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Unità: Mariastella delle gaffe. Il ministro senza fondi che Tremonti snobba

Ha fatto l’esame da avvocato in Calabria ma adesso tuona contro «le scuole del Sud che abbassano la qualità». Il congedo di maternità? «Un privilegio» E i precari? «Solo militanti politici»

10/10/2010
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l'Unità

Federica Fantozzi

Pregiudizi contro chi, come me, ha gli occhi a fessuretta » si difendeva la vaporosa Caterina Guzzanti- Mariastella Gelmini a Parla conme. Chissà se, in consiglio dei ministri, la vera titolare dell’Istruzione ha opposto lo stesso argomento allo sferzante sarcasmo di Giulio Tremonti con le forbici in mano. In fondo, il mite collega Bondi, che ha minacciato dimissioni dalla Cultura stanco di fronteggiare la rivolta di teatri, musei, fondazioni, enti lirici, siti archeologici, etc, ha incassato non soldi ma almeno umana solidarietà. Lei, invece, tutti si chiedono se sia cattiva o la disegnino così. L’avvocato dalle mise grigio acciaio, i lineamenti appuntiti e gli occhiali aguzzi; il ministro ribattezzato dall’Onda «della Pubblica Distruzione »; la cattolica ritratta come Beata Ignoranza in irridenti santini; la neo-mamma che ha fatto imbufalire mezza Italia dichiarando che «il congedo di maternità è un privilegio, tutte dovrebbero tornare subito a lavorare come me». 37 anni, liceo a Desenzano del Garda, laurea a Brescia, praticantato ed esame da avvocato a Reggio Calabria (trasloco foriero di molte illazioni), sposata a Sirmione con un aitante immobiliarista bergamasco (abito avorio, Berlusconi presente, servizio fotografico esclusivo con parenti e affini in posa per Chi). Forzista della prima ora, consigliere regionale lombarda e coordinatrice locale del partito. Nordista fino al midollo. Al punto che, a voler credere al Cavaliere, chiamò la bimba Emma su sua «imposizione» in onore della Marcegaglia: decisamente erano altri tempi, adesso alla presidente di Confindustria il Giornale del premier intitola dossier. Così nordista la Gelmini che quando Bossi se la prese con gli insegnanti del Sud dopo la bocciatura del figliolo, da Cortina d’Ampezzo batté un colpo: «Nel Sud alcune scuole abbassano la qualità. In Sicilia, Puglia, Calabria (che ingratitudine, avranno pensato laggiù, ndr) e Basilicata organizzeremo corsi intensivi». Il ministro ha dato nome a due fatti epocali. La Riforma Gelmini (work in progress) di scuola e università. E il No Gelmini Day, punto culminante di una stagione di manifestazioni di genitori, maestri, professori, precari, cobas. Migliaia di caschetti gialli con il suo volto incorniciato da un segnale di senso vietato. Slogan socratici - «Come nasce la dittatura?Coni tagli alla cultura» - o pragmatici - «Silvio, il viagra nasce dalla ricerca ». Gelmini difende la sua multiforme creatura: «meritocrazia, trasparenza e competitività internazionale », addio a baronie e incrostazioni corporative, razionalizzazione degli atenei inutili, rettori a tempo, maestro unico, liceo musicale- coreutico, ritorno ai voti. Plaude alla alla bocciatura per voto di condotta e al grembiule anti- griffe e anti-bullismo.Ma anche ai libri di testo digitali e alle lavagne interattive multimediali. Sul canale dedicato su YouTube illustra gli estimi, la figura disegnata, le tecniche di ristorazione. Non incontra i precari «perché sono militanti politici». Non riceve gli studenti perché «dà fastidio che la scuola non sia più proprietà privata della sinistra». Quella di Adro, in realtà, è quantomeno affittata alla Lega, e nonostante la lettera con cui lei invitava il sindaco «ad adoperarsi per toglierlo» il Sole delle Alpi è ancora lì. Il ferreo universo gelminiano mostra due sole crepe. La prima è la scelta del pirotecnico Giorgio Stracquadanio come consigliere politico. La seconda è l’assoluta mancanza di fondi per realizzare la rivoluzione dell’italica istruzione. Mancherebbero - parole sue - decine di milioni di euro. Copertura zero per ricercatori, associati, precari (pochi) da regolarizzare. Atenei di buon livello al collasso, incapaci di rispettare l’offerta programmatica promessa al momento delle iscrizioni. Le scuole vivono i momenti bui dei tribunali, tocca portarsi da casa il materiale di prima necessità. E Tremonti, slot machine dei dicasteri altrui, si gira dall’altra parte. Quella leghista.


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