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Concorso scuola, il governo pronto ad alzare i compensi ai commissari

Il Mef studia come reperire i fondi: servono almeno due milioni di euro. I sindacati: «Fermare tutto». Mancano sedici giorni al via: sul sito del ministero le date delle prove

13/04/2016
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Corriere della sera

Antonella De Gregorio

Mancano sedici giorni al via e il «concorsone» è in affanno. La macchina che porterà in cattedra oltre 63mila nuovi insegnanti si è inceppata prima sui ricorsi, poi sulla questione dei compensi dei commissari d’esame. Una miseria, han denunciato i sindacati, mentre la rivista di settore Tuttoscuola quantificava: 1 euro l’ora, sintetizzando in quell’unità il malcontento e la ragione della fuga dei candidati-commissari: non si trovano prof disposti a valutare aspiranti prof.

Compensi da rivedere

«Un compenso ingiusto», ha ammesso il presidente del Consiglio, che ha assicurato: «Ci stiamo lavorando». E se a due settimane dalla prima prova, che si svolgerà tra il 28 aprile e il 31 maggio (il calendario è da oggi online sul sito del ministero dell’Istruzione), è scattato l’allarme, la rassicurazione del premier non è caduta nel vuoto: le sue parole hanno messo in moto il ministero dell’Economia, che ha contattato il Miur, chiedendo di ricalcolare i compensi. Evidente il tentativo di fare retromarcia rispetto a quando, in autunno, il Mef bocciò la richiesta di viale Trastevere di inserire in legge di Stabilità un emendamento del valore di 5 milioni che sarebbe servito anche a coprire le spese del concorso. Secondo Tuttoscuola, gli importi verranno ricalcolati nei prossimi giorni per evitare che salti la macchina del concorso.

«Fermare tutto»

Intanto, dai conteggi fatti in questi giorni, si è scoperto che i commissari d’esame lavoreranno un migliaio di ore per un compenso lordo forfettario di 251 euro per il presidente e di 209 euro per i commissari, più 50 centesimi di bonus per ogni test corretto e di altri 50 per ogni prova orale. In totale, 600/650 euro lordi. Il mondo della politica è intervenuto per sottolineare «l’inadeguatezza totale del compenso» (Elena Centemero, deputata e responsabile scuola e università di Forza Italia); la «mancanza di rispetto per gli esaminatori «che verranno pagati meno di una sguattera del Guatemala (Matteo Salvini, Lega Nord). Mentre i sindacati hanno chiesto il rinvio delle prove: l’Anief ha proposto di farle slittare al 12 maggio (subito dopo quelle dell’Invalsi), viste le «oggettive difficoltà da parte degli uffici scolastici regionali nel reperire i componenti fondamentali per la costituzione delle commissioni». La Uil si è spinta a chiedere di fermare tutto: «Se deve essere un concorso serio, meglio fermarsi e ragionare». «Non vorremmo che anche su un tema cruciale come il reclutamento la smania di potersi appuntare sul petto qualche medaglia, preoccupandosi più di “fare presto” che di “fare bene”, si traducesse nell’incapacità o nell’impossibilità di gestire in modo regolare ed efficace le procedure concorsuali», ha detto il segretario generale della Cisl scuola, Maddalena Gissi.

Commissari in fuga

Si spera che l’intervento del premier arresti l’emorragia («Renzi si è accorto che non va bene ricorrere al volontariato coatto per far funzionare le commissioni esaminatrici», ha commentato Gissi), ma intanto sono già arrivati a dieci gli Uffici scolastici regionali che hanno riaperto i termini per la presentazione delle domande a commissario. Anche 2013si registrò una «fuga», sempre in occasione del concorso a cattedre. Medesima ragione: compensi risicati, e importi esattamente uguali a quelli di oggi. E ancora, come allora, i commissari non avranno l’esonero dalla scuola e dovranno correggere i compiti nel tempo libero e durante l’estate. Per quante ore di lavoro? Almeno 550/600, per una commissione con 500 candidati da esaminare. Un compenso equo «potrebbe essere quello delle commissioni della maturità (che sempre Tuttoscuola ha quantificato: 1.249 euro per il presidente, 911 per ciascun commissario, ndr), dice Turi, «anche se il 10 luglio la maturità finisce, il concorsone no».
Servirebbero trai due e i tre milioni di euro per assicurare una paga decente, confermano al miur, contando che almeno due milioni sono già in cassa: per la prima volta i candidati (più di 165mila), per partecipare al concorso hanno versato 10 euro a testa, per ogni domanda di iscrizione, per diritti di segreteria. E molti hanno presentato più di una domanda, per più prove o materie dello stesso ambito concorsuale. I tempi sono stretti, i tecnici sono al lavoro per quantificare i nuovi importi e per valutare lo strumento più adatto pe raggiungere lo scopo: «Si può seguire la via amministrativa o approfittare del decreto legge su scuola e università in discussione al Senato», dicono a viale Trastevere.

Prestigio

«Auspichiamo che si diffonda a tutti i livelli e in senso bipartisan una presa di coscienza della necessità di rivalutare il valore del lavoro intellettuale degli insegnanti - ha dichiarato il direttore di Tuttoscuola, Giovanni Vinciguerra -. Se lo scandalo suscitato da questo caso limite di sottoretribuzione servirà ad aprire una riflessione più generale sul ruolo e sul prestigio sociale della scuola e dei suoi insegnanti, una categoria in crisi d’identità, la denuncia di Tuttoscuola sarà servita a una buona causa».

Nodi

Tanti ancora, però, i nodi, secondo Pino Turi, leader della Uil scuola: «Intanto è chiaro che il primo settembre non andranno in cattedra tutti gli insegnanti». Poi ci sono quei «paletti» che al sindacalista non vanno giù: «troppo rigidi i requisiti per la scelta dei commissari, per esempio sono esclusi coloro che hanno responsabilità sindacali: è un’ingiustizia». La stretta sulle caratteristiche di partenza, d’altronde, secondo Turi sarà vanificata dal fatto che pur di formare le commissioni alla fine si imbarcherà chiunque. Un primo segnale sarebbero quelle mail con le quali il Miur invita a candidarsi gli stessi precari a cui è rivolto il concorso e che, in molti casi, aspettano da mesi gli arretrati dei loro stipendi. Un’anomalia che ha indotto i deputati M5S in commissione Cultura di Camera e Senato a presentare un’interrogazione, a prima firma di Silvia Chimienti, con la quale chiedono conto del pasticci al ministro Giannini.


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