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Repubblica: Il voto di religione

Alla democrazia ci pensa il Cavaliere, alla religione ci pensa la ministra Gelmini. Una divisione dei compiti in un lavoro comune: marciare divisi e colpire uniti. La questione è la stessa

15/10/2009
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la Repubblica

ADRIANO PROSPERI

Alla democrazia ci pensa il Cavaliere, alla religione ci pensa la ministra Gelmini. Una divisione dei compiti in un lavoro comune: marciare divisi e colpire uniti. La questione è la stessa. Non ci può essere un sistema di garanzia democratica dei diritti individuali dove non c´è libertà di religione. Norberto Bobbio ricordava spesso la passione con cui Francesco Ruffini, lo studioso dei diritti di libertà, tornava sul punto ricordando che storicamente e idealmente la libertà di religione è stata la madre di tutte le libertà. Ma qualcuno penserà che sia eccessivo allarmarsi per le intenzioni ribadite a ogni passo dalla ministra e stavolta aggravate dall´intenzione, dichiarata ieri all´VIII Giornata europea dei genitori e della scuola, di far presto concorrere alla pari con gli altri voti anche il voto sull´insegnamento della religione.
Si dirà che la libertà religiosa non è in pericolo nel nostro paese: la Costituzione ha accolto e ribadito questo diritto, in Italia accanto ai cattolici abbiamo anche noi i nostri protestanti, insediati storicamente nelle valli alpine dove resistettero nei secoli lontani agli eserciti sabaudi guidati da inquisitori e predicatori gesuiti. E ci sono tante minoranze religiose non cattoliche e non cristiane. Ma l´attacco alla libertà di religione che sta minando passo dopo passo quelle affermazioni teoriche e quelle eredità storiche conquistate dalle minoranze è aperto e grave, svuota di contenuto il dettato costituzionale e impone in materia uno stato di fatto che viola il diritto scritto e poggia solo sulla prepotenza di un potere politico in cerca di favori vaticani. Avviene insediando nella scuola pubblica, vera cittadella della democrazia, una religione dominante insegnata al di fuori del controllo pubblico da insegnanti a cui è richiesto solo il permesso del vescovo. Religione dominante ed esclusiva di fatto: sia perché manca la possibilità concreta di scegliere altri insegnamenti di altre confessioni cristiane o di altre religioni sia perché l´insegnante di cattolicesimo concorre alla formazione del giudizio conclusivo sul rendimento scolastico e – come la ministra adesso si impegna a garantire – disporrà di un vero voto di profitto, con lo stesso peso dell´insegnante di matematica o di inglese.
Si tratta di un attacco portato nel cuore di quella scuola pubblica alla quale hanno accesso tutti i cittadini italiani con tutte le differenze culturali e ideali che si portano dietro. A loro, quale che sia la loro base di partenza personale e familiare, quale che sia la loro volontà di aprirsi nella scuola e grazie alla scuola alla conoscenza del mondo, inclusi i grandi testi fondanti delle religioni dell´umanità dalla Bibbia al Corano, da Confucio a Budda, sarà impartita la visione cattolica del mondo da insegnanti direttamente formati e controllati dalla gerarchia cattolica. Insegnanti, si badi bene, che se perdono il permesso vescovile, passano nel ruolo di docenti di filosofia. Filosofia a braccetto con la religione, dunque, non più col marxismo come denunciava anni fa una preoccupatissima Comunione e Liberazione. Certo, tra gli studenti ci saranno quelli che si asterranno dalle lezioni. Alcuni, una minoranza, rinunceranno eroicamente al voto aggiuntivo dell´insegnante, che alzerà la media dei loro compagni. Ma, anche se l´opportunismo delle famiglie e la corruttibilità di giovani ancora incerti di se stessi non finiranno per avere la meglio, costoro resteranno confinati nel vuoto di una negazione, saranno i "non avvalenti", refrattari all´usignolo della Chiesa cattolica, ma incuriositi e attirati da quei grandi discorsi sul mistero di Dio che è in realtà il mistero che ogni uomo è per se stesso: e la loro refrattarietà sarà sterile, genererà un´inquietudine che potrà un giorno dare luogo a quella "conversione" che la sapienza secolare della Chiesa si aspetta e dalla quale ha raccolto storicamente grandi frutti, fin dai tempi di Sant´Agostino di Ippona. Ma lasciamo che la Chiesa faccia i suoi calcoli e nutra le sue attese. Non è a lei, storicamente avversa alla democrazia e ai diritti di libertà, in lotta perenne col grande nemico, quell´Illuminismo definito "turpe" e "torvo" da autorevoli ecclesiastici, che si rivolge il pensiero del cittadino italiano ma allo stato: lo stato che svende i diritti sacrosanti dei cittadini, primo fra tutti quello alla libertà di coscienza e di religione, sul mercato dei consensi del clero. È vero che questo diritto è stato riconosciuto solennemente dai padri conciliari cattolici del Concilio Vaticano II. Ma quando i concili si chiudono la parola torna alla Curia romana. E qui si ha l´impressione che l´aria che tira nei conflitti religiosi del mondo abbia riportato in auge un clima che sembrava tramontato. Viene in mente quello che disse papa Pio XI a Mussolini nell´incontro dell´11 febbraio 1933, che sancì le intese sull´educazione cattolica degli italiani: il totalitarismo fascista poteva andare d´accordo col "totalitarismo cattolico"; al primo il governo dei corpi, al secondo le anime. L´importante era affermare i principi di ordine, autorità, disciplina, contro il pericolo di una ragione individuale libera di decidere. Eppure c´è stata tanta storia dopo di allora. C´è stata anche la crescita di un mondo cattolico italiano che si è mostrato spesso all´altezza degli appuntamenti culturali e politici del mondo moderno e ha contribuito fin dai tempi dell´assemblea costituente a garantire il rispetto dei diritti di tutti – l´unico modo per tutelare i deboli, le minoranze culturali e religiose e l´indifesa e ancor molle coscienza di bambini e di giovani. È dunque a chi, credente cattolico o diversamente credente, agnostico o ateo, crede però nel diritto di ognuno a elaborare in libertà le sue scelte nel contesto di un´offerta informativa e formativa libera e non coartata, che si rivolge l´appello a non tollerare questa nuova prepotenza, a non lasciar passare questo modo furbesco e prepotente di offrire privilegi a una sola religione e chiesa da parte di una classe di governo autoselezionata, in cambio dell´avallo di una politica che continua a scoraggiare e impoverire le famiglie, a colpire i dannati della terra, a strumentalizzare l´immagine e il corpo femminile, a esaltare miti e a proporre etiche diametralmente opposte a ogni autentica riflessione morale, religiosa o meno.

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