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Alto Adige-Nuova scuola al ribasso

IL COMMENTO NUOVA SCUOLA AL RIBASSO di Daniele Checchi Il progetto di Riforma della scuola italiana attualmente in discussione in Parlamento contiene una misura destinata ad avere profonde rip...

22/02/2003
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IL COMMENTO
NUOVA SCUOLA
AL RIBASSO

di Daniele Checchi

Il progetto di Riforma della scuola italiana attualmente in discussione in Parlamento contiene una misura destinata ad avere profonde ripercussioni sulla società italiana. Si tratta dell'anticipo all'età di tredici anni della scelta del percorso di scuola secondaria, scelta da esercitare tra un indirizzo di tipo "accademico" (corrispondente in sostanza agli attuali licei), un indirizzo di tipo "tecnico" (gli attuali istituti tecnici e una versione aggiornata degli istituti professionali) e un nuovo indirizzo, definito "alternanza scuola-lavoro", che appare ispirato al sistema duale tedesco. La forte differenziazione dei percorsi scolastici rende infatti poco credibili le affermazioni di una possibile reversibilità delle scelte in corso di frequenza.
Ci sembra legittima la domanda sull'efficacia di questa architettura. Nell'affrontare il problema più grosso che affligge la scuola italiana: la sua bassa produttività complessiva, in termini sia di quantità che di qualità.
Anche se il flusso di risorse impegnate per studente è consistente, la scuola italiana produce pochi diplomati. Se ne potrebbe dedurre che questo sia frutto di un'elevata selettività, cioè che i pochi diplomati italiani sono migliori di quelli d'oltralpe. Ma la realtà dei confronti internazionali è un'altra. L'ultima indagine condotta in ambito Ocse nel 2000, seppure passata quasi inosservata, riporta dati molto preoccupanti. Posto pari a 500 la media dell'intero campione Ocse di quindicenni, la capacità di comprensione dei testi (reading comprehension) degli italiani era pari a 487, la capacità di comprensione matematica (mathematical literacy) era pari a 457 e l'alfabetizzazione scientifica (scientific literacy) era pari a 487. L'Italia occupa le posizioni più basse della graduatorie, seguita soltanto da Portogallo e Grecia.
Qualunque sia l'ipotesi che si voglia formulare sulle cause della situazione, è indubbio che la scuola secondaria italiana richieda interventi di riforma che incidano sulle cause dei fenomeni esposti.
Ciò che differenzia il sistema scolastico italiano da quello di altri paesi è piuttosto la più elevata dipendenza della carriera scolastica dal background familiare, e in particolare dal grado di istruzione dei genitori. Quasi metà dei figli di genitori analfabeti consegue un giudizio di sufficienza all'uscita della scuola media; all'estremo opposto il 40% dei figli di coppie dove almeno un genitore è laureato ottiene un risultato ottimo.
La scuola italiana è quindi imprigionata in una logica ferrea. I figli di laureati vanno meglio a scuola, vengono indirizzati nei curricula di tipo accademico e conseguono la laurea. Al contrario, chi proviene da una famiglia con bassa scolarizzazione va male a scuola, viene scoraggiato dal completare gli studi e spesso abbandona del tutto.
La riforma proposta dal ministro Letizia Moratti rafforza queste rigidità. I diplomati che usciranno dalla scuola secondaria riformata saranno ancora meno degli attuali, così come minori saranno le iscrizioni all'università. La cosiddetta alternanza scuola-lavoro bloccherà definitivamente anche quei timidi tentativi di prosecuzione universitaria che si osservavano tra i diplomati delle scuole professionali. La scuola, che nella società occidentale è un potente strumento di mobilità, riduce ulteriormente la sua capacità di incidere sui meccanismi di progressione sociale. Le generazioni future ne pagheranno lo scotto.


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