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Università, a rischio 50 mila borse di studio

Ben 50mila gli assegni agli universitari che potrebbero saltare, giacché i fondi per il diritto allo studio (150 milioni di euro stanziati lo scorso anno dal governo Letta) sono stati posti sotto patto di stabilità

18/10/2014
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Il Messaggero
IL CASO

ROMA È una bomba innescata pronta a esplodere, quella delle borse di studio per gli universitari italiani. Per effetto di una norma contenuta nel decreto Sblocca Italia, le risorse regionali 2014 per il diritto allo studio sono a rischio. Ben 50mila gli assegni agli universitari che potrebbero saltare, giacché i fondi per il diritto allo studio (150 milioni di euro stanziati lo scorso anno dal governo Letta) sono stati posti sotto patto di stabilità. Le regioni inoltre, sempre in base allo Sblocca Italia, dovranno erogare 560 milioni allo Stato entro la fine del 2014. Ancora, i limiti della nuova finanziaria - con i quattro miliardi chiesti alle regioni che diventano 5,7 miliardi se sommati a quelli già previsti dai precedenti governi Monti e Letta - potrebbero impedire, nel 2015, qualsiasi investimento da parte dei governi territoriali sul diritto allo studio. La cui tutela, tra l'altro, non è contemplata né dal Piano del governo sulla Buona Scuola, né dalle modifiche all'università, come la revisione dell'accesso programmato per le facoltà a numero chiuso, cui il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini sta lavorando. In sostanza, non vacillano solo le risorse per il 2014 ma, per lo sforzo economico chiesto dalla legge di stabilità, nel 2015 proprio le regioni si troveranno di fronte a un bivio: o salvare, per quanto possibile, servizi essenziali, sacrificando il diritto allo studio, oppure garantire quest'ultimo a danno di sanità e trasporti. Gioco forza, ipotizzano le associazioni studentesche e i sindacati - in primis la Flc-Cgil - è facile intuire dovrà cadrà la mannaia.

LE ASSOCIAZIONI

Il diritto allo studio nel nostro Paese è di competenza delle regioni ed è finanziato da tre fonti: le tasse regionali (pagate dagli studenti), i fondi propri delle regioni e il fondo integrativo statale. «Con il combinato disposto dei tagli alle regioni e dei fondi statali sotto patto di stabilità - analizza il coordinatore nazionale dell'Udu, Gianluca Scuccimarra - il diritto allo studio rischia di essere ulteriormente ridotto o cancellato, in moltissime realtà tra cui la Lombardia, il Veneto e la Campania, regioni storicamente refrattarie a investire sul diritto allo studio». «Una situazione gravissima - accusa Gianna Fracassi, segretario nazionale della Cgil - perché in una fase di profonda crisi economica, cancellare 50mila borse di studio significa pregiudicare le possibilità di accesso e prosecuzione delle carriere universitarie per moltissimi giovani. Mettere l'istruzione al centro dell’agenda politica di governo - prosegue la Fracassi - dovrebbe significare anche concretamente garantirne l’accesso». Invece le tasse degli studenti, attualmente la prima voce di finanziamento del sistema per il 50% dei fondi totali, rischiano un ulteriore innalzamento. «Come a dire - conclude Scuccimarra - il diritto allo studio ce lo paghiamo da soli