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Caos test di Medicina e Veterinaria. Esclusi (per ora) quelli che sono in quarantena per il coronavirus

Il ministro Manfredi sui test Medicina e Veterinaria: «Sto valutando come affrontare la questione insieme ai miei colleghi i governo». Il rischio di ricorsi a valanga nel caso di una prova suppletiva

02/09/2020
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Corriere della sera

Orsola Riva

Il più classico dei granelli di sabbia rischia di inceppare l’intero ingranaggio dei test d’accesso all’università. Sì, perché accanto ai ragazzi che hanno ballato un’ora di troppo quest’estate, ci sono anche i loro amici che invece hanno trascorso luglio e agosto a spaccarsi la testa sui quiz di Medicina. E, con loro, i futuri infermieri, gli aspiranti architetti, maestri e veterinari. L’impennata dei contagi ha colpito pure loro. Basta essere un contatto stretto per finire in isolamento e addio test. Difficile dire quanti sono, il ministero dell’Università finora ha ricevuto solo qualche segnalazione isolata. Ma potrebbero essere di più. Come fare per dare anche a loro una possibilità?

Il ministro in campo

Qualche giorno fa, il ministro Gaetano Manfredi aveva aperto un piccolo spiraglio. «Stiamo valutando la possibilità di trovare una data alternativa per consentire anche a loro di sostenere il test». Ma lui stesso aveva anticipato che si trattava «di un problema giuridico molto complesso». Alla vigilia della prima prova - quella di Veterinaria al via oggi: diecimila iscritti per 890 posti (ma la vera bomba è Medicina il 3 settembre: più di 65 mila candidati per 13.072 posti) - sul sito del ministero è apparso un avviso dal quale si capisce che il problema è ben presente, ma la soluzione ancora non si è trovata. «Si informa che il Ministero dell’Università e della Ricerca, vista la presenza di candidati destinatari dei provvedimenti sanitari di prevenzione del Covid-19 che non potranno sostenere le prove di accesso programmato, ha provveduto ad avvisare i Ministeri competenti al fine di verificare ogni eventuale possibile gestione delle suddetta situazione». Detto altrimenti: non sappiamo come fare.

Rischio ricorsi

L’ipotesi di indire una sessione straordinaria, infatti, aprirebbe la strada a una marea di ricorsi. Già così ne arrivano 18 mila all’anno, figuriamoci se chi è stato bocciato nella prova ordinaria potesse protestare la disparità di trattamento rispetto a chi ha avuto un mese in più per studiare. Ma le grane non finiscono qui. Se il ministero fissasse una nuova data, mettiamo fra un mese, creerebbe un precedente giuridico pericoloso per qualsiasi concorso pubblico. E non solo in caso di Covid, ma anche di altre malattie. Ma soprattutto: una seconda prova ritarderebbe la pubblicazione della graduatoria nazionale, prevista per il 25 settembre in modo che chi non ha passato il test abbia modo e tempo di orientarsi su altri corsi di laurea. Se si scivolasse a fine ottobre, bisognerebbe anche spostare il termine per le immatricolazioni e, in ultima istanza, far slittare l’inizio già abbastanza accidentato del nuovo anno accademico. E quindi? «Sto valutando con i miei colleghi di governo come affrontare la questione», dice Manfredi. Ma al momento una seconda data non c’è. A meno che a questo punto non intervenga un provvedimento straordinario della presidenza del Consiglio.


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