che occupano i centri cittadini, sulle loro sedie a rotelle, fregandosene dei clacson impazienti e arroganti. Tutti insieme, tutti in fila. Non soltanto per chiedere solidarietà, comprensione, tolleranza. No, soprattutto per esigere giustizia.
Giuliano Zincone


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