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Corriere-Atenei, sfascio e miopie

Atenei, sfascio e miopie LA CATENA DI ERRORI di GIORGIO DE RIENZO L'anno accademico a Roma è iniziato molto male. La protesta dei ricercatori che si sono astenuti dall'attività didatt...

14/10/2004
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Corriere della sera

Atenei, sfascio e miopie
LA CATENA DI ERRORI

di GIORGIO DE RIENZO

L'anno accademico a Roma è iniziato molto male. La protesta dei ricercatori che si sono astenuti dall'attività didattica, di fatto, ha paralizzato i corsi di undici facoltà soltanto alla Sapienza. Il Senato Accademico aveva scelto di proclamare "un giorno di mobilitazione" possibilmente a livello nazionale. I ricercatori se ne sono andati invece per la loro strada: e quindi - nel miglior caso - gli studenti hanno trovato in cattedra solo poco più della metà dei professori. La protesta, come è noto, nasce dal ddl Moratti sullo stato giuridico dei docenti che mette ad esaurimento l'attuale ruolo dei ricercatori. Il punto più contestato è quello del lungo iter che un giovane studioso dovrebbe percorrere, con successive verifiche periodiche, per giungere a un rapporto stabile di lavoro. Qualcuno fa dei calcoli maliziosi e ne trae la conclusione che questo giovane sarebbe immesso in ruolo intorno ai quarant'anni. Di certo chi lavora al decreto porterà qualche opportuna correzione, ma per chi ha vissuto quaranta anni dentro l'università e ha visto quanto questa istituzione si sia progressivamente degradata, un più severo criterio di assunzione non appare tanto odioso.
Per trent'anni, a colpi di ope legis dissennati, pian piano sono stati chiamati a insegnare (con uguali doveri, anche se con diversi diritti e stipendi) decine e decine di migliaia di ex-assistenti (o vincitori di concorsi), di borsisti, assegnisti di ogni tipo, di ex-lettori in atenei stranieri e così via. Un esercito di professori arruolati, per lo più con verifiche solo formali, per far fronte alla veloce trasformazione dell'università da scuola di élite a scuola di massa.
La riforma del tre più due con la creazione di percorsi di studio spesso improvvisati, di master talvolta avventurosi ha complicato (nella fretta) i criteri nell'affidare i moduli di insegnamento, con la creazione - fra l'altro - di un precariato massiccio di "professori a contratto", magari senza stipendio, arruolati alla bell'e meglio. Di ciò non sono solo colpevoli la Moratti e i ministri che l'hanno preceduta, ma soprattutto i centri di potere accademico, che sempre, nelle fasi in cui si allargava la domanda didattica, hanno proceduto con una miopia mostruosa, che può aver indotto qualche libero spirito malizioso a pensare che non pochi professori badassero a scaricare su altri pesi che, altrimenti, avrebbero dovuto cadere sulle loro spalle.
Se si vuole dare un contenuto serio agli studi e alla ricerca, nel rispetto di chi vuole laurearsi a qualsiasi livello, bisogna tenere conto degli errori abnormi del passato, per non ripeterli nel futuro. È necessario saper affrontare, prima di tutto, quei centri di potere disinvolti per metterli in condizione di non creare ulteriori danni a catena. Certo i soldi sono pochi per una ricerca seria e per un'università che funzioni per gli studenti e non solo per piccoli gruppi di professori. Ma proprio perché sono pochi, non vanno sperperati. Devono essere intanto utilizzati al meglio.


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