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Confindustria: «Sgravi fiscali per scuola-lavoro». Giannini: «Non ora»

L'associazione degli industriali propone un vademecum per organizzare gli stage degli studenti ma chiede finanziamenti per le imprese che li accolgono

14/10/2015
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

Per mettere in atto l’alternanza scuola-lavoro «servono finanziamenti». «Le aziende che accolgono gli studenti devono avere a regime una quota di decontribuzione. Lo strumento fiscale è necessario; deve dare un input e non durare per anni»: la Seconda Giornata dell’Education alla Luiss, è l'occasione giusta, per il vicepresidente di Confindustria, Ivan Lo Bello, per lanciare richieste chiare e precise. Ma per ora il governo nicchia: «Lo strumento della decontribuzione non è previsto dalla `Buona scuola´», ha detto il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, che non esclude la possibilità di introdurre uno sgravio fiscale «anche con altri veicoli normativi». È chiaro- ha aggiunto Giannini- «che le imprese chiedono un aiuto sostanziale» ma il ministro, difendendo la riforma, precisa che «quanto stanziato per l’alternanza va anche a copertura dei costi, che prima erano lasciati alla buona volontà delle imprese».

I dubbi di Confindustria

Confindustria, che da anni promuove progetti di collaborazione tra scuola e lavoro, in realtà non si ferma solo agli sgravi fiscali: ma chiede anche che vengano apportati altri miglioramenti alle esperienze di stage. E cioè che la formazione sulla sicurezza sia inserita nei programmi scolastici di tutte le scuole secondarie superiori, che non si dia solo attenzione alla fase di orientamento al percorso di alternanza, ma anche alla sua realizzazione e ai suoi risultati: in quest'ottica l'associazione degli industriali suggerisce che siano individuati i modi più adatti per valutare le esperienze anche in sede di esame di Stato. In realtà l'idea di valutare i crediti acquisiti durante gli stage per la maturità è già considerata dalla riforma della Buona scuola, ma fino ad ora le modalità non sono state definite con chiarezza. Infine, secondo gli industriali, bisognerebbe «definire uno status dello studente in alternanza scuola-lavoro che lo distingua dal lavoratore». Una risposta, questa, che verrebbe incontro anche alle esigenze delle associazioni degli studenti, che temono che l'alternanza si trasformi in «sfruttamento». Ma Giannini difende la legge e spiega: «Dobbiamo trovare fino in fondo il coraggio di applicare questa legge che cambia il paradigma sul rapporto scuola-lavoro, che ha avuto una grande funzione nel corso del `900, ha dato ai licei la missione specifica di formare la classe dirigente e agli istituti tecnici di diventare il braccio armato del processo di industrializzazione del paese».

Lavoro in estate? D'accordo due genitori su tre

E proprio oggi un'indagine Ixè-Italia Orienta su ciò che i genitori italiani sognano per il futuro scolastico e professionale dei figli conferma che la tendenza sta cambiando. Oltre due genitori su tre (69%) sarebbero favorevoli a far lavorare il proprio figlio durante la pausa estiva. Al Nord-Est la percentuale sale all'87,8%, «a riprova che la richiesta di contiguità tra il mondo della formazione e quello del lavoro è sempre più pressante». L'indagine è stata presentata oggi a Roma in occasione dell'apertura dello Young International Forum, organizzato dalla Fondazione Italia Orienta con l'obiettivo di aiutare gli studenti a orientarsi nelle scelte per il loro futuro formativo e professionale. Tra i temi trattati, anche l'alternanza scuola-lavoro, che con la `Buona scuola´ diventa obbligatoria per gli studenti del triennio delle scuole superiori. «Apriamo l'edizione di quest'anno partendo dal tema della formazione e dell'alternanza scuola-lavoro - ha affermato Mariano Berriola, presidente della Fondazione Italia Orienta - consapevoli però che in questo Paese per 50 anni abbiamo dimenticato il rapporto tra scuola e aziende. Speriamo che oggi finalmente le cose cambino».


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