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Unità-Ricerca, ora anche Fini ammette: mancano fondi per fermare la fuga di cervelli

Ricerca, ora anche Fini ammette: mancano fondi per fermare la fuga di cervelli di Mariagrazia Gerina E adesso anche la destra scopre il paradosso italiano che si chiama fuga di cervelli. "Importi...

12/03/2003
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l'Unità

Ricerca, ora anche Fini ammette: mancano fondi per fermare la fuga di cervelli
di Mariagrazia Gerina

E adesso anche la destra scopre il paradosso italiano che si chiama fuga di cervelli. "Importiamo braccia ed esportiamo cervelli" dice con disappunto Gianfranco Fini, ospite del convegno 'Scienziati italiani all'estero', insieme a Mirko Tremaglia e Franco Frattini. "Occorre invertire la tendenza e investire di più dalla prossima finanziaria", avverte Fini, gridando al "paradosso" e facendo ammenda. Eppure qualche responsabilità nell'attuale tendenza, Fini, ce l'ha, essendo vicepresidente del Consiglio. A chi si rivolge, dunque, quando ammonisce che bisogna cambiare registro? E soprattutto, Tremonti, suo collega di governo, è stato informato della novità?

Dopo aver bastonato i ricercatori, la destra cerca a parole di ricostruire uno straccio di consenso. Ma la comunità scientifica è piuttosto tiepida. E spesso anche arrabbiata: "Non basta una battuta del vicepresidente del Consiglio a rassicurarci, specie se ha come contraltare una politica di riduzione degli investimenti", dice Rino Falcone, a nome dei cervelli in fuga che sono scesi in piazza lo scorso 12 febbraio per protestare contro la politica del governo fatta di tagli e riforme senza confronti: "Certo non sarà la trasformazione degli enti di ricerca in aziende per la ricerca applicata ad attrarre cervelli". In sala, ad ascoltare le promesse del governo ci sono un centinaio di emigranti della ricerca. Come Carlo Croce, che opera presso il Kimmel Cancer Center negli Stati Uniti. Vista dall'America, l'Italia appare in una "situazione di grandissimo svantaggio". "Qui non esiste ancora la cultura della ricerca perciò i giovani hanno problemi a rientrare", spiega Croce, che ogni anno presso il Kimmel Cancer Center accoglie una cinquantina di ricercatori italiani in fuga. Alcuni decidono di tornare, ma in Italia devono affrontare grandi difficoltà. Colpa dei "salari osceni", spiega Croce: "Bisogna fare in modo che questo paese non diventi una Repubblica delle banane", dice rivolto alla classe politica. Mentre Silvia Bacchetti, ricercatrice emigrata in Canada, bacchetta anche le gerarchie universitarie: "Fino a quando la ricerca italiana verrà organizzata con il sistema delle baronie e delle raccomandazioni non ci sarà posto per i più meritevoli che saranno costretti ad emigrare". Claudia Basilico, professore di Biomedica alla School of Medicine di New York rincara la dose avvertendo che "la ricerca di base deve essere sovvenzionata dal governo" e racconta che in America funziona così.

Tra gli scienziati della futura repubblica delle banane il morale intanto è bassissimo e lo scetticismo serpeggia quando i rappresentanti del governo toccano il tema della ricerca. Il presidente del Cnr, Lucio Bianco, smorza i toni propagandistici e suggerisce piuttosto una politica di riduzione del danno. "Spero che invertire la tendenza non significhi che dobbiamo tornare a esportare braccia come facevamo un tempo", replica a Fini con l'ironia Flavio Toigo, presidente dell'Istituto nazionale di fisica della materia, un fiore all'occhiello per la scienza italiana che il governo si accinge a recidere con la riforma degli enti di ricerca. Di come si fa a richiamare cervelli Toigo ne sa qualcosa: su duecento ricercatori che dipendono dall'Infm, venti sono stranieri e almeno quaranta sono italiani persuasi a rientrare dopo anni di esperienza all'estero. Come? "Dalla prospettiva di borse di studio adeguate", per esempio: "In Italia ci sono borse di studio per post-dottorati che ammontano appena a 10mila euro l'anno". "Ha ragione Fini a dire che ci vogliono più risorse - concorda il presidente dell'Infm -. Mi chiedo perché però nel momento in cui si tratta di investire concretamente manchi il coraggio di farlo".

In attesa che tra le fila del governo maturi il coraggio, Frattini cerca di indorare la pillola: "In fondo la fuga dei cervelli è un fenomeno che si può volgere in positivo", suggerisce, annunciando una banca dati per raccogliere informazioni sui ricercatori emigranti. Mentre Tremaglia immagina di poter ricostruire una comunità virtuale annunciando "Centri permanenti" per scienziati italiani all'estero. "Quelle del governo sono lacrime di coccodrillo", replica Walter Tocci (Ds): "Loro in questo momento stanno obbligando i ricercatori italiani a emigrare". Da due anni - ricorda Tocci - sono bloccate le assunzioni negli enti pubblici e sono fermi gli incentivi alle imprese.

La fuga dei cervelli è solo uno dei versanti del problema. L'altro lo ricorda il premio Nobel Rita Levi Montalcini, ospite del convegno, è l'invecchiamento dei ricercatori italiani. "Non c'è stato il ricambio che aveva sperato", spiega il premio Nobel, denunciando che in Italia i centri di ricerca continuano ad essere troppo pochi: "Abbiamo tante risorse umane, ma non siamo in grado di sfruttarle".


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