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Concorso straordinario per le maestre, da Bologna parte il ricorso: "Incostituzionale"

Un gruppo di laureati va per vie legali contro la prova non selettiva per entrare di ruolo alla materna e alla primaria

24/01/2019
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la Repubblica

Un ricorso alla Corte costituzionale contro il concorso straordinario per la scuola dell'infanzia e primaria indetto a ottobre dello scorso anno. A promuoverlo è un gruppo di una cinquantina di laureati in Scienze della formazione primaria degli atenei di Bologna, Milano Bicocca, Firenze e Roma: "E' incostituzionale". Il ricorso sarà depositato tra una decina di giorni, ma intanto s'infiamma nuovamente la polemica su una procedura di reclutamento che va a sanare, in parte, la situazione delle maestre con diploma magistrale conseguito prima del 2001-2002 che sono entrate nelle Gae (il canale per l'immissione in ruolo) o sono state assunte dopo ricorsi e poi sono state licenziate ed estromesse dalla graduatorie dopo una sentenza del Consiglio di Stato riunito in seduta plenaria.

Il concorso-sanatoria, aperto anche ai laureati di Scienze della formazione primaria, oltre al possesso dell’abilitazione richiede di aver svolto due anni di supplenza, negli ultimi otto, in una scuola statale dell’infanzia o primaria. La prova consiste in un orale, della durata di 30 minuti, senza possibilità di bocciatura, che porterà all'inserimento in una nuova graduatoria ad esaurimento, da cui si attingerà per le immissioni in ruolo. "Poco importa se questo porterà ad essere presenti non solo insegnanti diplomati magistrali precari di lungo corso, che avrebbero certamente diritto a passare in ruolo in tempi rapidi, ma anche persone che, per anni, hanno svolto altre professioni e che, solo recentemente, spesso grazie a sentenze provvisorie dei tribunali, sono riuscite ad ottenere alcune supplenze a scuola", contestano i laureati ricorrenti.

Inoltre dal concorso sarà esclusa la maggior parte dei laureati in Scienze della Formazione Primaria nuovo ordinamento: le prime lauree si sono avute a primavera del 2016, "perciò è ben difficile che i laureati abbiano avuto la possibilità di cumulare i due anni di servizio richiesti", osserva Riccardo Circià, portavoce dei ricorrenti.

Come se non bastasse - continua il ragionamento dei laureati che ora si rivolgono alla Corte costituzionale - la lunga graduatoria ad esaurimento, che sarà generata dal concorso straordinario, sottrarrà, per gli anni a venire, la metà dei posti assegnabili attraverso i concorsi ordinari (a loro volta corrispondenti alla metà dei posti totali, dato che l'altra metà è opzionata dalle vecchie graduatorie chiuse dal 2007). "In altre parole, dopo il concorso straordinario, e per chissà quanti anni, solo il 25% - la metà della metà - dei posti di ruolo verrà assegnato tramite concorso ordinario, togliendo centralità all’unica procedura che prevede una reale valutazione dei candidati e che, al contrario delle suddette graduatorie, rimane aperta anche agli ingressi dei neolaureati", continua Circià.

Il ricorso viene fatto sul presupposto della violazione dell’articolo 97 della Costituzione e su quanto ribadito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 299/2011, secondo cui le deroghe al concorso "devono essere delimitate in modo rigoroso" ed "essere conformi a peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico". Così non è, secondo il gruppo di laureati che ha deciso di fare ricorso invitando ad aderire e chiedendo al ministro Marco Bussetti a "restituire centralità ai concorsi ordinari e di bandirne con regolarità, in tutte le regioni italiane, permettendo a tutti gli abilitati (diplomati e laureati) di mettersi alla prova nel tentativo di entrare in ruolo nella scuola pubblica".

"Non vogliamo una guerra tra poveri, né acuire i conflitti, già esistenti, tra diverse categorie di precari della scuola, ma intendiamo riaffermare la centralità della preparazione degli insegnanti e della qualità dell’insegnamento. La cosa che mi colpisce di più - conclude Riccardo Circià - è che in questo dibattito non si parli mai di educazione, che si assuma il presupposto che insegnare sia sempre e solo un diritto. Invece c'è anche il diritto dei bambini ad avere maestri molto preparati".


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