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Cento milioni per le scuole paritarie. Università gratis per i meno abbienti

Renzi: «Più soldi alle materne non statali che offrono un servizio pubblico e alle scuole paritarie come il Cottolengo che hanno tanti studenti disabili». Molte novità per il diritto allo studio. Ma anche risorse per trasformare 25 mila supplenze in cattedre vere

15/10/2016
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

Cento milioni in più per le scuole paritarie: è una delle novità più rilevanti introdotte dalla legge di bilancio nel capitolo istruzione. I nuovi fondi saranno utilizzati per potenziare le scuole materne (circa 4 mila in tutta Italia), ma anche per rimpolpare il fondo per i disabili, che l’anno scorso ammontava a 12 milioni e prevedeva l’elargizione alle scuole di mille euro per ogni disabile accolto (sono circa 12 mila gli studenti con handicap che frequentano le paritarie). Quest’anno dovrebbe arrivare addirittura a 50, portando così ad un aumento consistente del contributo, che serve per pagare gli insegnanti di sostegno. L’ultima fetta andrà all’aumento della detrazione fiscale, che attualmente è fissata ad un tetto di 400 euro: ogni famiglia può cioè portare in detrazione le rette scolastiche per le paritarie (che vanno dai 2 mila ai 3 mila euro annui) solo per 400 euro, ricevendo così uno sconto fiscale di 76 euro. Ma con le nuove misure potranno aumentare. La scelta è coraggiosa, e rischia di scatenare polemiche, così come successe lo scorso anno quando il fondo alle paritarie venne aumentato di 25 milioni, portandolo a 497 milioni in tutto.

«Certezze per 13 mila scuole»

Soddisfatto il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi: «Questo governo fa le riforme e rottama muri ideologici. La parità scolastica oggi è più vicina grazie ai 100 milioni di euro aggiuntivi inseriti nella legge di Stabilità. Le famiglie da oggi avranno più libertà di scelta educativa a 13 mila scuole e 120 mila insegnanti e maestri più certezze. Le famiglie con ragazzi con disabilità non saranno mai più lasciate sole, proseguiremo nel contrasto ai diplomifici e finalmente si potrà parlare di parità scolastica anche in Italia così come nel resto del mondo». La scelta è stata rivendicata anche dal premier Matteo Renzi in conferenza stampa: «Interveniamo a dare una mano sulle scuole non statali materne, paritarie, perché svolgono servizio pubblico, e un sostegno alle scuole paritarie che hanno un numero di disabili rilevanti», ha annunciato il premier, spiegando che «il Cottolengo, ad esempio, ha il 13 per cento di ragazzi disabili rispetto a una media nazionale del 3 per cento. Aiutare gli insegnanti di sostegno è un principio di equità e giustizia. Confido che non ci siano polemiche ideologiche», ha aggiunto.

Il diritto allo studio

Ma la manovra contiene diverse misure anche per il diritto allo studio. Niente tasse universitarie per chi ha un Isee al di sotto dei 13 mila euro, borse di studio per ragazzi meritevoli e con condizioni di reddito disagiate, e premi di 15 mila euro per gli studenti meritevoli che, avendo particolari capacità, puntano a un’università prestigiosa ma presentano una condizione disagiata economicamente (al di sotto dei 20 mila euro di Isee). Sono solo alcuni dei provvedimenti contenuti nella legge di Bilancio che anche quest’anno presenta diversi capitoli dedicati all’istruzione. Compreso quello dedicato ai professori: saranno 25 mila le supplenze annuali che, grazie ad uno stanziamento di 300 milioni, diventeranno cattedre fisso, contribuendo a ridurre il gap tra organico di fatto e organico di diritto. E quello destinato agli istituti per la formazione superiore post diploma: dovrebbe raddoppiare il fondo (attualmente di 13 milioni) per gli Its.

Premi per i più ambiziosi

«Sull’università vogliamo attuare l’articolo 34 della Costituzione, ovvero garantire a tutti l’accesso ai gradi massimi dell’istruzione», spiega l’on. Manuela Ghizzoni (Pd), che sta lavorando in commissione Cultura a limare i testi per i provvedimenti da inserire in Finanziaria. «Il piano si fonda perciò su tre pilastri. Il primo è quello dedicato agli studenti disagiati economicamente: per loro l’università sarà gratis, indipendentemente dai risultati raggiunti. Le università saranno compensate dal mancato introito con un fondo di circa 80 milioni di euro. Il secondo pilastro è quello destinato agli studenti che hanno difficoltà economiche ma anche presentano voti buoni: per tutti quelli con un Isee sotto i 23 mila euro ci sono le borse di studio, con un fondo che quest’anno è stabilizzato a 210 milioni. Infine, ci sono 20 milioni dedicati agli studenti meritevoli, circa 400, il che fa 15 mila euro a testa, da destinare agli studi post diploma». Troppi soldi per pochi? «No, non penso: l’obiettivo del provvedimento è proprio permettere a chi mostra un talento particolare, e non solo voti alti, di avere accesso alla migliore istruzione superiore. Ovviamente potranno candidarsi a questi premi solo gli studenti con Isee sotto i 20 mila euro, e chi se li assegnerà dovrà essere seguito da un tutor che verificherà come saranno amministrati quei soldi». Oltre al Fondo di finanziamento ordinario delle università (pari a 6,921 miliardi) viene previsto un finanziamento di 270 milioni che andrà direttamente ai dipartimenti (Matematica, Fisica, Lettere) con i migliori risultati nella ricerca e nella didattica. I dipartimenti saranno tenuti a spendere un quarto della somma per reclutare ricercatori.

I fondi per gli asili e per i neo prof

In Legge di Bilancio ci saranno però anche fondi per le famose leggi delega, previste dalla riforma della Buona scuola. Prima di tutte, la delega sullo 0-6, ovvero la legge sugli asili, che punta ad aumentare gli asili nido e a garantirli ad una fetta molto più ampia di famiglie: anche se il disegno di legge dell’on. Francesca Puglisi puntava a uno stanziamento molto più vasto, per ora viene considerata una buona base di partenza il fondo di 100 milioni che dovrebbe essere garantito per il primo anno. «Ciò che conta è partire e iniziare a togliere dalla pancia delle Regioni quei fondi che invece devono essere destinati esclusivamente ai Comuni per la creazione degli asili nido», spiega l’on. Puglisi. Un’altra delega considerata prioritaria è quella per la formazione iniziale dei docenti: saranno 10-15 i milioni a copertura di percorsi specifici per le diverse categorie di insegnanti, che man mano dovranno essere incanalati sotto un unico ombrello di reclutamento. Chi ha ad esempio superato il Tfa ma anche lavorato come supplente, potrebbe evitare il tirocinio. Chi invece ha lavorato per molti anni ma ha pochi titoli, potrebbe rinforzare la parte di crediti formativi teorici. «La platea è vasta e variegata», fanno notare i tecnici che stanno lavorando (faticosamente) al provvedimento. Il tutto con l’obiettivo di arrivare a un unico percorso: per i giovani di domani- ma la novità andrà a regime secondo le stime nel 2023 - servirà un anno di formazione all’università post laurea magistrale, e due anni di tirocinio (pagato) a scuola prima di diventare insegnante a tutti gli effetti. Coperture certe - ma non ancora quantificabili - pure per la delega sull’inclusione, con corsi di formazione ad hoc per gli insegnanti.

Le 25 mila cattedre «nuove»

Mentre dovrebbero essere circa 300 i milioni messi a disposizione delle cattedre: ovvero, per diminuire il gap tra organico di fatto (quest’anno circa 60 mila) e organico di diritto (quest’anno a 746.418), che ogni anno fa arrivare migliaia di supplenti in classe, si comincia col trasformare 25 mila supplenze annuali (da settembre a giugno) in cattedre reali, con contratti a tempo indeterminato. I professori che andranno a coprirle saranno naturalmente quelli residui da Gae e concorso, a partire dal prossimo anno scolastico. Presentato già come emendamento in commissione Cultura, questo passaggio potrebbe finalmente entrare in Stabilità.


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