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Università, piano del governo Fedeli: “Più soldi agli atenei per evitare il numero chiuso”

La ministra: “Non ci si può lamentare dei pochi laureati e poi limitare l’accesso” Pronte le risorse per gli scatti ai docenti. “E sulla ricerca ci saranno fondi record”

03/09/2017
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la Repubblica

Corrado Zunino

Approdata per la prima volta a Cernobbio, la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli trova il dossier Università a ingombrarle l’esordio e — stretta tra una sentenza del Tar che nega il numero chiuso nei corsi umanistici della Statale di Milano e una Legge di bilancio che sta cercando finanziamenti seri per gli atenei italiani — dice: «A ogni convegno diciamo che in Italia ci sono pochi laureati, che siamo il penultimo Paese in Europa, poi vediamo il numero chiuso allargarsi». Evidente è la contraddizione. «Il punto è che sull’università c’è bisogno di investimenti maggiori, investimenti pubblici. Dobbiamo ragionare con serietà sulle cause per cui abbiamo pochi laureati, ma nuovi investimenti sicuramente servono a farli crescere ». E a superare la logica del numero chiuso. Su questo aspetto, però, la ministra preferisce — come prevede l’autonomia degli atenei — che siano le singole università a intervenire.

L’ufficio legale del Miur sta esaminando la sentenza del Tar sulla Statale. Dice ancora la Fedeli: «Dobbiamo capire se è stata l’Università di Milano a interpretare la legge e i decreti attuativi in modo troppo restrittivo o se invece quella sentenza, che avrà bisogno comunque di un secondo giudizio da parte del Consiglio di Stato, ci pone temi che riguardano altre università ». Parlerà oggi pubblicamente, la ministra. E al Forum Ambrosetti annuncerà «un investimento record» sulla ricerca di base. Venerdì scorso il Miur ha trovato l’accordo con il ministero delle Finanze: saranno fondi del ministero, «una risposta, inedita nella quantità, alle richieste dei ricercatori avanzate in queste stagioni».

Nella Legge di bilancio che sarà varata a metà ottobre la ministra vuole mettere le risorse necessarie a sbloccare gli scatti di anzianità dei docenti universitari, uno dei motivi che hanno portato allo sciopero degli esami dallo scorso 29 agosto. Il Politecnico di Torino annuncia la serrata da domani: 254 professori coinvolti, più di un terzo. La ministra cerca di tranquillizzare anche su questo versante: «Le risposte ai docenti d’ateneo le daremo in Parlamento. Ho detto fin dall’inizio che uno degli obiettivi del 2017 erano i rinnovi contrattuali a tutti i settori della scuola, compreso il tema del blocco degli scatti del personale docente universitario non contrattualizzato. Queste risorse vanno trovate, assolutamente trovate». La discussione tecnica “sugli scatti” è in corso, le cifre necessarie oscillano tra i 150 e i 300 milioni di euro.

Per Valeria Fedeli, ministra da nove mesi e consapevole che al più tardi in primavera dovrà passare la mano insieme al Governo Gentiloni, uno dei motivi forti dei pochi iscritti alle università italiane è «il basso reddito delle loro famiglie». Ricorda come nella prossima Legge di bilancio, in caso di un reddito familiare fino a 13.000 euro, «l’iscrizione sarà gratis e non ci saranno tasse per gli anni successivi per gli studenti in corso». Una no tax area studentesca, già decisa. E sul fronte dei docenti da pensionare, «abbiamo sbloccato il turnover: chi finisce la carriera sarà sostituito. Uno a uno». Anche questa è legge.

Nei confronti del numero chiuso cresce la protesta politica e studentesca. Il responsabile Pd per università e ricerca, Francesco Verducci, scrive: «I test d’ingresso hanno ristretto il sistema formativo con conseguenze pesanti per giovani e famiglie che vivono condizioni di partenza svantaggiate. L’università va aperta. Chi non studia, ricorda l’Istat, è fuori dalle opportunità di lavoro». E così i presidenti della Regione Toscana, Enrico Rossi, e della Regione Veneto, Luca Zaia. «Il numero chiuso serve ad avere laureati meno preparati e competitivi », dice Zaia. Gli studenti indipendenti di Link: «Va abolito, servono assunzioni e finanziamenti per garantire il diritto di accedere ai gradi più alti degli studi». Gaetano Manfredi, presidente della Conferenza dei rettori, prova a difendere la scelta della Statale di Milano: «Servono più professori e infrastrutture, quindi più risorse. Nessuno vuole certo chiudere l’accesso, ma non possiamo neppure tenere corsi aperti se non ci sono docenti».


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