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Corriere-Il ministro Moratti: ricerca e qualità degli scienziati italiani

Lettera del titolare dell'Istruzione dopo un editoriale di Francesco Giavazzi sui rischi di una crisi del sistema universitario Il ministro Moratti: ricerca e qualità degli scienziati ita...

22/11/2004
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Corriere della sera

Lettera del titolare dell'Istruzione dopo un editoriale di Francesco Giavazzi sui rischi di una crisi del sistema universitario

Il ministro Moratti: ricerca e qualità degli scienziati italiani

Le osservazioni di Francesco Giavazzi ("I Conservatori della ricerca", Corriere della Sera , 11 novembre scorso) sullo stato della ricerca italiana - a suo parere poco incoraggiante - meritano alcune precisazioni. Non vorrei infatti che, in seguito a tali considerazioni, peraltro basate su dati Ocse del 1999 ormai in parte superati, prevalesse l'antica sfiducia sul valore della scienza al servizio della competitività del Paese. Per un giudizio obiettivo sulla scienza italiana ritengo particolarmente illuminanti i più recenti dati riportati da Sir David King nella sua complessiva analisi sulla ricerca di vari Paesi ( Nature , 430, 311, 2004). Se si considera l'indicatore "numero di pubblicazioni e di relative citazioni nella letteratura mondiale per ricercatore" il nostro Paese figura al terzo posto a livello mondiale dopo Regno Unito e Canada, precedendo Usa, Francia, Germania e Giappone. Considerando la fascia rappresentata dall'1% dei lavori scientifici più citati a livello mondiale (la cosiddetta premier league ) l'Italia con 1.630 lavori nel quinquennio 1997-2001 rispetto a 1151 del 1993-1997 ("41%) ha registrato l'incremento maggiore tra tutte le altre nazioni.
I dati raccolti da King dimostrano che l'eccellenza scientifica di un numero elevato di nostri ricercatori è di valore internazionale, è assai diffusa nell'ambito del sistema scientifico nazionale, non è limitata agli esempi citati da Giavazzi, e risulta meritevole di una positiva considerazione. Ritengo assolutamente cruciale che il Parlamento e l'opinione pubblica siano informati di ciò, credano nel valore dei nostri ricercatori e nella concreta possibilità di un giusto ritorno degli investimenti in questo settore per migliorare la competitività del Paese.
Credo che una parte non trascurabile del forte miglioramento segnalato sia dovuta al ricorso sistematico a puntuali criteri di valutazione e di selezione, basati sul giudizio indipendente di valutatori internazionali, delle proposte di ricerca dei ricercatori italiani operanti nelle università e negli enti pubblici e privati; questa è la regola oggi vigente per tutti i finanziamenti assegnati dal Miur. Sulla base dei dati oggettivi riportati nel Programma Nazionale della Ricerca, ora all'esame del Cipe, si stima che operino, solamente presso le Università, oltre 1.500 gruppi di ricerca di livello internazionale. Si tratta di un valore per il Paese che deve essere fortemente valorizzato. Anche per la concessione dei contributi dello Stato alle Università i tempi stanno cambiando: ad iniziare da quest'anno il Miur terrà conto, nell'assegnazione dei contributi annuali di finanziamento agli atenei, dei risultati della ricerca; questi infatti, per la prima volta, peseranno a regime per il 30% nella determinazione del contributo statale. Per la rimanente quota il 30% verrà attribuito in base ai risultati dei processi di formazione, per il 30% in base al numero degli studenti iscritti, escluse le matricole e i fuoricorso e il rimanente 10% per interventi mirati a incentivare il diritto allo studio, la mobilità dei docenti, il rapporto tra università e imprese, l'internazionalizzazione.
Si tratta di una riforma silenziosa che ritengo assai efficace perché collega in modo trasparente ed immediatamente operativo il processo di valutazione e di assegnazione annuale delle risorse alla qualità e ai risultati.
Nella riforma attualmente in discussione in Parlamento sullo stato giuridico dei professori universitari è altresì previsto l'ingresso di docenti stranieri nelle commissioni di concorso, con una prevedibile rottura di taluni negativi equilibri accademici. Sono convinta che l'adozione di questi criteri sarà particolarmente efficace per indurre le commissioni di concorso e le Università italiane a chiamare in ruolo i ricercatori ed i docenti più produttivi scientificamente.
Per quanto concerne i distretti tecnologici, questi sono stati istituiti per collegare imprese, enti pubblici di ricerca, Università e Regioni su progetti strategici per la competitività del Paese. Il Miur ha stanziato i primi finanziamenti ai distretti già istituiti in varie Regioni su temi innovativi e di grande interesse per il settore produttivo italiano (30 milioni di euro per ciascuno degli 11 distretti sinora attivati), ai quali si aggiungono almeno altrettanti finanziamenti da parte di tutti gli altri attori. Vorrei rassicurare sia Giavazzi sia la comunità scientifica che anche in questo caso sono previste rigorose preventive analisi sul rapporto costi/benefici di questa iniziativa nonché attente valutazioni dei risultati.

Ministro dell'Istruzione, dell'Università
e della Ricerca

In L'impatto scientifico delle nazioni David A. King ( Nature , 15 luglio 2004) spiega che non si possono semplicemente sommare le citazioni di articoli appartenenti a discipline diverse: per confrontarle bisogna prima renderle omogenee. Il risultato di questo esercizio (tabella 2, pagina 313) mostra che l'Italia ottiene un dignitoso 12esimo posto, a pari merito con la Francia, ma 4 posti sotto il Belgio e 9 sotto la Danimarca. Anche questo indicatore del valore della produttività scientifica di una nazione è, secondo me, ingannevole. Nella ricerca conta solo l'eccellenza: ciò che non è eccellente non lascia traccia nella storia. Se ci limitiamo al numero dei Premi Nobel in materie scientifiche (chimica, fisica e medicina) a ricerche svolte in Italia sono stati attribuiti 6 Premi, di cui 3 prima della Seconda guerra mondiale; alla Francia 21.
Letizia Moratti promette la riforma dei concorsi universitari: addirittura con la presenza di docenti stranieri nelle commissioni. Sarebbe opportuno che si affrettasse: la legislazione volge al termine e i concorsi si svolgono ancora secondo le modalità in vigore quando ella fu nominata ministro.
Quanto al finanziamento delle Università, anziché a criteri altisonanti, ma sostanzialmente affidati all'autoreferenzialità della corporazione dei professori, le suggerirei di affidarsi agli studenti e al mercato. C'è un modo semplice per farlo: finanziare le Università in funzione della loro capacità di attrarre studenti anche da città lontane, e non solo dalla stessa provincia.
Letizia Moratti


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