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Laureati contro diplomati magistrali Attesa per il verdetto dei giudici

Il 15 novembre il Consiglio di Stato deciderà se hanno diritto o no a essere assunti. Loro: «Abbiamo fatto tanti sacrifici». Ma i laureati in Scienze della formazione: noi sfavoriti nell’accesso alle supplenze. Il tema della fragilità formativa di chi arriva in aula

01/11/2017
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

Arriverà in plenaria di Consiglio di Stato il 15 novembre la decisione su uno dei migliaia di ricorsi dei diplomati magistrali per avere il riconoscimento del titolo di insegnante e l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento. Una decisione che farà scuola, perché su questa sentenza saranno poi allineate tutte le decisioni pendenti presso i vari tribunali amministrativi regionali, chiamati a decidere se chi ha ottenuto il diploma magistrale prima del 2001 possa o no essere inserito nell’elenco dei futuri insegnanti di scuola materna e primaria: molti, nel frattempo, sono stati lasciati fuori, molti altri immessi con riserva. Già nel 2015 il Consiglio di Stato aveva dato il proprio ok per l’inserimento dei diplomati magistrali in Gae, sentenza che scaturì un’ondata di ricorsi. Ma i dubbi sono emersi e si è deciso di affidare il giudizio finale all’adunanza plenaria. Se ci sarà un via libera, altri 60 mila abilitati entreranno nelle graduatorie, con assunzione promessa anche se lontana nel tempo, allungando così l’elenco che rischia già di essere infinito dei docenti pronti a salire in cattedra. Secondo Gian Antonio Stella, «coi ritmi attuali serviranno 14 anni per esaurire le graduatorie nelle «primarie» e 41 (quarantuno!) nelle scuole d’infanzia».

La guerra tra poveri

Ma, in attesa della sentenza, si è già aperto uno scontro a distanza tra i laureati in Scienze della formazione primaria, che dal 2009 non hanno più titolo ad entrare nelle Gae se non abilitati all’insegnamento, e i diplomati magistrali in attesa di riconoscimento. Secondo i laureati, se la giustizia dovesse aprire le porte ai diplomati, loro si ritroveranno addirittura dopo nell’accesso alle supplenze, perché mentre i ricorrenti sarebbero inseriti nelle graduatorie di prima fascia, a loro rimarrebbero quelle di seconda fascia per abilitati. La protesta degli studenti è appoggiata dal coordinamento nazionale dei presidenti dei corsi di laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della formazione primaria, che ritengono che i laureati siano fortemente penalizzati rispetto ai diplomati. E in una lettera aperta il coordinamento nazionale di Roma, con gli studenti di Bologna, solleva il problema della qualità: «Quali le conseguenze? A chi si affida la trasmissione dei saperi? Una scuola di qualità richiede competenze, e la qualità della scuola è delle persone che conseguono un titolo accademico e che chiedono solo dignità a una laurea quinquennale e migliori ed equiparate situazioni lavorative».

«Polemica senza fondamento»

Ma c’è l’altra faccia della medaglia. Perché tra i diplomati magistrali ci sono quelli che effettivamente non hanno svolto un solo giorno di servizio, e chi invece da anni pena per insegnare anche fuori sede e accumulare punteggi e anni di servizio per salire nelle graduatorie. «La polemica è pretestuosa- spiega Maria Rosaria Elia, 34 anni, originaria della Calabria ma da anni insegnante a Rozzano, provincia di Milano- I ricorrenti avranno in partenza, anche se abilitati, solo 18 punti. Resteranno in fondo alle graduatorie, avranno scarsissima possibilità di insegnare. Io ho 140 punti, mi sono laureata in Lettere nel frattempo, mi sono trasferita al Nord per avere più chance, eppure due anni fa ho faticato a trovare un incarico». Secondo Elia, «la polemica è senza fondamento, e solo chi davvero ha continuato a insegnare avrà diritto al ruolo». Ma intanto resta il tema dell’offerta che viene data ai nostri studenti. Una dettagliata inchiesta di Tuttoscuola ricorda che «tra i 6.123 iscritti nella Gae di Roma per la scuola dell’infanzia ben 4.873 docenti, pari al 79,6% del totale (circa quattro su cinque), risultano iscritti con zero punti di servizio: verosimilmente è da ritenere che non abbiano mai insegnato». E che «su 5.356 iscritti risultano con zero punti di servizio ben 4.916 (91,8%): nove docenti su dieci è da ritenere che non abbiano mai insegnato».


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