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Manifesto-E a Padova esplode la rivolta dei Settecento

E a Padova esplode la rivolta dei Settecento Gian Piero Brunetta, preside del corso di laurea Dams: "E' colpa nostra. Siamo stati in silenzio troppo a lungo" BARBARA CODOGNO Anche a Padova infiamm...

08/10/2004
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il manifesto

E a Padova esplode la rivolta dei Settecento
Gian Piero Brunetta, preside del corso di laurea Dams: "E' colpa nostra. Siamo stati in silenzio troppo a lungo"
BARBARA CODOGNO
Anche a Padova infiamma la protesta. Sono infatti 700 i ricercatori, suddivisi nei 13 atenei patavini, che grazie al ddl Moratti, vanno incontro a morte accademica certa. Inoltre, a fronte di una messa ad esaurimento del ruolo, i ricercatori sono gravati da obblighi didattici che non prevedono alcun miglioramento giuridico di status. Così che, insieme ai docenti, sono riusciti a far slittare già di una settimana l'apertura dell'anno accademico. A Lettere, 50 ricercatori su 70 hanno aderito alla protesta; 27 su 29 a Scienze politiche. Presso la facoltà di Scienze, sono 150 ad aver rinunciato all'incarico mentre a Psicologia sono stati bloccati 130 corsi. A Medicina, il 100% dei ricercatori è in stato di agitazione col risultato che l'80% dei corsi sono stati bloccati. Fanno eccezione solo Giurisprudenza, Agraria, Economia e Veterinaria: lì tutto procede come se nulla fosse. Agli studenti che andranno a lezione, ricercatori e docenti spiegheranno - comunque - le ragioni della protesta: un metodo efficace per avvicinarsi a loro, sensibilizzarli e porre le basi per un percorso condiviso. Una protesta verticale che ora vuole l'appoggio non solo degli studenti ma dell'intera cittadinanza convocata - per l'11 ottobre alle ore 20.30 in consiglio comunale - per sottoscrivere un documento di solidarietà.

Anche lo storico e critico del cinema, Gian Piero Brunetta - preside del corso di laurea Dams dell'università di Padova - ritiene un dovere intervenire a sostegno dei ricercatori: E a proposito della protesta dei ricercatori, Brunetta risponde: "L'università deve avere il coraggio di investire in posti nuovi : un ricercatore oggi è come una goccia nel deserto e di fatto non sostituisce il prodotto culturale che manca. La classe docente esistente ha un'età avanzata e non ci sono risorse per investire e reclutare i giovani, né per pensare ad un reclutamento che impedisca la fuga dei cervelli. È necessario il ripristino dei concorsi nazionali perché quelli locali hanno creato una deregulation in grado di `sistemare solo i casi umani locali'". Altro aspetto lesivo del volto scientifico universitario è rappresentato - secondo Brunetta - dagli sponsor che contribuiscono all'assegnazione di cariche di ruolo senza alcuna verifica.

Insomma, questo decreto legge va ripensato e a farlo - per prima - deve essere Letizia Moratti. Anche se - precisa Brunetta - in fondo è colpa della classe docente se fino ad ora, grazie alla politica del silenzio assenso, si sono prodotti solo peggioramenti. La situazione è grave. Per rincorrere il modello americano si è accelerato il processo di cambiamento dell'università e si è finito per fare errori irreparabili. Mi riferisco al 3 + 2. Assistiamo ad un graduale slittamento di insegnamenti e responsabilità: quello che una volta veniva garantito dalla scuola superiore ora grava sull'università che perde così la propria identità e si trova a fare i conti con una ridotta capacità di approfondimento e di metodo. Ciò che si chiede oggi agli studenti è una velocità di adattamento alle materie e quindi solo un contatto di superficie con le stesse. È poi impensabile affrontare nuove materie senza risorse tecnologiche e umane. Come possono esserci dei cambiamenti se non ci sono soldi?".

Possibili rilanci sul piano della protesta? "Costretti dalle circostanze - conclude Brunetta - siamo stati troppo tempo in silenzio. La situazione si è ormai così aggravata che è difficile risolverla restando al piano del dialogo. Ritengo che, allo stato attuale, siano inevitabili forme più forti di protesta come le dimissioni dei presidenti dei corsi di laurea".

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