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Adige-No, la scuola non è impresa

No, la scuola non è impresa di LUCIA COPPOLA Ci risiamo. Il duetto tra la ministra Moratti e il suo presidente Berlusconi si è trasformato, al solito, in un simpatico siparietto ad uso e cons...

26/09/2003
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L'Adige

No, la scuola non è impresa
di LUCIA COPPOLA

Ci risiamo. Il duetto tra la ministra Moratti e il suo presidente Berlusconi si è trasformato, al solito, in un simpatico siparietto ad uso e consumo dei media e di qualche sprovveduto (ma non credo ce ne siano più molti in Italia) che si lascia incantare ancora dalle trite e ritrite tre"I", rispolverate per l'occasione per dire che Impresa, Internet e Inglese continuano ad essere il cardine della riforma della scuola.

Addirittura, per Moratti, d'ora in poi ogni bambino di prima elementare avrà il suo computerino sul banco, insieme ai pennarelli e alla colla stick. Che bello! Naturalmente non appena avrà preso dimestichezza con la scrittura di qualche letterina e dei numeri fino a dieci.
Pillole di saggezza distribuite a piene mani, dunque, per un avvio di anno scolastico che non si apre sotto i migliori auspici. In molte scuole infatti la confusione regna sovrana e il malcontento pure. Perché la nostra scuola andava certo migliorata e rinnovata, ma quanto sta accadendo certo non lo meritava. Per fortuna però, udite udite!, ogni bambino diventerà "imprenditore di se stesso", a detta di Berlusconi. Non bastavano i dirigenti manager e la scuola - impresa! E contro quegli insegnanti che fino ad ora hanno trascurato la grammatica e la geometria, (ma quando mai!), ecco ergersi la ministra, incurante del fatto che in realtà le ore di italiano nella sua riforma diminuiscono, che la geografia nella scuola media si studia un'ora in settimana ed è un miracolo che non sia scomparsa. Che il previsto calo nel monte ore complessivo si farà sentire in tutte le aree disciplinari oltre che nel piano dell'offerta formativa che sacrificherà inevitabilmente tutti quei saperi che non sono strettamente legati all'idea di impresa (le aree artistiche, musicali, psico-motorie, il teatro, l'educazione alla pace e all'interculturalità).
Tutti quei progetti che consentono all'istruzione di diventare anche educazione e ai bambini e ai ragazzi, alle bambine e alle ragazze, di acquisire competenze e saperi che, integrando e sostenendo gli apprendimenti di base, concorrono pienamente alla loro formazione. Di cittadini piuttosto che di imprenditori.
Che dire? Lo sconforto è grande sotto il sole. Il nostro amato Trentino parte diviso, con un numero di scuole (poche) che hanno aderito alla sperimentazione, cioè alla riforma in chiave trentina, con la quale abbiamo dimostrato di essere più realisti del re, più bravi della Moratti. Il che è tutto dire.
L'obbligo scolastico ridotto di un anno ci trasforma nell'unico paese del globo terracqueo con una visione così misera del diritto dei nostri giovani, per i quali si introduce anche a 12 anni e mezzo l'avvio di un sistema duale, separato, tra chi potrà accedere ai livelli più alti dell'istruzione e chi sarà condannato a un lavoro precoce. Si calcola che con la riduzione dell'obbligo, già da quest'anno saranno 50.000 i ragazzi che avranno una ragione in meno per andare a scuola, avvicinandosi pericolosamente alla zona d'ombra dell'esclusione sociale.
La riforma sancita con la legge 30 dal precedente governo di centro- sinistra non era forse la migliore delle riforme ma era una legge della Repubblica inapplicata da un governo della Repubblica. Questo governo dunque ci ha insegnato che esistono anche le leggi "desaparecide" e che la promessa elettorale di far rimanere tutto inalterato si è trasformata in una mannaia che in realtà sta cambiando tutto, che non ha tenuto conto né dei bisogni delle famiglie, né della professionalità insegnante, né tantomeno dei diritti degli utenti.
Ecco perché lo slogan "riprendiamoci la scuola" deve diventare una dichiarazione di intenti tesa a far valere la nostra idea di scuola, ad esplicitare la povertà culturale e progettuale di questa riforma, a costruire le premesse per una innovazione vera, rispettosa delle conquiste, delle idee, dei saperi ma soprattutto dei fatti che la scuola italiana ha sin qui prodotto. E dei quali non possiamo che andare fieri. È una scuola che rispetta i tempi: della vita, di apprendimento, dei sogni, delle narrazioni, delle coccole, della poesia, dell'amicizia, della natura. Che ogni tanto si ferma e respira e sorride. La pedagogia della lumaca, da riscoprire.
Racconta un preside di Bari della conversazione con la madre di una ragazzina di prima media: "Sa, l'altro giorno mia figlia mi ha detto:- Mamma, gli insegnanti ci dicono sempre: forza ragazzi, dobbiamo spicciarci, non possiamo perdere tempo perché dobbiamo andare avanti. Ma, mamma, dove dobbiamo andare?Avanti dove?" Appunto. Questa è la domanda che in troppi ci facciamo.
LUCIA COPPOLA
candidata
di Rifondazione Comunista


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