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unità: Splendida assemblea È la nostra democrazia

Intervista a Epifani ....Penso, inoltre, che al termine degli scrutini delle elezioni della scuola dove votano un milione di persone, si vedrà che tutto il sindacato confederale non solo non perde ma probabilmente rafforza le proprie posizioni. E la Cgil si conferma primo sindacato

08/12/2006
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l'Unità

PARLA EPIFANI Contestazioni? Fischi? «Qualche fischio è il sale della democrazia, usciamo rafforzati

da questa prova».

Il segretario della Cgil condivide la «grande preoccupazione» per le condizioni dei lavoratori in fabbrica, non ci saranno sconti al governo e agli industriali. E lancia un messaggio: «Invito a non strumentalizzare queste assemblee, soprattutto la destra si ricordi dei disastri che ha combinato negli ultimi anni contro il mondo del lavoro...» «È stata una bellissima assemblea, vera, senza filtri». Bellissima? Ma se sono volati fischi. «Qualche fischio è il sale della democrazia», dice Guglielmo Epifani per nulla intimorito dalle contestazioni di una parte dei lavoratori di Mirafiori. «Ne usciamo rafforzati perché ci vuole coraggio ad affrontare assemblee così difficili».

Tornate a Mirafiori dopo 26 anni e vi ritrovate con questa accoglienza. Ci racconta che cosa è successo?

«Posso farlo per l’assemblea a cui ho partecipato, la mattina alle Carrozzerie. È stata molto partecipata, più di duemila persone, vera, senza schermi e senza filtri, in presenza di Cobas, Ugl, Fismic, Fiom, Fim, Uilm. Ognuno ha potuto esprimere la propria opinione. È stata anche la prima con i giornalisti. Uno straordinario fatto di trasparenza».

Giornalisti che hanno riportato dei fischi. Quando sono partiti?

«In realtà l’andamento dell’assemblea è stato un po’ più semplice. Ho illustrato il giudizio sulla finanziaria con l’assemblea molto attenta, c’è stato un problema quando ho parlato del Tfr. Una parte di lavoratori teme che il Tfr fuori dall’azienda possa offrire meno garanzie. Un’opinione opposta alla mia. Ma non c’è una contrarietà netta, non è vero. Insomma, ci sono stati interventi liberi, domande alle quali ho risposto. È stato un dialogo».

Quali opinioni sono emerse?

«Almeno alle Carrozzerie, il giudizio di fondo sulla finanziaria mi è sembrato abbastanza in linea con quello del sindacato, luci e cose da cambiare, nodi da sciogliere. Ho invece sentito forti preoccupazioni sulle condizioni di lavoro. Sulle pensioni è venuta una richiesta esplicita a non alzare l’età pensionabile. Soprattutto dalle donne sulle linee di montaggio. Altra richiesta, quella di poter discutere la piattaforma sulle pensioni, alla quale abbiamo risposto sì, era già deciso. E poi ho trovato una giusta e condivisa resistenza all’idea della gestione unilaterale dei ritmi e dell’organizzazione di lavoro. Potrei riassumere parlando di una condizione operaia che vive con difficoltà la propria vita lavorativa, i turni, le catene logoranti e che gira domande al sindacato. Più che la finanziaria, sono temi che riguardano i tavoli di gennaio. E in questo confronto ho visto rispetto per il sindacato».

Restiamo alle condizioni di lavoro. Il vicepresidente di Confindustria, Bombassei, dice che lei fa «banale demagogia».

«No. Ho solo confermato davanti agli operai quello che vado dicendo da due anni: sull’organizzazione del lavoro, sugli orari, si decide nei luoghi di lavoro e nei contratti nazionali. Perché ogni categoria ha le sue logiche organizzative. È sempre stato così e deve restare così, Confindustria ha un’altra opinione ma deve mettersi il cuore in pace perché su questo la Cgil non cambia idea».

La destra e una parte del sindacalismo di base gongolano e dicono che siete avvertiti, voi e il governo. Cavalcano la protesta?

«Inviterei tutti a non usare strumentalmente queste assemblee. Intanto perché non sono andate come costoro pensano. E poi perché non vedo chi possa appropriarsi di una situazione di malessere. Certo non la destra che ha peggiorato le condizioni dei lavoratori in questi anni. Penso alla precarietà. E riguardo a qualche frangia di sindacalismo autonomo estremo voglio solo dire che il sindacato confederale non esce indebolito da una prova democratica come questa, anzi. Penso, inoltre, che al termine degli scrutini delle elezioni della scuola dove votano un milione di persone, si vedrà che tutto il sindacato confederale non solo non perde ma probabilmente rafforza le proprie posizioni. E la Cgil si conferma primo sindacato».

Epifani, insisto. La lettura che viene data è che siete stati contestati in quanto schiacciati sul governo che ha deluso gli operai. Davvero nulla di tutto questo?

«È una lettura che non corrisponde al vero. Le preoccupazioni sono per la propria condizione, nel lavoro e sul lavoro. Sulle linee di fondo della finanziaria io non ho ascoltato critiche se non, ripeto, le preoccupazione per il Tfr».

Di assemblee ne fate molte...

«Dobbiamo farne di più...»

... e pazienza se ci scappa qualche fischio. Non starà minimizzando?

«Se ci scappa qualche fischio è il sale della democrazia. Se qualcuno interrompe tu ci parli, non è più il tempo in cui uno predica e gli altri ascoltano. Il fatto è che si è persa la conoscenza di cosa sono le assemblee operaie. Non sono una passeggiata, non lo sono mai state. Ma la mia più grande soddisfazione è di avere chiuso spiegando con chiarezza la posizione della Cgil sugli orari di lavoro, sul Tfr, sulla previdenza e di aver avuto ascolto, consenso e rispetto».

Nel pomeriggio però il segretario della Cisl ha dovuto interrompere. Che cosa è successo?

«Non so di preciso, so che c’era un clima diverso. Le assemblee della mattina sono state dure, ma sono state belle assemblee. So che quando Bonanni ha parlato delle condizioni delle persone, del Tfr, delle pensioni c’è stato un grande ascolto. Deduco che questi lavoratori vogliono risposte alla loro condizione e non vogliono che si parli d’altro».

Lei non pare nervoso, eppure domani (oggi, ndr) non avrà bei titoli. Non crede che il sindacato abbia un problema in più?

«Io penso che ne usciamo rafforzati perché bisogna avere coraggio ad affrontare assemblee così complicate e difficili».

Ha lasciato Mirafiori con qualche impegno?

«Quello di tornare, di fare il percorso democratico sulle pensioni. Mi ha fatto molto piacer poter dire che Mirafiori non è solo carica di storia, ma oggi è carica di futuro. Ho augurato che possano entrare tanti giovani in fabbrica e l’applauso ricevuto mi pare la cosa più bella dell’assemblea, cioè una comunità di persone che ha lottato, ha pagato dei prezzi e continua a pagarli con tante persone in cassaintegrazione. Mirafiori non è più un problema, oggi può diventare una fucina per affrontare i temi dello sviluppo e per rispettare la dignità di chi ci lavora».


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