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Messaggero: Cercasi tecnici: 80mila posti di lavoro vuoti

Confindustria: mancano diplomati e laureati. La probabilità di trovare impiego aumenta ogni anno di studio in più

17/11/2009
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Il Messaggero

ROMA - Diplomi, lauree e master non bisogna considerarli «pezzi di carta». Il loro rendimento è migliore di quello di titoli e azioni. L’istruzione è un investimento e dai calcoli fatti risulta che studiare rende di più, in termini di ritorno economico, di quanto si ricavi da bot o altro. Il tasso di occupazione della popolazione tra 15 e 64 anni è più alto tra i laureati e gli stipendi sono migliori. Via via che si scende nella scala dell’istruzione parallelamente scende la percentuale di chi trova lavoro: la probabilità di «partecipare al mercato del lavoro aumenta di 2,4 punti percentuali per ogni anno di studi». A titoli di studio superiori corrispondono tassi di occupazione più elevati. Learn more, work more è lo slogan dei Paesi anglosassoni. Slogan che ora è diffuso anche da noi. Ma quali studi scegliere? In ottanta città da oggi è in corso l’iniziativa ”Orientagiovani”, appuntamento ormai fisso che fa incontrare il mondo della scuola con quello dell’industria. Un’alleanza che funziona.
Partiamo da un dato significativo: gli studenti «bravi» non vanno solo al liceo. Un diplomato tecnico su due, infatti, si iscrive all’università, inoltre risulta che 22 ogni 100 assunti dalle aziende siano stati formati dagli istituti tecnici: nel 1.992 erano solo a quota 12. Gli studenti, dunque, hanno riscoperto gli istituti tecnici e aumenta il numero degli iscritti soprattutto nelle zone industriali. Ha contribuito a questo una ragione ben precisa: nel settore tecnico ci sono 80 mila posti di lavoro disponibili, però mancano i diplomati, gli specializzati, le figure chieste dal mercato del lavoro. Insomma, se ne discute da anni, ma ormai è chiaro: «Per facilitare l’occupazione il ruolo dei tecnici è centrale e strategico», lo dice il ministero dell’Istruzione e lo dicono le imprese, che poi utilizzano i giovani diplomati. Così, per rilanciare questo settore dell’istruzione, cinque mesi fa il Consiglio dei ministri ha varato un regolamento volto a ridefinire il vasto mondo dell’istruzione tecnica e professionale a 78 anni dall’ultimo «riordino». Ed è stato stabilito che i tecnici del futuro saranno suddivisi in due settori: economico e tecnologico.
«Da tempo si parla di emergenza tecnico-scientifica - scrive la Confindustria nel rapporto che ha presentato in occasione di Orientagiovani - Un Paese come il nostro ha bisogno di tecnici per produrre, considerata la vocazione manifatturiera dell’Italia. Eppure la carenza di diplomati e laureati nei percorsi tecnico-scientifici costituisce ancora un problema, anche se segnali confortanti provengono dalle iscrizioni relative all’anno scolastico 2008-2009, con una inversione di tendenza per la prima volta dopo 17 anni». Le famiglie hanno capito ”tutti al liceo” poteva essere un errore e che la corsa indiscriminata poteva nascondere dei problemi. Ottantamila posti, però mancano i tecnici. Un gap che dovrà essere colmato: nel 2009 le imprese prevedono di assumere 221,830 diplomati del settore tecnico-professionale, ma a questa domanda si contrappone un’offerta complessiva di neo-diplomati di 171,104. Questo si è determinato per il calo di iscrizioni ai tecnici a partire dagli Anni Novanta. Si è così scoperto che nel corso dell’ultimo decennio la composizione dei diplomati è cambiata: l’incidenza dei diplomati con titolo tecnico è diminuita del 5%, a vantaggio dei licei scientifici (4%) e dei classici (1%). I diplomati tecnici, tuttavia, se si affacciano nel mondo del lavoro, grazie alla specializzazione, possono cominciare a a produrre senza ulteriore formazione.
A. Ser.


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