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Mattino-Padova-Senza criteri né contenuti la riforma della scuola

PAGINA APERTA Senza criteri né contenuti la riforma della scuola voluta dal ministro Moratti Dino Scantamburlo coordinatore provinciale La Margherita Padova Con l'approvazione del...

25/02/2003
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Il Mattino

PAGINA APERTA
Senza criteri né contenuti la riforma della scuola
voluta dal ministro Moratti

Dino Scantamburlo coordinatore provinciale La Margherita Padova

Con l'approvazione della legge delega di riforma della scuola proposta dal ministro Moratti, si conclude un tempo durato parecchi anni, durante i quali il dibattito e lo scontro politico sulla scuola si sono sviluppati essenzialmente sugli ordinamenti intesi quasi come un impianto ingegneristico; trascurando di fatto i contenuti, come se essi fossero una diretta conseguenza dei primi e non il contrario.
Il precedente Parlamento aveva approvata una legge di riforma e di riordino dei cicli scolastici, pronta per entrare in vigore; l'attuale governo l'ha bloccata e sostituita con la nuova legge. Poiché questa legge ha valore di delega, ha bisogno di una complessa serie di provvedimenti del ministro, davvero importanti perché di molti di essi non si conoscono per ora esattamente i contenuti. Vale la pena di premettere che la riforma prevede anche l'accesso alla scuola materna a due anni e mezzo, e alla scuola elementare a cinque anni e mezzo. Ma questo è un aspetto davvero marginale (e non necessario) della riforma, la quale si amplia ad aspetti ben più meritevoli di riflessione.
Il limite fondamentale di questa riforma sta, come ha osservato anche Giovanni Manzini sul quotidiano "Europa", nel non avere dato risposta ad alcune domande che sono pregiudiziali per qualsiasi progetto di riforma del sistema scolastico e formativo e cioè:
1. Quale funzione è da assegnare al sistema scolastico, oggi, in questo tipo di società? Qui, la confusione è notevole: in campagna elettorale si parlava delle tre "i" (inglese, informatica, impresa), ma si parla della riproposizione del latino; si difendono strenuamente le discipline tradizionali, ma si giustifica l'introduzione di decine di nuove "educazioni" e il tutto avviene in termini più quantitativi che qualitativi.
Piuttosto aggrovigliata è la risposta data al rapporto tra scuola e formazione professionale: il ministro pretende che i ragazzi a 13 anni scelgano di imparare un mestiere, e quella separazione tra scuola e formazione che si vuole mantenere non è riuscita finora a rispondere né a quel terzo di ragazzi deboli che regolarmente abbandonano il sistema senza diploma e senza qualifica professionale, né agli altri due terzi più forti, che oggi denunciano un preoccupante gap di competenze rispetto ai loro colleghi europei.
Il ministro parla di due canali di eguale dignità per gli studi superiori: buon auspicio! In realtà, il sistema proposto tende a selezionare i ragazzi e a dividerli prima possibile, tra coloro che a tredici anni decidono di scegliere uno degli otto licei e coloro che scelgono la formazione professionale.
La legge prevede per gli studenti la successiva possibilità di passare dall'istruzione alla formazione e viceversa: ma, realisticamente, chiunque operi nella scuola può dire che, se qualcuno passerà da un liceo alla formazione professionale, ben più raramente avverrà il contrario! Pertanto, chi ha scelto la formazione professionale - ed è invitato a farlo a 13 anni - difficilmente poi sarà nelle condizioni di cambiare.
Ma si sa che i 13 anni sono un'età nella quale il ragazzo incontra gravi difficoltà a effettuare una scelta di studio e di conseguente professione definitivi. Forse, però, è proprio questa la filosofia del provvedimento, che tuttavia non viene detta: occorre stabilire per i ragazzi che la società avrà bisogno, per una fetta di loro, di conoscenze e di competenze da destinare ai ruoli professionali e sociali "alti" e per tutti gli altri, di abilità e competenze da destinare a funzioni, professioni e mestieri medio-bassi. Ma, anche se ciò venisse così programmato - e la cosa appare molto delicata - potrebbe essere deciso a quell'età dei ragazzi, sapendo che l'evoluzione, la maturazione, la riuscita scaturiscono spesso più tardi e indipendentemente dalle condizioni familiari o economico-sociali che possono avere inizialmente frenato o impedito la loro crescita?
Un aspetto molto grave è quello di avere abrogato la legge che stabiliva la elevazione dell'obbligo scolastico a 15 anni, per arrivare poi a 16 anni, approvata dai governi di centrosinistra. Gli industriali padovani che hanno delocalizzato le industrie in Bulgaria ci avvertono che, là, il livello di istruzione della popolazione è medio-alto, più elevato che in Romania. Noi, invece, che eravamo arretrati rispetto alla media europea, lo riduciamo! Si tratta di una controriforma che costringe l'Italia ad essere l'unico Paese che diminuisce l'obbligo scolastico, per prevedere soltanto quello formativo. Saranno ridotte le materie e le ore di insegnamento per i vari tipi di scuole superiori e ciò è condivisibile. Lo è molto meno, allorché si prevede che ulteriori corsi di altre discipline potranno essere frequentate dagli studenti, ma su loro richiesta e perciò a pagamento.
Positivi risultano invece, l'inserimento delle lingue straniere e dell'uso del computer fin dalle elementari e un legame più stretto tra scuola elementare e media, come del resto erano previsti dalla riforma del ministro Berlinguer. Inoltre, si possono nutrire fondati dubbi sul fatto che sia meglio decidere la eventuale bocciatura di uno studente soltanto al termine di un biennio, come stabilisce la riforma.
Mancano, almeno per ora, i nuovi contenuti dei vari corsi di studio. Ciò significa che li deciderà il ministro, senza passare né per il voto, né per il parere del Parlamento!
2. Quale ruolo si riconosce ai soggetti che operano nel settore, a cominciare dai docenti? Qui occorre stabilire se la scuola è una comunità educante o se diviene un'entità che richiama alcuni caratteri somiglianti a un'attività produttiva e commerciale. Sulla base della risposta che deve essere data a questa domanda, si stabilisce poi il ruolo da riservare a docenti, studenti, genitori e alla comunità locale. Però, manca anche questa fondamentale risposta. Senza una forte motivazione offerta ai docenti, mediante impegni ben definiti e incentivi adeguati, nessuna riforma raggiunge i suoi obiettivi.
3. Quante risorse finanziarie si è disposti a investire per la scuola? Dopo le assicurazioni date dalla Moratti sui diciannovemila miliardi di vecchie lire, alla fine le disponibilità si sono ridotte e si è tagliato un migliaio di miliardi nel funzionamento e nella qualità. Ogni riforma, per essere applicata, ha bisogno di adeguate risorse finanziarie. Occorrono perciò dei provvedimenti essenziali per il finanziamento dei decreti attuativi della legge.
4. Quale livello di autonomia viene riconosciuto alle singole scuole? L'autonomia era stata introdotta dal precedente governo e su questa nuova caratterizzazione è stato molto investito; il governo attuale non lascia capire come intenda comportarsi riguardo alla difesa e al potenziamento della autonomia dei singoli istituti, la quale oggi appare fortemente minacciata da questa legge e dai tagli nelle risorse stabiliti dalle due ultime leggi finanziarie.


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