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Atenei virtuosi? Saranno comunque penalizzati

Dalla Sapienza alla Federico II a Napoli, fino a Torino, Parma e Pavia le università che saranno costrette a non poter sostituire tutti i prof andati in pensione anche se sono riuscite a contenere i costi

05/01/2015
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La Stampa

Flavia Amabile

Non può funzionare così. Se si andrà avanti senza cambiare nulla, nel giro di pochi anni frequentare un'università potrà essere un'impresa per pochi. Molti atenei italiani corrono il rischio di sparire o di essere accorpati con altri e comunque prendere una laurea potrebbe diventare un lusso che sempre meno giovani potranno permettersi. E' lo scenario che appare dalla lettura dell'analisi pubblicata su Roars da Beniamino Cappelletti Montano, professore associato di Geometria e Algebra dell'università di Cagliari.  

Il 22 dicembre il MIUR ha pubblicato la distribuzione dei Punti Organico 2014, cioè la possibilità che gli atenei statali hanno di procedere a nuove assunzioni. Si era sperato in un cambiamento, qualcuno potrebbe dire che ci si aspettava che si sarebbe cambiato verso.  

Già nell'autunno del 2013, quando a guidare il Miur c'era Maria Chiara Carrozza e capo del governo era Enrico Letta, avevamo raccontato della frattura e delle distorsioni provocate dal sistema creato dal governo ancora precedente, quello di Mario Monti. 

Poi Renzi prese il posto di Letta e al Miur arrivò Stefania Giannini. Per i punti organico sembrava arrivato il momento di una sterzata. Fin dall'inizio la nuova ministra aveva assunto una posizione nettamente contraria. A luglio di quest'anno aveva annunciato che a settembre sarebbero arrivate le modifiche attese. E invece siamo a gennaio del 2015, nulla si è mosso, e i risultati sono perfino più surreali dello scorso anno.  

A livello regionale la frattura è molto netta: il centro-nord fino all'Umbria guadagna 103 punti organico, quelli che perde l'Italia dall'Abruzzo in giù. Le istituzioni con ordinamento speciale più l'Università per Stranieri e il Foro Italico guadagnano 22 punti organico rispetto alla media nazionale, quelli che perdono in media tutte le Università Statali.   


"In termini assoluti, gli atenei che guadagnano più punti organico rispetto al turn-over medio del 50% prescritto dalla legge sono il Politecnico di Milano (+ 29,4 punti organico) e l’ Università di Milano (+ 19,3). Le università che invece si vedono sottrarre la quantità più alta di risorse per le nuove assunzioni sono dislocate nelle due capitali del Centro-Sud: Roma “La Sapienza” (-26,5) e Napoli “Federico II” (-22,1). E’ interessante notare che le due università che devono cedere la quantità maggiore di punti organico rinvenienti dai pensionamenti del proprio personale sono entrambe università virtuose.", sottolinea Beniamino Cappelletti Montano. Stesso discorso - penalizzazione nonostante la virtuosità - vale per molte altre università: Calabria, Cagliari, Urbino, Pavia, Torino, Parma, Napoli “Orientale”, Tuscia, Firenze, Catania, Roma “Tor Vergata”, Politecnico di Bari, Genova, Perugia, Udine.   

In base ai criteri previsti nella spending review voluta dal governo Monti, infatti, non esistono più i pensionamenti delle singole università ma un unico data base del sistema universitario italiano a cui attingere assegnando punti organico extra agli atenei con più alto valore di Isef, un indice calcolato in base all'indebitamento, alle spese per personale, le tasse universitarie e le cessazioni, a cui corrisponde un'eguale decurtazione di punti organico agli altri atenei (anche se questi ultimi sono anch'essi "atenei virtuosi"). 

"Ad essere avvantaggiate - spiega lo studioso - ancora una volta, sono quelle università col più alto tasso di tassazione studentesca, prevalentemente presenti nel Nord-Italia, visto che, a quanto pare, anche per quest’anno il Miur non ha tenuto conto del limite massimo alle tasse studentesche previsto dalla legge".  

Tutto questo non fa che rendere sempre più evidente "il travaso di risorse da molti atenei del Centro-Sud e da alcuni atenei del Centro-Nord a favore delle “Istituzioni ad ordinamento speciale” (Pisa Normale, Pisa Sant’Anna, SISSA), delle “Università per Stranieri” (Stranieri di Siena e Stranieri di Perugia – (di cui l’attuale Ministro era rettore n.d.r) e dell’Università di Roma “Foro Italico”. Queste ultime, infatti, potranno assumere fino a cinque volte il numero di persone andate in pensione l'anno precedente.  

  

Se non ci saranno modifiche che cosa accadrà nei prossimi anni? " Nei prossimi 5-6 anni - risponde Beniamino Cappelletti Montano - ci sarà da un lato lo "tsunami" dei pensionamenti di moltissimi professori, e quindi è verosimile prevedere che molte università del centro-sud (ma anche alcune del centro-nord, tipo Genova o Udine) dovranno quantomeno chiudere diversi corsi di laurea, e più in generale ridimensionare la varietà e qualità della loro offerta formativa. Forse alcune dovranno fondersi per sopravvivere. Vedo molto molto male soprattutto Napoli "Federico II" e Roma La Sapienza, le università siciliane (davvero in caduta libera), Bari Università, Bari Politecnico, Sassari, Seconda università di Napoli, Teramo e Molise.  Il rischio è che si instauri (se già non si è instaurato) un circolo vizioso: queste università non potranno sostituire i professori che andranno in pensione, cedendo le proprie quote di turn-over ad università del centro-nord, quindi la qualità e quantità della loro didattica e ricerca dovrà diminuire, quindi molti studenti (chi se lo potrà permettere) saranno costretti a spostarsi per studiare, quindi le iscrizioni diminuiranno, quindi diminuiranno i finanziamenti e cosi via... Il rischio insomma è la desertificazione culturale di interi territori. Al contempo si rafforzeranno moltissimo, oltre che alcune università del nord, anche Sant'Anna, Normale, Stranieri di Perugia. Infine, il rischio è di un forte aumento della tassazione studentesca".  

  


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