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Camera-13.2-Discussione interpellanza Esposizione delle bandiere presso gli istituti scolastici

(Esposizione delle bandiere presso gli istituti scolastici - n. 2-00629). PRESIDENTE. L'onorevole Frigato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00629 (vedi l'allegato A - Interpellan...

13/02/2003
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(Esposizione delle bandiere presso gli istituti scolastici - n. 2-00629).
PRESIDENTE. L'onorevole Frigato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00629 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).

GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, l'interpellanza muove da un intervento dell'assessore regionale veneto alla cultura, Serrajotto, che invitava a non esporre la cosiddetta bandiera della pace - con riferimento alla quale dirò qualcosa successivamente - negli edifici scolastici. Mi sembra, tuttavia, che il tema, oggi, sia ben più ampio e coinvolga sostanzialmente l'intero paese, basti sfogliare i giornali di oggi. Mi auguro, dunque, che il Governo voglia assicurare e rispondere in maniera ampia e convincente.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, onorevole Aprea, ha facoltà di rispondere.

VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, in risposta all'interpellanza urgente dell'onorevole Frigato, ricordo che la vigente normativa, legge 5 febbraio 1999, n. 22, relativa al regolamento applicativo, emanato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 121 del 7 aprile 2000, prevede che vengano esposte la bandiera nazionale della Repubblica italiana e la bandiera dell'Unione europea negli edifici pubblici individuati in un apposito elenco tra i quali le scuole e le avversità statali.

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Prevede, altresì, che norme regionali integrative possano dettare disciplina per l'esposizione di gonfaloni, stemmi e vessilli anche in altri edifici pubblici non compresi nell'elenco. Ricordo anche che la scuola italiana è impegnata a promuovere, accanto alle discipline previste per gli indirizzi di studio, l'educazione alla legalità quale nodo interdisciplinare e componente strutturale dei processi educativi, nella convinzione che tutta la comunità scolastica deve essere chiamata ad interagire e promuovere una riflessione sui concetti di cittadinanza, di Stato, di democrazia, di convivenza e di valorizzazione del patrimonio culturale e civile.
Nell'ambito dell'educazione alla legalità riveste quindi particolare rilevanza anche il tema dell'educazione alla pace. Per perseguire tale finalità educativa i competenti organi collegiali delle istituzioni scolastiche - tra cui il consiglio di istituto, in cui sono rappresentate tutte le componenti scolastiche - possono deliberare in autonomia, ai sensi del relativo regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 275 dell'8 marzo 1999, iniziative coerenti con il perseguimento di tali finalità, eventualmente anche in collaborazione con gli enti territoriali ed associazioni presenti sul territorio.
Per quanto riguarda in modo specifico la situazione oggetto dell'interpellanza la situazione va quindi valutata, per gli aspetti afferenti i profili di legittimità, alla luce della suddetta normativa e delle disposizioni che regolano il procedimento di formazione della volontà degli organi scolastici collegiali competenti.
Ora, va rammentato che il Veneto, ai sensi della legge n. 22 del 1999 sopra richiamata, ha stabilito con legge regionale che, oltre alla bandiera nazionale ed a quella europea, debba essere esposta, in tutti gli uffici pubblici comprese le scuole, la bandiera della regione Veneto. Va inoltre richiamata la legge della regione Veneto n. 55 del 16 dicembre 1999, recante interventi per la promozione dei diritti umani, la cultura di pace, la cooperazione allo sviluppo e la solidarietà, che promuove, tra l'altro, programmi di educazione ai temi di sviluppo, della cultura di pace e della educazione alla solidarietà e di rispetto e tutela delle identità culturali, anche nell'ambito scolastico.

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Nel contesto come sopra delineato, non v'è dubbio che le scuole del Veneto abbiano il preciso obbligo di esporre la bandiera nazionale, quella europea e quella del Veneto; così come non v'è dubbio sulla condivisione dei valori della cultura di pace da parte del Veneto.
L'assessore regionale all'istruzione Ermanno Serrajotto ha rilevato peraltro che sempre più spesso fuori delle scuole si vede esposta la cosiddetta bandiera della pace, mentre mancano quella italiana e quella della regione; ed ha richiamato l'obbligo di esposizione di questi due bandiere, simbolo della storia dell'Italia e del Veneto e del cammino percorso per la conquista di quei valori fondamentali, tra cui la pace, per i quali molti hanno dato la vita.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al collega Frigato per la replica, dato che è presente in tribuna una scolaresca, desidero dire - lo faccio sempre perché lo ritengo importante - che, molte volte, quando si assiste ad una seduta, si vedono i banchi dell'aula deserti e, qualche volta, echi di stampa attribuiscono a questo un significato negativo che non corrisponde alla realtà perché in contemporanea si svolgono anche i lavori delle Commissioni.
Il dibattito che si svolge oggi in quest'aula, quindi, è tra chi ha ritenuto di esercitare il suo diritto-dovere di sindacato ispettivo e, come tale, ha voluto sollevare un problema e chiedere al Governo una risposta, che può anche essere una polemica sulla risposta. Questa è la democrazia. Il dibattito, quindi, si svolge tra gli interpellanti e i rappresentanti del Governo che rispondono alle interpellanze presentate.
Pertanto, non crei, come dire, una legittima suspicione, un sospetto, in questo caso illegittimo, che questo possa significare disattenzione o disaffezione da parte di chi, in questa sede, ha il compito di rappresentare il popolo italiano.
L'onorevole Frigato ha ora la facoltà di replicare.

GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, la ringrazio, anche a nome dei colleghi, per la precisazione che lei ha inteso fare in ordine allo svolgimento dei nostri lavori.
La risposta data dal sottosegretario Aprea alla mia interpellanza urgente si può sostanzialmente definire una risposta formale. Se fossimo in un'aula di applicazione legislativa

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dovrei ritenermi soddisfatto. Ma così non è, perché ci troviamo in un'aula nella quale cerchiamo di interpretare il sentire del nostro paese e di tradurlo in disposizioni legislative.
Allora, vorrei ripercorrere velocissimamente il significato di questa che abbiamo chiamato la bandiera della pace. Essa nasce nel 1961, la prima volta è stata sventolata alla prima marcia della pace ad Assisi. Ha un significato che sicuramente è riconducibile ad un quadro religioso - l'arcobaleno dopo il diluvio, che segna un nuovo incontro tra Dio e l'uomo - ed ha un significato anche più umano, laico: è il colore della diversità, è l'insieme dei colori che esprimono la convivialità delle differenze, la possibilità che le differenze stiano insieme.
Da qualche mese è stata lanciata una campagna alla quale hanno aderito molte associazioni, non partiti, molte associazioni di base - cito soltanto l'associazione "Beati i costruttori di pace", che è nata nella mia regione, ma che non è più solo riferibile alla regione del Veneto - , con questo slogan: pace da tutti i balconi. Credo non sia difficile per nessuno di noi, per noi che viviamo in questo paese che rappresentiamo, verificare quanto questa campagna abbia avuto attenzione, disponibilità, e quante siano le bandiere che i cittadini hanno voluto appendere ai propri balconi. Probabilmente, è facile appendere una bandiera, ma io voglio credere che tanti cittadini italiani, tante famiglie, se prendiamo l'inchiesta fatta da un giornale molto popolare come è Famiglia Cristiana, hanno voluto esporre questi colori per dire che la pace è un obiettivo che ci deve unire tutti quanti, per dire che probabilmente attorno al tema della pace ci deve essere anche un atteggiamento personale, ci deve essere una ricerca, una sensibilità, un impegno che ci riguarda come persone, ma che, indubbiamente, non può non riguardarci come espressione politica di questo paese.
D'altronde, signor Presidente, vorrei solo ricordare che l'articolo 11 della nostra Carta costituzionale recita che l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Se qualche cittadino mette la propria bandiera all'esterno, probabilmente, si trova in linea con quello che i nostri padri costituenti hanno voluto scrivere nella Carta

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costituzionale. Allora, perché vietare che una bandiera di questo tipo, che esprime queste sensibilità, possa sventolare anche da un edificio pubblico?
Il sottosegretario ha ricordato che ci sono delle disposizioni di legge molto chiare che indicano che nei comuni, nelle regioni, sostanzialmente negli edifici pubblici, devono trovare posto la bandiera italiana, la bandiera europea, eventualmente la bandiera che la regione o quel comune si è dato. Bene, io vorrei dire che non trovo - le ho lette anch'io signor sottosegretario creare queste disposizioni - l'esclusione di una qualche altra bandiera. In ogni caso, sono convinto che i colori della pace non siano riferibili ad una bandiera, sono l'espressione di un invito, sono l'espressione di una tensione, sono l'espressione di una ricerca che dovrebbe unire un paese, non certamente dividerlo. Se c'è una cosa che io voglio ricordare in quest'Assemblea è come non sia vero che i comuni amministrati dal centrosinistra hanno fuori la bandiera o i colori della pace e gli altri no, perché basta fare un giro per i comuni del nostro paese per verificare che così non è.

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E allora, signor Presidente e colleghi, io veramente sul piano politico non capisco, non capisco la circolare che hanno ricevuto i prefetti, credo nella giornata di ieri, o questa mattina, nella quale si farebbe riferimento addirittura al reato di vilipendio al tricolore: cioè quel sindaco o quel capo di istituto scolastico che espongano i colori della pace potrebbero essere imputati di vilipendio al tricolore! Mi permetto di ricordare in quest'aula, signor Presidente, come qualcun altro abbia certamente vilipeso il nostro tricolore e oggi siede ai banchi del Governo.

TOMMASO FOTI. Infatti è stato condannato!

GABRIELE FRIGATO. Allora io non credo che dobbiamo mettere in moto meccanismi di questo tipo perché sono gli stessi che inducono il direttore della RAI ad affermare che la grande manifestazione che si svolgerà sabato mattina a Roma, come in molte altre città e capitali europee per richiamare tutti al valore della pace, non debba trovare spazio nella diretta televisiva con la stranissima motivazione secondo la quale, poiché il Parlamento discuterà e voterà nella prossima settimana, riprendere in diretta quella manifestazione potrebbe influenzare l'atteggiamento e il voto dei parlamentari.
Il presidente Casini questa mattina ha già voluto stigmatizzare la cosa. Io mi permetto di esprimere piena condivisione con le parole del Presidente di questa Camera e voglio sperare che ci sarà una rivisitazione dell'atteggiamento del direttore della RAI o, diversamente, il direttore della RAI lasci ad altri la direzione e la scelta su queste cose.
Concludo, signor Presidente, dicendo un'ultima cosa: a me pare veramente strano che in questo paese ci sia chi ha paura dei colori della pace. Ho letto e anche sentito nei telegiornali, qualche giorno fa, esponenti del Governo e lo stesso Presidente del Consiglio dichiarare che egli sta lavorando, lo ha ripetuto più volte, per la pace. Voglio credere che il Presidente Berlusconi stia lavorando per la pace ma mi permetto di chiedere, se davvero il Presidente del Consiglio lavora per la pace, quale paura può esserci di una bandiera che dice, sostanzialmente, che il popolo italiano, le città italiane, le

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scuole italiane, i nostri ragazzi vogliono, credono, chiedono e si impegnano per la pace. Se fossi io il Presidente Berlusconi sarei onorato di avere un paese che, nelle sue diverse espressioni, è solidale con il lavoro, con l'impegno, con l'attività del Presidente del Consiglio. Ho paura, lo temo davvero, che il Presidente Berlusconi lavori in una direzione e il paese, fortunatamente, vada in un'altra. Mi auguro che il Governo voglia tener presente cosa c'è dietro a questi colori per la pace.

GIORGIO BORNACIN. Saddam Hussein!

GABRIELE FRIGATO. Sei un po' riduttivo.

GIORGIO BORNACIN. Dietro quella bandiera c'è Saddam Hussein.
Quella bandiera l'ho vista al G8, in mano ai giottini che caricavano i poliziotti. Ricordatelo bene!

GABRIELE FRIGATO. Sei riduttivo.

GIORGIO BORNACIN. Quella bandiera l'avevano i giottini quando caricavano la polizia e i carabinieri! Ricordatelo bene, ricordatelo!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi!

ELETTRA DEIANA. Fascisti!

FABIO CIANI. Bornacin, smettila di fare polemica e pensa alle cose che devi dire tu!

GIORGIO BORNACIN. Ci penso da solo!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non mi pare sia il caso di continuare con questi toni: si è parlato di pace! Cerchiamo di comportarci conseguentemente!
Voglio solamente dire al collega Frigato che il Presidente Casini, questa mattina, ha detto una cosa molto giusta ed istituzionalmente corretta; egli ha cioè detto che le decisioni che assume un ente che, naturalmente, ha valore pubblico - stiamo parlando di un ente diverso dalla Camera - possono essere di un tipo o di un altro e che, in ogni caso, non tocca a noi censurarle. Gli effetti che esse producono sulla sensibilità,

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sulla conoscenza, sulla determinazione dei parlamentari sono un'altra cosa. Essa non subisce l'effetto, positivo o negativo, di una trasmissione televisiva. Il Presidente non ha dato un giudizio, ma ha detto semplicemente che siamo estranei agli effetti (Commenti del deputato Frigato)... Ho l'impressione che sulla questione abbiamo un'interpretazione difforme: il Presidente ha detto una cosa molto diversa. Lo dico per evitare strumentalizzazioni o interpretazioni sbagliate di ciò che ha detto il Presidente della Camera (Commenti dei deputati Frigato, Foti, Ciani e Bornacin).Onorevoli colleghi, vi pare sia il caso di discutere su queste cose? Certo, delle volte si approfitta di un argomento per inserirne un altro, ma questo fa parte della dialettica parlamentare


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