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Camera-Commissione 7^-seduta 128.2-Modifiche all'articolo 117 della Costituzione.

Modifiche all'articolo 117 della Costituzione. C. 3461 costituzionale, Governo, approvato dal Senato. (Parere alla I Commissione). (Esame e rinvio). La Commissione inizia l'esame. Giovan...

19/02/2003
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Modifiche all'articolo 117 della Costituzione.
C. 3461 costituzionale, Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame.

Giovanna BIANCHI CLERICI (LNP), relatore, sottolinea che il disegno di legge in esame, che è composto di due articoli, modifica l'articolo 117 della Costituzione, prevedendo, attraverso l'introduzione di un ulteriore comma, che le regioni attivino la competenza legislativa esclusiva per le seguenti materie: assistenza e organizzazione sanitaria, organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici di formazione, definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della regione, polizia locale. Osserva che secondo la formulazione costituzionale antecedente alla riforma del titolo V della Costituzione, le competenze delle regioni, nell'ambito del sistema scolastico, erano limitate alla materia della formazione professionale e dell'assistenza scolastica, rispetto alle quali veniva loro riconosciuta potestà legislativa concorrente.
Precisa che la riforma del titolo V, avvenuta con legge costituzionale n. 3 del 2001, ha modificato l'assetto costituzionale delle competenze legislative dello Stato e delle regioni, attribuendo a queste ultime potestà legislativa esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale" .
In base al descritto quadro costituzionale, spetta pertanto allo stato: la determinazione delle norme generali sull'istruzione,

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tra cui dovrebbero rientrare, in base a gli orientamenti interpretativi prevalenti, la garanzia dell'autonomia delle istituzioni scolastiche - espressamente sottratta alla competenza concorrente - e le regole essenziali di tali autonomie, la disciplina del personale, il quadro degli ordinamenti degli studi, la definizione dei relativi percorsi, la disciplina dell'obbligo scolastico, la garanzia della libertà d'insegnamento; la determinazione dei principi fondamentali della materia in ordine all'istruzione; l'attribuzione di forme ulteriori e particolari di autonomia alle regioni relativamente all'istruzione. In merito segnala che non risulta agevole la distinzione tra "norme generali" e "principi fondamentali" in materia d'istruzione, distinzione rilevante soprattutto al fine di verificare la spettanza rispettivamente allo Stato o alle regioni, della relativa potestà regolamentare. Ai sensi dell'articolo 117, sesto comma, infatti, la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di sua competenza esclusiva, mentre per il resto è rimessa alle regioni. Precisa che le regioni risultano, invece, titolari: della potestà legislativa concorrente in materia di istruzione, entro i limiti rappresentati dai principi fondamentali posti dallo Stato; della potestà legislativa esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale; di forme ulteriori e particolari di autonomia in materia, che lo Stato potrebbe attribuire loro.
Per quanto concerne la parte di competenza della VII Commissione, rileva che il disegno di legge costituzionale in esame interviene, nel settore dell'istruzione, su due campi: la lettera b) dell'articolo 1 relativa "all'organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l'autonomia delle istituzioni" e la lettera c) dello stesso articolo "definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione".
In base alla relazione governativa che lo accompagna, il disegno di legge costituzionale, persegue con riguardo all'istruzione statale lo scopo di demandare alla legislazione statale esclusivamente la definizione delle norme generali, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera n), della Costituzione, tra cui si fanno rientrare l'ordinamento degli Studi, gli standard di insegnamento, le condizioni per il conseguimento e la parificazione dei titoli di studio.
Alla potestà esclusiva delle regioni spetterà, invece, la disciplina degli assetti organizzativi e professionali, con particolare riguardo all'organizzazione scolastica, offerta dei programmi educativi di specifico interesse regionale, alla gestione degli istituti scolastici. A questo proposito, la relazione al disegno di legge recita: "una volta attribuita alle regioni la competenza esclusiva in materia di programmazione di loro specifico interesse, spetterà allo Stato assicurare l'omogeneità complessiva degli studi, in maniera da contemperare i "saperi" comuni a tutto il territorio con i "saperi" e le tradizioni "locali". In tal modo, si intende realizzare pienamente la libertà di insegnamento, dando un nuovo e maggiore impulso al processo di modernizzazione del paese. A tal fine, non si ritiene sufficiente una scelta uniforme su tutto il territorio nazionale, a causa degli ostacoli burocratici che potrebbero frapporsi al processo decisionale ed alla sua attuazione. La conseguenza sarebbe quella di assumere iniziative che, al momento della concreta realizzazione, risulterebbero già superate da nuove istanze sociali. Questa è, infatti, ritenuta la causa del fallimento dei tentativi di riforma del sistema scolastico compiuti in questi anni: "le soluzioni approntate, dopo un lunghissimo processo decisionale, erano già vecchie quando, finalmente, giungevano ad un passo dall'attuazione". Per superare tali inconvenienti, si ricorre pertanto allo strumento della sussidiarietà verticale, avvicinando i centri decisionali alla realtà su cui sono destinati ad incidere"
Nella relazione si sottolinea, inoltre, la differenza tra il sistema predisposto e quanto previsto dall'articolo 116, terzo comma della Costituzione, in ordine alle forme particolari di autonomia. Infatti, l'attuale disposizione costituzionale porterebbe ad un regionalismo differenziato

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"calato dall'alto", mentre il disegno di legge in esame segue una logica opposta (dal basso verso l'alto), legittimando direttamente a livello costituzionale le regioni in materie per le quali la necessità di autonomia è maggiormente avvertita.
Sottolinea inoltre il carattere "aperto" del processo di devoluzione e gli obiettivi di efficienza e di autogoverno, attraverso un modello che lascia alle singole regioni la scelta su tempi e modi delle competenze. Osserva che ciò, oltre a rispondere ad un criterio di buon senso, appare pienamente rispettoso delle stesse autonomie regionali.
Osserva inoltre che il ricorso al verbo "attivare" riferito alla potestà legislativa costituisce un elemento inedito in un testo costituzionale e, come tale, meritevole di approfondimento. Il significato letterale del termine adottato fa ritenere che l'attribuzione alle regioni della competenza legislativa esclusiva - e il corrispondente venir meno di quella statale - nelle materie indicate, benché indubitabilmente disposta dalla legge di revisione costituzionale, non risulti immediatamente efficace con l'entrata in vigore di questa, ma abbisogni appunto di un' "attivazione" da parte delle regioni, ovvero di una qualche loro iniziativa.
Sottolinea che la relazione governativa, puntualizza infatti: "La attivazione da parte delle regioni della propria competenza esclusiva per alcune materie essenziali espressamente indicate costituisce [...] lo snodo fondamentale del progetto, una sorta di rivoluzione copernicana che riconosce potestà legislativa esclusiva alle regioni che autonomamente - e non per determinazione imposta - eserciteranno il potere loro attribuito dalla Costituzione".
Sottolinea inoltre che in senso analogo si è espresso il ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione Bossi nelle comunicazioni rese allo scorso ottobre alla Commissione bicamerale per le questioni regionali: "La competenza legislativa nelle tre importanti materie non può peraltro essere attribuita - proprio per la loro stessa rilevanza sostanziale - direttamente dalla Costituzione, ma si fa rinvio ad apposite leggi regionali che potranno tener conto delle peculiari e contingenti situazioni a livello locale". Ne conseguirebbe in ogni caso, sul versante della potestà legislativa statale, l'impossibilità di continuare a legiferare sulla medesima materia, ovvero - qualora l'attivazione avesse luogo in tempi diversi nelle diverse regioni - l'inefficacia della nuova legislazione statale nelle sole regioni che avessero attivato la propria competenza esclusiva.
Con ciò si giunge al principale più dibattuto nodo interpretativo tra quelli posti dalla norma: quello della sua natura facoltativa o, al contrario, obbligatoria per le regioni.
Secondo il Governo, la formulazione adottata nel disegno di legge costituzionale, ai sensi della quale le regioni "attivano" le competenze legislative esclusive in alcune materie, deve intendersi nel senso di un obbligo che le regioni devono adempiere e non nel senso di una facoltà - fatte salve al diversa tempistica e le modalità - rimessa alla volontà di ciascuna regione. Mettere le regioni nella condizione di agire in autonomia rispetto a talune competenze, sviluppando modelli che siano in grado di rispondere più puntualmente alle esigenze del territorio (esigenze e bisogni che spesso assumono differenti peculiarità nelle diverse regioni e talvolta nell'ambito degli stessi confini regionali), diventa quindi strumento per promuovere lo sviluppo del paese, attraverso lo stimolo che proviene da una reale concorrenza tra i modelli adottati dalle varie regioni, in settori strategici come la scuola, la sanità e la polizia.
Ad avviso del relatore, il disegno di legge si connota per il suo carattere di profonda innovatività, che vuole, da un lato, rispondere alle richieste di maggiori autonomia e dei conseguenti mezzi per esercitarla, dall'altro lato, incidere in settori fondamentali quali sanità, istruzioni e polizia, comparti tradizionalmente contrassegnati da un accentuato centralismo.
Osserva che la devolution, punto fondamentale su cui si basa l'equilibrio ed il

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programma politico della coalizione di maggioranza, è tra gli obbiettivi dei lavori parlamentari.
Ricorda infine, per quanto attiene alla materia dell'istruzione, che in parte la previsione della riforma costituzionale sul trasferimento dei poteri dallo Stato alle regioni è contenuta nel disegno di legge governativa o di riforma degli ordinamenti scolastici (Atto Camera 3387) in particolare per quanto riguarda l'individuazione di una quota di programmi d'interesse regionale.
Osserva che nel corso dell'esame al Senato è stato introdotto l'articolo 2 del testo all'esame della Camera che - sino all'adeguamento dei rispettivi statuti di autonomia - estende le disposizioni della legge che prevedono forme di autonomia più ampie alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano; la formulazione è identica a quella già adottata al medesimo fine della legge di riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione (articolo 10 della legge costituzionale n.3 del 2001).

Andrea COLASIO (MARGH-U), intervenendo sull'ordine dei lavori, chiede chiarimenti in merito all'iter del provvedimento in titolo.

Ferdinando ADORNATO, presidente, precisa che nella giornata di domani si procederà alla votazione sulla proposta di parere del relatore.

Giovanna GRIGNAFFINI (DS-U), data la delicatezza e la consistenza dell'oggetto dei provvedimenti in esame, si riserva di intervenire nella seduta di domani.

Andrea COLASIO (MARGH-U) invita la maggioranza a chiarire alcuni nodi fondamentali relativi alla importante materia in discussione. Ricorda che, sia alcune proposte emendative presentate da deputati della maggioranza, sia una proposta più organica dell'UDC, erano finalizzate ad abrogare il terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione.
Riguardo al disegno di legge in esame, esprime le proprie perplessità rispetto alla cosiddetta "devolution scolastica" e ricorda che la modifica del Titolo V della Costituzione prevedeva principi di federalismo asimmetrico.
Dopo aver chiesto chiarimenti in merito alla quota regionale dei programmi scolastici, osserva che se tale quota fosse lesiva dell'autonomia scolastica, una previsione di tal genere sarebbe sbagliata rispetto al modello di federalismo verticale che si intende introdurre nell'ordinamento. Esprime la convinzione che quello della gestione degli istituti scolastici sia un nodo strategico che attiene ai governi locali. Sottolinea quindi che, con il provvedimento in titolo, si vengono a configurare dei "micro stati nazionali" su base regionale. Riguardo al provvedimento in esame, esprime le proprie perplessità sulla incoerenza tra i principi dell'autonomia scolastica e la presenza di una funzione regionale che determinerà la percentuale dei programmi di storia e di geografia regionali da studiare.
Dichiara quindi la contrarietà del suo gruppo al provvedimento in esame che configura un modello federalista più regressivo e che riproduce delle strutture di "micro stati nazionali", su basi regionali, che sono incoerenti con il principio di sussidiarietà.

Ferdinando ADORNATO, presidente, rinvia il seguito dell'esame alla seduta di domani.


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