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Vita-In classe a 5 anni Grandi per forza?

In classe a 5 anni Grandi per forza? di Cristina Corbetta (redazione@vita.it) Scuola. Radiografia alla riforma. Con l'approvazione del pacchetto Moratti si potrà anticipare l'ingresso dei bam...

19/02/2002
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In classe a 5 anni Grandi per forza?

di Cristina Corbetta (redazione@vita.it)

Scuola. Radiografia alla riforma. Con l'approvazione del pacchetto Moratti si potrà anticipare l'ingresso dei bambini alle elementari.
A5 anni e mezzo andranno già a scuola: per tutti i bambini italiani, dal settembre 2002 scatta la possibilità di andare a scuola (e all'asilo) un anno prima: per l'anno scolastico 2002-2003 possono iscriversi in prima i bambini che compiono i sei anni entro il 28 febbraio, dall'anno successivo il termine slitterà al 30 aprile. 'Possono', ma non 'devono'; perchè l'iscrizione anticipata è facoltativa, dunque la famiglia può scegliere.
L'anticipo scolastico è solo una delle novità della riforma della scuola approvata dal Consiglio dei Ministri; ed è una vittoria personale del ministro dell'istruzione Letizia Moratti che ha così salvaguardato, nonostante i mugugni all'interno della maggioranza, uno dei capisaldi della sua riforma. E adesso, che cosa succede? La prima conseguenza dell'ok del Consiglio dei ministri è che dal prossimo anno scolastico le scuole dovranno attrezzarsi per accogliere bambini più piccoli, e che le famiglie dei bambini nati tra il 1° gennaio e il 28 febbraio dovranno scegliere se avvalersi del diritto a loro riconosciuto.

Le risorse ci sono
Ma poi ci sono le conseguenze a medio e lungo termine: come si organizzeranno le scuole che vedranno aumentare il numero di bambini iscritti in prima? Con quali spazi, quali risorse, quali figure professionali? Che fine faranno le migliaia di 'primine', cioè quelle classi (soprattutto in scuole private) formate da bambini che si erano iscritti un anno prima?
"Sono domande legittime", spiega Mario Mauro, vicepresidente della commissione cultura al Parlamento europeo e responsabile scuola di Forza Italia, "che chiamano in causa la capacità e la competenza del personale scolastico. Dal punto di vista del legislatore posso dire che non a caso il primo anno delle elementari è dedicato all'acquisizione di una strumentalità di base. Teniamo presente che la differenza di età tra i bambini di prima si assorbirà con il secondo anno delle iscrizioni anticipate, e che comunque l'ingresso anticipato a scuola va incontro all'esigenza delle famiglie di ampliare la possibilità dell'accesso scolastico per i figli".
Anche la scomparsa delle 'primine', secondo Mauro, rientra nell'ampliamento delle possibilità di scelta da parte della famiglia, che può decidere se anticipare o meno l'ingresso a scuola, sia che si tratti di scuole statali che di non statali. E le risorse? Ci sono. Per circa 90mila bambini in più, il governo ha previsto lo stanziamento di 12 milioni di Euro per il 2002, 45 per il 2003 e 66 per il 2004.
Ma che ne dice la psicologa? "Se anticipiamo l'ingresso dei bambini alle elementari, la didattica va cambiata, adeguandola alla nuova tipologia di alunni. Ci troveremo infatti davanti a bambini più piccoli, che hanno bisogno di più attenzioni": Anna Oliverio Ferraris, docente di psicologia dell'età evolutiva presso l'università La Sapienza di Roma, non è contraria alla scuola per i bambini di cinque anni. Ma a una condizione: "Che non si abbia fretta di farne degli 'scolari': che si tenga presente di aver di fronte dei bambini piccoli che hanno bisogno di muoversi e giocare. Servono dunque insegnanti preparati ad accoglierli; credo sia una buona idea quella di avviare dei corsi specifici per gli insegnanti, specie per quelli delle prime".

Perplessi i sindacati
La scuola a cinque anni vede però l'opposizione dei sindacati e la perplessità di diverse associazioni di genitori. La Cisl scuola ha lanciato l'iniziativa di un 'manifesto per il diritto all'infanzia', con cui si invita a mandare un'email di protesta al ministero e si lancia l'allarme sul 'rischio di abbassare la qualità dei percorsi educativi e di sollecitare forzature sui tempi e sugli apprendimenti formali'.
Ancor più dura la Cgil: secondo Enrico Panini siamo in presenza di una decisione presa non su basi pedagogiche ma per esclusione: "Siamo di fronte all'espressione di una cultura dell'adultismo, pochissimo attenta ai bambini, che si basa sul 'prima si comincia, più si impara'. Il fatto poi che si sia ricorsi alla legge delega la dice lunga anche sul fatto che ci siano tensioni a livello di maggioranza di governo".
Perplessità anche sul fronte genitori: "Scuola materna e elementare sono quelle che funzionano", dice Giuseppe Richiedei dell'Age, "dunque perchè toccarle? E poi che cosa significa la facoltatività della scelta? Qual è il genitore che decide che il figlio 'non è pronto', mentre il vicino di casa guadagna un anno scolastico?".