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Unità-Tremonti s'è mangiato il futuro dell'Italia

Tremonti s'è mangiato il futuro dell'Italia di Enrico Morando Il Commissario Europeo Pedro Solbes rilancia l'allarme sui conti pubblici italiani: se il governo non fa nulla di qui al 2004, in que...

01/02/2003
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l'Unità

Tremonti s'è mangiato il futuro dell'Italia
di Enrico Morando

Il Commissario Europeo Pedro Solbes rilancia l'allarme sui conti pubblici italiani: se il governo non fa nulla di qui al 2004, in quell'anno l'Italia non sarà in grado di rispettare gli obiettivi del Patto di stabilità e crescita.
Il ministro dell'Economia italiano ribatte seccato: l'Italia sta facendo meglio di Francia e Germania (rispettivamente interessate da un "avvertimento preventivo" e da una procedura per "deficit eccessivo" di Ecofin), non c'è nessun problema.
Chi ha ragione? Il Commissario Solbes, se si guarda alla realtà del sistema economico e della finanza pubblica italiana, in un'orizzonte appena più lungo dei prossimi tre mesi. Il ministro, se il riferimento è alla mera evidenza contabile di queste prime settimane del 2003.
Peccato, per Tremonti e tutti noi, che il Patto di stabilità e crescita sia finalizzato a garantire lo sviluppo economico in un quadro di stabilizzazione finanziaria (ecco perché porta quel nome): obiettivi, per definizione, di medio-lungo periodo.
È dunque proprio la risposta di Tremonti ad avvalorare le preoccupazioni e le accuse che vengono dalle sedi comunitarie. A Solbes che chiede come il Governo intende garantire l'equilibrio strutturale dei conti pubblici, Tremonti oppone un imbarazzato parlar d'altro, ribadendo quello che - almeno per ora - nessuno mette in discussione: tra manovre di finanza creativa (l'uso del miglior risparmio negativo come fonte di copertura finanziaria di nuovo debito) e condoni tombali, il bilancio preventivo 2003 presenta risultanze contabili compatibili col patto di stabilità che ci lega ai partners della moneta unica. Ma che succederà nel 2004, quando l'effetto delle misure una tantum si esaurirà?
Il Governo italiano non è in grado di rispondere a questa domanda e mostra di non comprendere che proprio questa sua incapacità è uno dei principali fattori di depressione delle aspettative dei lavoratori, dei consumatori, degli imprenditori italiani. Depressione che, a sua volta, è tra le cause del consolidarsi del clima stagnante che caratterizza la nostra economia.
Il ministro Tremonti cerca di "buttarla in politica": strana questa sinistra italiana, che invece di occuparsi di economia reale (salari, occupazione), fa la vestale del Patto di stabilità. A parte il fatto che è proprio Tremonti - con il suo burocratico appigliarsi al conseguimento degli obiettivi del Patto nel rapporto deficit/PIL - a pretendere di usare la contabilità "dei ragionieri" per mascherare il fallimento della sua politica economica, è vero esattamente il contrario: l'abbandono, da parte del governo di centrodestra, del difficile e faticoso sentiero della stabilità finanziaria, può provocare pesanti effetti negativi per i lavoratori, i consumatori, le imprese del nostro Paese. Provo a spiegare rapidamente perché.
1) Il nostro Paese ha un volume globale del debito pubblico quasi doppio (nel '96, senza quasi) rispetto a quello di Francia e Germania. Questo significa che ogni anno noi dobbiamo destinare ben tre punti percentuali di PIL in più al servizio del debito. Delle due, quindi, l'una: o riduciamo progressivamente e rapidamente il debito, o non siamo in grado di spendere ciò che è necessario per la promozione dello sviluppo sociale ed economico del Paese (es. formazione e ricerca). Nella seconda parte degli anni '90, le entrate fiscali (tributi + contributi) sono sempre cresciute più della ricchezza nazionale. Nel 2002 questa tendenza si è bruscamente invertita: la crescita del PIL è pericolosamente vicina allo zero, ma le entrate diminuiscono, in rapporto al PIL. Può darsi che nel 2003, grazie al gettito del condono, le entrate tornino a crescere più della ricchezza nazionale, ma è assolutamente certo che proprio il ricorso al condono provocherà un aumento dell'evasione e della elusione fiscale (condono chiama condono). Morale della favola: il problema della riduzione del debito pubblico, condizione sine qua non dello sviluppo dell'Italia, viene aggravato dalle politiche di finanza pubblica del governo di centrodestra.
2. Mentre le entrate fiscali diminuiscono, le spese correnti aumentano. Non è tuttavia tecnicamente fondata la tesi di chi sostiene che, sul versante del contenimento della spesa, il governo non abbia fatto nulla. Non ha fatto nulla che abbia carattere strutturale (es. programmazione delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione, con rigidi obiettivi di risparmio in un orizzonte almeno triennale), ma ha approvato ed attuato il cosiddetto decreto "tagliaspese". Per l'essenziale, si tratta di: un intervento di mera "sospensione" della possibilità delle Pubbliche Amministrazioni di emettere mandati di pagamento o di assumere impegni di spesa. Poiché gli effetti di leggi approvate dal Parlamento e regolarmente coperte possono essere "sospesi" da un atto amministrativo del Governo, ma non certo annullati, è evidente che il "sollievo" che il decreto tagliaspese ha arrecato al deficit annuo (essenziale per raggiungere l'obiettivo deficit/PIL 2002) ha carattere temporaneo. Anzi, nel medio periodo, spinge ad accelerare la spesa: le amministrazioni che, alla fine del 2002, avevano ancora risorse da spendere, cercheranno nel 2003 di sottrarsi alla mannaia del tagliaspese, spendendo tutto e subito.
Risultato: le spese "tagliate" attraverso questo tipo di intervento sono quelle qualitativamente più efficaci nel sostegno della crescita (es. quelle di investimento rispetto a quelle correnti), così che - esattamente come nel caso delle una-tantum di aumento delle entrate - cioè che serve per migliorare (per qualche mese) il dato del deficit, deprime le possibilità di sviluppo per gli anni a venire.
3. Mentre l'effettivo costo della Tremonti-bis rimane avvolto nel mistero (è comunque probabile che uno dei fattori più rilevanti della riduzione delle entrate sia stata proprio questa legge, rivelatasi peraltro inefficace nel sostegno degli investimenti), la mannaia dei tagli di spesa ha di fatto annichilito i crediti d'imposta automatici per gli investimenti e l'occupazione nel Sud.
Anche in questo caso, non c'è dubbio che la "stretta" abbia portato giovamento al miglioramento del rapporto deficit/PIL: i crediti d'imposta funzionavano bene e quindi "tiravano" sulla cassa. Ma il risparmio di oggi sarà pagato con meno assunzioni e meno investimenti proprio in quella parte del Paese che sola può crescere, per via del ritardo di sviluppo accumulato, a ritmi molto intensi.
Riduzione delle entrate nel medio periodo, rinvii delle spese che "fanno sviluppo", tagli che riducono l'occupazione e la crescita del Sud: in Europa si preoccupano per le minacce alla stabilità dell'Euro che derivano dal carattere improvvisato e "straordinario" delle politiche di finanza pubblica del governo italiano. In Italia, dobbiamo aggiungere preoccupazione a preoccupazione: al governo c'è un ragioniere che si "mangia" il futuro del paese.


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