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Università: E' battaglia sul blocco del turn over

Per gli atenei nuova stretta sulle assunzioni. Era uno dei punti più criticati con Gelmini.Il ministro Profumo: pronto ad accogliere le modifiche suggerite dal Parlamento

22/03/2012
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l'Unità

Mariagrazia Gerina

Professori, docenti, ricercatori, rettori lo avevano bocciato in massa. Tanto che persino il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, si è precipitato ad assicurare, come corollario alle critiche, la disponibilità a correggere, almeno in parte, il tiro. Per ora, il decreto che detta le regole sul reclutamento negli atenei, introducendo in sostanza un nuovo blocco del turn over dopo quello dettato dalla legge 133, lascia la Commissione «Istruzione pubblica, beni culturali» del Senato con un parere (approvato con il voto favorevole anche del Pd, incerto fino all’ultimo) e parecchie correzioni, suggerite dalla maggioranza al governo. «Il nostro giudizio sul decreto non è affatto positivo», chiarisce la senatrice Vittoria Franco, del Pd: «Ma abbiamo suggerito molte modifiche che si sono aggiunte a quelle già formulate dal relatore (Guido Possa, del Pdl ndr) e se le nostre indicazioni verranno recepite, come il ministro ci ha detto che è intenzionato a fare, il blocco del turn over sarà almeno più contenuto rispetto alla versione originaria». Certo, aggiunge: «Il problema è che ci troviamo a esaminare decreti attuativi di una legge che noi abbiamo sempre considerato orribile». Ma entriamo nel merito. Il decreto numero 437, scritto in attuazione delle legge-delega Gelmini, affronta due temi, legandoli a doppio nodo: da una parte, i vincoli di spesa imposti al bilancio degli atenei, calcolati non più in base al 90% del Fondo finanziamento ordinario ma in base all’80% del finanziamento complessivo, dall’altra i criteri a cui gli atenei si dovranno attenere per reclutare docenti e ricercatori, scanditi da un nuovo blocco del turn over. Che nella versione originaria, consegnata dall’esecutivo, era addirittura più severo di quello imposto da Tremonti. Basta scorrere la tabella inserita nella «analisi dell’impatto» allegata al testo depositato in Parlamento. Gli atenei sono ripartiti in quattro fasce, secondo la logica: “premiare”, si fa per dire, gli atenei più virtuosi con un blocco del turn over meno severo, 50%, e penalizzare i meno virtuosi con un blocco che arriva fino al 90%. Quello che impressione è il saldo totale di questa proiezione elaborata dal governo: se come nel 2010 nel 2013 andassero in pensione quattromila docenti (4.096), ne potrebbero essere assunti meno di mille (879). Meno di uno ogni quattro. Laddove, secondo la legge 133 ne potevano entrare circa 1682. Le correzioni suggerite dalla Commissione del Senato suggeriscono di sottrarre alla morsa del nuovo blocco, pur conservando la distinzione in quattro fasce degli atenei, almeno il 40% delle assunzioni: ogni dieci docenti che vanno in pensione - suggerisce il parere approvato in VII Commissione - se ne possono assumere quattro (in realtà il calcolo è molto più complesso perché fatto in punti organico e mentre un professore di prima fascia vale un punto, un ricercatore vale 0,50).
RIDUZIONE DEL DANNO In ogni caso si tratta di riduzione del danno, osserva Luciano Modica, consulente del Pd alla Camera: «Il blocco del turn over dalle modifiche suggerite risulterebbe alleggerito ma è pur sempre un nuovo blocco che si introduce a partire dal 2013». Fino a quando? È l’altro punto su cui il parere elaborato dalla Commissione del senato corregge il governo. Nella versione originaria non c’era un termine. Mentre nel parere approvato al Senato si suggerisce che il nuovo blocco non potrà andare oltre il 2016. «Ci vogliono dei segnali che dicano chiaramente che stiamo andando verso una inversione di tendenza», invoca Vittoria Franco. E tuttavia: «Quel blocco - spiega Modica - stando al decreto potrà essere reiterato dai governi successivi». Evento, ovviamente, da scongiurare. Anche perché, in dieci anni il numero dei docenti, già diminuito del 10%, verrebbe addirittura dimezzato. È tutto da vedere che cosa succederà oggi alla Camera. Alla vigilia del voto in Commissione Cultura, la strada di un parere correttivo condiviso sembra molto in salita. E certo non sarebbe la prima volta se i due rami del Parlamento alla fine dovessero esprimersi in modo diverso. Il vero punto decisivo, insieme al blocco del turn over, è il fondo di finanziamento ordinario. Negli ultimi anni è costantemente diminuito fino ai 6,5 miliardi previsti per il 2012. Il rischio è che stretti dalla morsa dei vincoli di bilancio e dalla necessità di assumere dall’altra gli atenei potrebbero tentare ancora una volta di rivalersi sugli studenti, aumentandole tasse, già cresciute del30%negli ultimi tre anni. «Anche su questo punto abbiamo dato delle indicazioni precise al governo - spiega Vittoria Franco -: abbiamo chiesto più progressività e incentivi agli esoneri per i meno abbienti, con l’ impegno a rimborsare agli atenei i fondi per le tasse non riscosse».
 


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