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2003 Quel che resta dell'Onu di Furio Colombo "Non siamo riusciti a persuadere il mondo che questa è una guerra necessaria, perché questa guerra non è necessaria". Sono parole pronunciate il ...

30/03/2003
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l'Unità

2003
Quel che resta dell'Onu
di Furio Colombo

"Non siamo riusciti a persuadere il mondo che questa è una guerra necessaria, perché questa guerra non è necessaria". Sono parole pronunciate il 19 marzo scorso nell'aula del Senato di Washington da Robert Byrd, uno dei più autorevoli protagonisti della vita politica americana. Sono parole che acquistano un peso drammatico di fronte alle immagini delle decine e decine di vittime - donne, bambini, anziani - dei bombardamenti a Baghdad. Morti nel terrore, perché?

Ci avevano dato due definizioni di questa guerra. Una: è indispensabile per disarmare Saddam Hussein e togliergli di mano immense armi di distruzione di massa. L'altra: è una guerra di liberazione, il popolo iracheno ci aspetta. Non sappiamo niente del primo volto della guerra, e non ci sentiamo di dire: "Avete visto? Le armi di distruzione di massa non c'erano". Restiamo persuasi che gli ispettori dell'ONU stavano lavorando bene, che è stato un delitto fermare il loro lavoro.

Chiunque pensi per un istante al confronto fra le ispezioni quotidiane delle Nazioni Unite e l'orrore di una sola bomba, di un solo prigioniero terrorizzato e umiliato, di un solo cadavere abbandonato fra le macerie, tornerà con disperata nostalgia ai giorni dell'ONU, alle immagini degli ispettori che vanno e vengono, al Consiglio di Sicurezza, con le sue mille verifiche, senza bambini feriti e disperati, senza mamme terrorizzate bloccate negli inutili rifugi. Giorno dopo giorno, notte dopo notte, vediamo potentissime armi di distruzione di massa rovesciarsi sulle città irachene, dunque soprattutto sui civili. Come dare un senso a questa catena di eventi, persino se si condivide il giudizio su Saddam e la necessità di giungere allo smantellamento delle sue armi?

La seconda definizione ("Non aspettavano altro che la liberazione") adesso appare infondata. Gli esiti sono troppo tragici per dire: se hanno sbagliato in questo (e hanno sbagliato) forse stanno sbagliando in tutto. Lasciamo ai sostenitori italiani della guerra il loro tifo da stadio, e le loro leggende belliche. A noi viene in mente ciò che persone competenti avevano detto e ripetuto nei giorni di lutto in America, dopo l'11 settembre.

Avevano detto: "Abbiamo perduto il contatto con gli umori, i pensieri, le idee e persino i veleni del mondo. Invece di persone che vedono, vivono, capiscono, raccontano, abbiamo enormi macchine, potenti satelliti, sistemi mostruosi di intercettazione che spiano automaticamente gli eventi. Le macchine si possono ingannare. E ci hanno ingannato". Sono parole di persone che erano state parte del governo e anche dei sistemi americani di monitoraggio del mondo. Dopo l'11 settembre avevano detto: stiamo sbagliando. Le macchine non ci dicono niente, i satelliti non ci dicono niente, le simulazioni dei grandi computer militari ci ingannano.

Eccole qui le simulazioni. Una guerra spaventosa e finta era pronta sul tavolo del più irragionevole dei presidenti americani e lui l'ha voluta, sdegnando ciò che appassionatamente gli suggerivano le voci più autorevoli del suo Paese (Edward Kennedy, Robert Byrd, Zbigniew Brzezinski, Mario Cuomo, decine di generali, gli ex Segretari di Stato, gli ex presidenti della Commissione Esteri del Senato repubblicani o democratici, gli ex responsabili della sicurezza nazionale).

Eccola qui la tremenda giornata del confronto fra guerra finta e simulata e guerra vera e insanguinata. Qui l'immensa macchina è impantanata perché chi la controlla non ha voluto sapere la Storia, non ha voluto ascoltare voci vere, non ha voluto tener conto del tumulto di tensione, furore, panico, reazione, resistenza, di un intero popolo invaso con mezzi immensi.

Certo che gli iracheni soffrono sotto Saddam. Ma soffrono ancora di più sotto i bombardamenti spaventosi, sotto le incursioni senza sosta sulle città; soffrono il blocco, fino alla fame e alla sete, di ogni possibile rifornimento. Per non morire uccidono e, quando lo fanno tutti insieme, sono un Paese che resiste, secondo modi e forme e azioni che le simulazioni dei computer non avevano previsto. Guardi le immagini, tutte le immagini disponibili, europee, americane, arabe, e vedi bene, vedi chiaro che nessuno aspettava di essere liberato. Probabilmente in tanti lo sognavano. Ma non con questa guerra. Non con queste bombe, non con queste macchine di fuoco che più sono potenti e più sono cieche. Non senza un minimo di partecipazione e di ruolo da esseri umani.

Ogni tanto, in Italia, qualcuno si alza e ricorda: siamo stati liberati anche noi, in Europa, dal nazismo e dal fascismo. Strano che, in questa tetra circostanza di sostegno alla guerra, lo dicano anche alcuni che - a quel tempo - non avrebbero affatto voluto essere liberati.

Sono coloro che più facilmente dimenticano che c'era in Europa (e soprattutto in Italia) un vasto movimento antifascista e formazioni partigiane che costituivano un vero esercito di liberazione. Quanto si può ignorare la Storia per pensare che l'Iraq sarebbe stato liberato senza la partecipazione degli iracheni?

Quanto si può ignorare la Storia per non aspettarsi la mossa pronta e un po' ignobile della Turchia che, alleanza o non alleanza, NATO o non NATO, una volta che cade ogni divieto di guerra, pensa subito alla sua preda: conquistare quella parte di Iraq che è terra dei Curdi, completare l'opera di sottomissione feroce e coloniale di quel popolo. Ora ci dicono che sarà "creata una zona cuscinetto" della NATO, fra Turchia e Kurdistan. Ora sappiamo che mille paracadutisti americani sono stati mandati per fare da "cuscinetto" al cuscinetto e isolare i curdi dai turchi. È appena cominciato l'incubo della guerra e già si intravede l'incubo del dopo, l'esito del grande errore.

Quando, dopo tutto il sangue e le infinite parole che saremo costretti a vedere e a sentire in televisione, l'Iraq sarà occupato, non sarà la fine della guerra. Sarà un altro brutale periodo di conflitti come dopo la caduta dell'impero ottomano. La guerra è stata fatta a dispetto delle Nazioni Unite, dunque è improbabile che vi sia pace con le Nazioni Unite. Ma senza le Nazioni Unite non potrà esservi né un minimo di pace né un minimo di giustizia. Tutte le colpe di Saddam Hussein cadranno sul suo popolo, come in un ordalìa medievale.

Ma prima di allora saranno riusciti i governi di Giordania, Egitto, Siria, Iran a tenere a bada la rivolta dei rispettivi popoli, a impedire che infiltrazioni immensamente pericolose di ogni tipo si incrocino e si saldino, messe in movimento da sentimenti di nazionalismo, di religione, di paura, di vendetta, incoraggiati dal contagio della guerra preventiva, vero cancro che aggredisce patti, fiducia, equilibrio, coesistenza, tolleranza della diversità e delle fedi?

Prima di allora si sarà ritrovato un rapporto di minima fiducia reciproca tra Stati Uniti e Russia, che gli Stati Uniti accusano adesso di aver venduto armi proibite al nemico?
Prima di allora si sarà salvato Israele dal coinvolgimento nella guerra di tutta l'area infiammata e definitivamente gettata in uno squilibrio destinato a durare? Si saranno salvati (ovvero avranno saputo restare fuori dal conflitto) i Palestinesi?

Durante la tragica settimana appena trascorsa hanno parlato varie volte Bush e Saddam Hussein. Ascoltandoli, capisci che si stanno scontrando due visioni distorte del mondo. Lo scontro spaventoso, condotto come se il mondo fosse in un vuoto barbaro, privo di riferimento, associazioni, organizzazioni, alleanze, opinione pubblica, avviene in una solitudine altrettanto spaventosa dei due leader, ognuno ossessionato dalla figura dell'altro e dalle sue armi, quelle vere e quelle presunte.

Non si può più sperare nei miracoli. Ma si può sperare nella pressione di tutta l'opinione politica del mondo delle Chiese e dei tanti governi che non hanno accettato la guerra. Le Nazioni Unite esistono ancora. Il Consiglio di Sicurezza esiste ancora. Perché proprio adesso non se ne dovrebbero sentire le voci?

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