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Repubblica-PAlermo-Attraverso ogni giorno il disagio dell'Università

Pagina I - Palermo LE IDEE Attraverso ogni giorno il disagio dell'Università GIOVANNI RUFFINO ...

01/02/2005
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la Repubblica

Pagina I - Palermo
LE IDEE
Attraverso ogni giorno il disagio dell'Università
GIOVANNI RUFFINO


ALCUNI recenti fatti mi stimolano a scrivere di Università, che è il luogo dove vivo grande parte del mio tempo.
1. Viene scelto uno squillante titolo ("Lettere regina") per dirci che la Facoltà di Lettere e Filosofia (circa 12.000 studenti) si conferma la più numerosa dell'Ateneo, peraltro in crescita di immatricolati in tutte le Facoltà. Soddisfatte le valutazioni del Rettore Silvestri (e anche di scrive). Ma è davvero giustificata tale soddisfazione?
2. Vengono rieletti con ampio consenso quasi tutti i presidi di Facoltà. Sono ben dodici, e alcuni di loro abbondantemente stressati dagli impeti riformatori di questi anni. Eppure si rinnova loro la fiducia. Indisponibilità ad attuare un ricambio? Bisogno di continuità in un percorso incompiuto di riforme? O cos'altro?
3. Fioccano decreti e circolari ministeriali che affannano giorno dopo giorno studenti, professori, giovani ricercatori più o meno precari, rettori, presidi, direttori di dipartimento, presidenti dei corsi di laurea, tecnici e amministrativi, segreterie degli studenti. Si tratta di interventi necessari o di una sorta di libidine normativa?
4. Un vivace, umano, pensoso colloquio di Tano Gullo con Giacinto Lentini, nostro indimenticabile sociologo (la Repubblica del 12 gennaio), ha per titolo "C'era una volta l'Università", che riassume valutazioni amare sul "caos", sul "disorientamento", sul "degrado" della nuova Università. Ma sino a che punto Lentini ha ragione?
Conviene partire da quest'ultimo punto, perché muovendo da qui il discorso si allarga ai tre altri, e in qualche modo li chiarisce.
Giacinto Lentini, da buon sociologo, deve essersi accorto ben prima del pensionamento che l'Università era cambiata. Dice: "Era come vivere in una grande famiglia. Pochi studenti e ambiente elitario". Ambiente elitario, per l'appunto. Era il tempo in cui ? lo ricordo bene anch'io ? la vita universitaria palermitana si concludeva nello spazio breve dello storico palazzo di via Maqueda. Lentini sa bene che la visione idealizzata dell'Università come sede dell'eccellenza elitaria era stata messa radicalmente in discussione proprio quando un professore come lui era già nel pieno della attività accademica. Le richieste erano di passare da una Università di élite a una Università di massa; di contribuire allo sviluppo economico, assecondando le esigenze del sistema produttivo; di favorire un'educazione professionalizzante.
Il guaio fu che, mentre il sistema universitario diventava di massa, le caratteristiche strutturali e funzionali rimanevano sostanzialmente quelle dell'Università di élite. Con gli interventi dell'ultimo decennio si è voluto intervenire proprio su questa elementare contraddizione. Ma la sensazione è che, dopo un avvio incoraggiante e abbastanza condiviso, tutto si sia appesantito e complicato. Alcune constatazioni: le risorse finanziarie sono proporzionalmente diminuite (ben altri incentivi per le iniziative non statali!). Gli studenti sono aumentati, ma sono cresciuti anche quelli fuori corso (sintomo preoccupante di un semifallimento). Si sono moltiplicati a dismisura i Corsi di laurea, e dentro ai corsi gli esami da sostenere: effetto anche della concorrenzialità tra docenti afferenti ai vari settori disciplinari (sulla base della perversa equivalenza: più crediti didattici, più potere accademico). I continui interventi di modifica ? un turbinio di leggi, decreti, circolari ? fanno dell'Università un cantiere permanente, rumoroso e caotico (ha ben ragione Lentini), lontano da quella tregua normativa da tutti invocata.
Oggi siamo nel pieno di una rinnovata mutazione normativa (? e dunque, che la attuino i vecchi presidi). Un recente, nuovo decreto di fine 2004 ridisegna gli ordinamenti didattici di fresca introduzione, mentre è prossima al varo la contestatissima legge sullo stato giuridico dei docenti universitari. E devo ammettere che tutti e due i provvedimenti contengono, accanto a soluzioni pessime, anche positive novità: i piani degli studi potranno avere, solo se lo si vorrà, una maggiore flessibilità, mentre per la docenza si prevede l'auspicato ritorno ai concorsi nazionali.
In che modo il nostro Ateneo sta dentro a questo fragoroso cantiere? Certamente con affanno (come l'intero sistema), ma avendo raggiunto in questi ultimi anni risultati assai importanti: la stabilità istituzionale dopo la crisi dello Statuto; il risanamento finanziario; l'acquisizione di nuovi spazi e di nuove strutture; nuove aperture al territorio; l'ampliamento e il ringiovanimento del corpo docente. Tutto sommato, una irrobustita credibilità. Non è poco.
Ma il sistema ha credibilità? Al di là delle riforme che pure ci vogliono, il complessivo governo del paese e l'ideologia che lo ispira destano preoccupazione, e talvolta sconcerto e indignazione. Non soltanto le scelte sulla giustizia, sulla sanità, sull'ambiente, sui beni culturali, sulla comunicazione e sui conflitti di interesse, sulle basi stesse dello stato costituzionale, ma anche ? e soprattutto per noi che viviamo con i giovani ? la nuova organizzazione del lavoro, con rapporti sempre più precari, provvisori, alienanti e mortificanti, frutto di sperimentazioni raffinatissime delle nuove forme di assoggettamento.
In questa situazione, è forte il disagio di dovere essere terminali istituzionali per l'attuazione di scelte che non si condividono. Anche per questo è necessario che le Facoltà universitarie siano luoghi privilegiati di discussione e di confronto ? culturale, politico ? sull'intero arco dei problemi, non soltanto su quelli legati all'istruzione, alla formazione e alla ricerca. Luoghi di discussione, di confronto e ? se necessario ? di consapevole resistenza.
Giovanni Ruffino
(l'autore è preside della facoltà di lettere)


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