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La Sicilia-Il dibattito sulla riforma

Il dibattito sulla riforma Il dibattito sulla riforma uno strano melodramma "Se la riforma della scuola sarà approvata così com'è, faremo ricorso alla Consulta", intona il segretario genera...

06/02/2003
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La Sicilia

Il dibattito sulla riforma

Il dibattito sulla riforma
uno strano melodramma
"Se la riforma della scuola sarà approvata così com'è, faremo ricorso alla Consulta", intona il segretario generale della Cgil, Epifani. Con voce tenorile risponde il segretario nazionale della Cgil-scuola, Panini: "Passeranno anni, ma cambieremo questa riforma che è nociva per la Nazione". Il ministro del Miur, Moratti, invece, sull'attacco di materni violini, canta la nota aria del "Vediamo i punti che uniscono. Facciamola bipartisan". A conclusione del trio però il coro della Cdl, facendo vibrare la scena della politica sugli acuti delle trombe e dei corni, irrompe con un robusto: "Andremo a avanti a colpi di maggioranza. Anzi, trasformeremo gli emendamenti in ordini del giorno per evitare imboscate". Il pubblico non sa se applaudire o fischiare, se andarsene o restare per assistere alla fine di questo strano melodramma. Se passa questa riforma firmata Bertagna-Moratti, e se poi Epifani e Panini andranno al governo, essa sarà cambiata, così come è stato per quella a firma Berlinguer-De Mauro.
Questo saltellare sulle cose serie, in vero, ci fa riflettere e ci induce al pessimismo: come è possibile non riuscire a intendersi su una riforma così delicata e importante? E che senso ha ribaltare le leggi, a ogni nuovo ingresso di maggioranza al governo? E soprattutto: a chi non interessa una scuola moderna, con programmi moderni, democratica e libera? Arguiamo che manca un obiettivo comune, se la scena parlamentare è così astiosa e rissosa. Ma arguiamo anche che da qualche parte dell'ala parlamentare si voglia far passare questa riforma a beneficio di alcune frange, e non di tutta la società, che dunque un equilibrio (quello la che vecchia e rimpianta prima repubblica a guida Dc forse assicurava) si è inopinatamente spezzato.
Il bene comune è bene di una sola parte, la legge di tutti è legge di una sola parte: e in questo limbo l'insegnante, "prigioniero" della scuola fino a 60 anni, cosa fa? Non si sa. Nel frattempo deve adeguarsi con rassegnazione e spirito di servizio. D'altra parte egli appare sempre più come una pedina: manovrabile e ricattabile perché il suo lavoro dipende dalla clientela a cui si vuole anche dare l'opportunità di giudicare il suo lavoro. Con quali parametri? Non si sa. Intanto la contrattazione sugli aumenti si arena su secche contabili astruse. Però lo spettacolo della istruzione deve continuare e anche con le fitte al fianco della scarsa considerazione per questo lavoro: difficile ma esaltante, permaloso ma sereno. Per questo ci piace domandare: si ricorderanno Moratti ed Epifani dei loro insegnanti di liceo?
Pasquale Almirante


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