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Unità: «Per un 7 in condotta ho tentato il suicidio...»

Don Mazzi alla Festa di Firenze a tutto spiano su Papa, Berlusconi e varie «...Che racconto ai ragazzi se i bulli più grossi li abbiamo al governo?»

01/09/2008
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l'Unità

di Simone Colliniinviato a Firenze

«SONO STATO BOCCIATO per un 7 in condotta. In terza media. Avevo 14 anni, ero povero. Per me è stata una tragedia dover ripetere l’anno. Dopo la bocciatura

sono stato molto male. Ho anche tentato il suicidio». Don Mazzi parla dietro il palco della sala "La Pira", alla Festa democratica. Il dibattito con Livia Turco sul tema della solidarietà è appena finito ed è stato tra quelli che più hanno scaldato gli animi, alla Fortezza da Basso. D'altro canto, non capita tutti i giorni di sentire un prete accusare il Papa perché «non si deve accontentare di parlare di questa questione ma deve tirare le orecchie a qualcuno», o affermare che «non è detto che tutte le azioni della Caritas siano così trasparenti» o, ancora, denunciare: «Quante canoniche vuote ci sono che potrebbero ospitare chi ha bisogno? Essere cattolico non vuol dire solo avere le mani giunte, è anche altro». Livia Turco benedice: «Parole sante». E la platea dimostra di essere d'accordo con sonori applausi. Con l'effetto sorpresa a fare da amplificatore.

Così come fa un certo effetto ascoltare un sacerdote non solo mischiare santi e fanti, quando dice «ho grossi preconcetti sul Cavaliere, anche se facesse miracoli non ci crederei», ma attaccare a testa bassa il governo come nessuno finora, qui alla Festa di Firenze, ha fatto. Sul tema della sicurezza: «Ci manca che ora sparano contro i gommoni che arrivano», dice mentre Livia Turco ammette che anche il Pd «non è riuscito a contrastare questo soffiare sul fuoco della paura perché ormai è popolare e anche noi abbiamo fatto a gara su questo». Ma il discorso è più generale. «Ho scritto un libro sui bulli - dice don Mazzi - ma cosa vado a raccontare ai ragazzi quando i tre bulli più grossi li abbiamo al governo?» Di nuovo applausi, e ancora quando sospira: «Ci fanno ingoiare merda come fosse rosolio. Lo so che è domenica pomeriggio, devo moderarmi, ma...».

Tutte parole che non ti aspetteresti da un reverendo. Però ancora meno ti aspetti una confessione di tentato suicidio come quella che fa dietro il palco, dopo aver finito l'incontro e aver stretto la mano ai tanti che gli si fanno incontro. «Del 7 in condotta ne vogliamo parlare?», aveva esclamato pochi minuti prima durante il dibattito pubblico. Però la foga che ci aveva messo, quell'allarme che aveva lanciato sui «rischi di prendere scorciatoie pericolose che possono dar frutti ma non sai quali conseguenze portano» spinge alla curiosità. E allora ecco che don Mazzi racconta a chi lo avvicina poco dopo: «L'obbligo del grembiule fa ridere, perché non è così che si risolve l'esibizionismo di qualche ragazzina con l'ombelico scoperto e perché già stanno facendo i grembiuli griffati. Però questa cosa del 7 in condotta è più grave». Lo dice perché l'esperienza l'ha vissuta sulla propria pelle: «Io ero un discolo. Un giorno stavo giocando con un elastico. Volevo colpire il culo del compagno che sedeva al banco davanti ma mi è partito e ho preso il professore di lettere sugli occhiali. Era l'unico che mi difendeva. Lì è finita». Oggi lo racconta sorridendo. Ed è il primo a rendersi conto che oggi la scuola non è più quella di quando lui era ragazzo, quando «ci davano le bacchettate sulle mani e ci facevano rimanere in ginocchio per punizione». Però ci sono cose che non cambiano. Come la vitalità degli adolescenti che mal si concilia col restare cinque ore seduti a un banco. Oltre a qualcos'altro. Ecco che si fa serio: «Io ero povero, dover ripetere l'anno fu un dramma. Dopo la bocciatura tentai il suicidio». Poi compare il sorriso: «Per fortuna è andata bene. Sono qua».


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