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Corriere delle Alpi-ABOLITO CON LEGGE ORDINARIA L'OBBLIGO SCOLASTICO E FORMATIVO

ABOLITO CON LEGGE ORDINARIA L'OBBLIGO SCOLASTICO E FORMATIVO di Italo Sandi* La decisione del governo di procedere alla riforma dell'istruzione e della formazione attraverso una legge delega cos...

05/04/2003
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Corriere delle Alpi

ABOLITO CON LEGGE ORDINARIA L'OBBLIGO SCOLASTICO E FORMATIVO

di Italo Sandi*

La decisione del governo di procedere alla riforma dell'istruzione e della formazione attraverso una legge delega costituisce un atto politicamente grave. Istruzione e formazione costituiscono un diritto ed un bene d'interesse individuale e collettivo, le cui finalità e la cui funzione non possono essere definite a colpi di maggioranza e in assenza di confronto con tutte le forze politiche e sociali. Precedentemente, era stata costruita una"consultazione" (più una farsa) di studenti, genitori, docenti, del testo del documento Bertagna, ma attualmente lo schema della legge delega contiene proposte totalmente diverse.
Il centrosinistra non era favorevole a tale documento, ma almeno pensava che si sarebbe giunti ad una legge su di esso, conseguente alla consultazione. La legge delega "assicura a tutti il diritto all'istruzione e la formazione per almeno 12 anni o sino al raggiungimento di una qualifica entro i 18 anni".
In questo modo l'obbligo scolastico e formativo sono di fatto aboliti, cancellando così, con legge ordinaria, l'art. 34 della Costituzione che prevede l'obbligo scolastico.
Gli anticipi di iscrizione, previsti per la scuola dell'infanzia e la scuola primaria, non sono legati a motivi pedagogici. Si passa da una scuola di prima alfabetizzazione (soprattutto riguardo alla scuola dell'infanzia) ad una scuola dell'assistenza. Al contrario di quanto proposto nel documento Bertagna, (anno ponte) su cui erano stati coinvolti gli stati generali. Scuola elementare e scuola media rimangono ben separate, eludendo l'esigenza di continuità didattico-pedagogica tra i due ordini scolastici, ormai ricercata e sperimentata in molti istituti comprensivi.
La possibilità, enunciata dalla legge delega, di poter cambiare indirizzo all'interno dei licei o di passare da un sistema all'altro (licei, scuole professionali e viceversa) mediante apposite iniziative didattiche, lascia molto perplessi. E' difficile pensare che siano realizzabili "passerelle" in senso biunivoco tra due sistemi ben differenziati per finalità ed apprendimenti. Le scuole saranno soggette a due centralismi: nazionale e regionale, che definiranno il piano di studi.

In questo modo non sarà più la scuola che si raccorda con il territorio, in base alla propria autonomia didattica ed organizzativa, ma sarà il territorio che stabilirà le materie e le attività da svolgere. Sembra proprio che il destino della scuola dell'autonomia sarà quello di ricevere ordini, ma dobbiamo ricordare che la scuola autonoma ha uno spazio riservato dalla nuova Costituzione che non può essere ignorato.
Su tutta la "riforma" campeggia la Finanziaria, che decide. Mentre si parla di una scuola moderna ed europea e si obbliga l'inserimento della lingua straniera e l'informatica fin dalla prima classe della scuola primaria, si decurta il personale docente, si abolisce l'organico funzionale. Si parla di attenzione agli alunni con disagio, ma sono cancellati numerosi posti di sostegno.
La qualità della scuola è fondata sulla qualità della condizione e della funzione dei docenti; gli insegnanti, con l'arrivo dell'autonomia si sono impegnati a diventare protagonisti consapevoli nell'individuazione di percorsi formativi, nella differenziazione e nella flessibilità dei tempi e degli spazi, nella progettazione di un percorso didattico e formativo coerente. Ma ecco che si parla di "stato giuridico" per i docenti, si vuole in questo modo riportare il rapporto di lavoro dentro la gabbia di una legge, senza possibilità di contrattazione!
Si tenta così di azzerare l'autonomia di pensiero, la riflessione e la ricerca didattica, il lavoro collegiale e condiviso. Chi insegna riflette sulla propria attività ogni giorno e con ogni ragazzo che incontra, nessuna legge può cristallizzare un profilo così competente e dinamico.
L'art. 5, comma 1, lettera a, prevede che "la formazione iniziale è di pari dignità per tutti i docenti"In particolare, la legge 3 maggio 1999, n.124, all'articolo 5, comma 1, ha reso totalmente paritaria la condizione giuridica e la funzione docente degli insegnanti tecnico pratici rispetto a tutti gli altri docenti, anche quando il loro insegnamento si svolge in compresenza, risultando essi in tal caso, ai sensi del disposto legislativo citato, del tutto paritariamente contitolari delle unitarie materie scolastiche cui sono preposti congiuntamente un docente tecnico-pratico ed un docente tecnico-teorico.
La citata legge n.124 del 1999, all'articolo 8, comma 3, ha inoltre disposto che "il personale di ruolo che riveste profilo professionale di insegnante tecnico-pratico o di assistente di cattedra appartenente al VI livello nell'ordinamento degli enti locali, in servizio nelle istituzioni scolastiche statali, è trasferito alle dipendenze dello Stato ed è inquadrato nel ruolo degli insegnanti tecnico-pratici"e tali docenti sono oggi totalmente inquadrati tra i docenti tecnico-pratici.

Con le nuove disposizioni il 25% dei soprannumerari potrebbe diventare"personale ATA" e per gli altri potrebbe paventarsi la condizione di licenziabilità.
Il 7 marzo 2003, è stata emanata una circolare che accompagna la bozza di Decreto per la determinazione degli organici per l'anno scolastico 2003/2004, che prevede la rigidità del limite di 20 alunni (in passato era "di norma" pari a 20) per la formazione delle prime classi di sezioni staccate, scuole coordinate, sezioni di diverso indirizzo e specializzazione funzionanti con un solo corso, ciò produrrà una minore possibilità di diversificazione degli indirizzi limitando, di fatto, le ipotesi di scelta dei ragazzi e quindi le opportunità formative nelle realtà disagiate.
La circolare prevede altresì la riconduzione a 18 ore delle cattedre nella secondaria, realizzando in tal modo, con una disarticolazione dei modelli ordinamentali, la continuità del rapporto docente/alunni con gravi conseguenze sul piano della didattica, pertanto ho rivolto un'interrogazione al ministro dell'Istruzione, delle università e della ricerca per sapere se per le scuole superiori della provincia di Belluno si intende tenere conto dell'incremento regionale degli alunni nell'organico di diritto 2003/2004, e se si intendono applicare le deroghe previste per le scuole di montagna.
Per finire, in numerose realtà, anche nella nostra provincia, si vanno approntando modelli di funzionamento della scuola improntati a criteri assai innovativi: continuità fra scuola per l'infanzia, elementari e medie, modelli di istruzione superiore più aderenti alle esigenze del territorio, qualità dell'offerta della formazione professionale, curricoli locali delle scuole (non calati dall'alto).
E' quindi evidente la necessità di una linea veramente riformatrice che permetta di passare da una scuola della repubblica intesa come scuola dello stato centralistico ad una scuola della repubblica intesa come scuola delle autonomie locali, delle regioni, dei cittadini.

*deputato Ds


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