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Unità-Indagine su una scuola al di sotto di ogni sospetto

Indagine su una scuola al di sotto di ogni sospetto Nando Dalla Chiesa racconta un'esperienza di frontiera nei quartieri spagnoli di Napoli Lidia Ravera Incomincia come un romanzo sud...

30/06/2004
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l'Unità

Indagine su una scuola al di sotto di ogni sospetto

Nando Dalla Chiesa racconta un'esperienza di frontiera nei quartieri spagnoli di Napoli

Lidia Ravera

Incomincia come un romanzo sudamericano: un drappello di auto blu, lente ma solenni, sbucano nei mitici quartieri spagnoli della città di Napoli. Scendono uomini vestiti coi costumi fissi della politica. Camicia cravatta giacca. Tutti uguali. La polvere, il disordine, la vitalità "sgarrupata", le sedie che occupano le strade, le strade strette e senza luce, la luce in alto nei cieli blu ristretti ma ancora più intensi così ritagliati fra i muri e i tetti fatiscenti, così attraversati dal bianco delle lenzuola stese, crea un contrasto forte e surreale. Continua come il diario di un sociologo di quelli degli esordi, gli appassionati del reale, non gli odierni routiniers delle categorie, quelli che hanno un cassetto per qualsiasi evento, una didascalia per ogni nuovo gruppo comportamento tribù e li usano per ammansire l'ansia collettiva. Finisce come un documento politico, con le necessarie punte polemiche e un'accorata voglia di fare. Si intitola La scuola di via Pasquale Scura, è edito dalla Filema, costa 12 euro. L'ha scritto Nando Dalla Chiesa, senatore della Margherita, noto per la sua tendenza a infischiarsene dei limiti in cui si accoccola la maggior parte dei suoi colleghi politici di professione e a frugare, organizzare, pensare, cercare, scrivere, denunciare piuttosto instancabilmente, come se lo ossessionasse il sogno di un "fare politica" sempre decantato e mai messo in pratica: occuparsi degli affari della polis, far funzionare meglio, migliorare la qualità delle vite, stanare il marcio, l'errore, la pigrizia, la nefandezza e darci giù, con una smania da "amateur", non con il realismo del professionista.
È in questo spirito, incauto e prezioso, che, nel 1999, con l'Ulivo al governo, nasce l'esperienza da cui ha preso spunto il libro: "Ministro dell'istruzione (che allora era ancora definita pubblica) era Luigi Berlinguer, ex rettore universitario di vasta cultura che aveva avviato un complesso di riforme ad ampio spettro. Troppe, per la verità, anche secondo alcuni dei suoi sostenitori, varate a volte inseguendo disegni e progetti di grande respiro, altre volte recependo pressioni e stramberie ministeriali che la sua stessa maggioranza viveva con sofferenza". In quel contesto, una delle proposte riguarda l'innalzamento dell'obbligo scolastico a 15 o 16 anni. Si apre un dibattito alla Camera, sulla scuola, la famiglie, gli insegnanti, i giovani. Invece di ficcare il muso in qualche scarica di cifre commissionate ad hoc a qualche fornitore di dati, qualche coraggioso si domanda: "Ma qual'è davvero la condizione degli studenti italiani?". Quanti smettono di fatto di andare a scuola anche prima dei già obbligatorii 14 anni? Nasce un "comitato di indagine", qualcosa cioè di diverso da una commissione, un gruppo di persone, scrive Dalla Chiesa, "che aveva deciso, più per buon senso e buona volontà che per un preciso orientamento dottrinario, di seguire il celebre (ma quasi sempre negletto) principio di Erodoto: la superiorità dell'occhio sull'orecchio. Racconti, opinioni, grandi affreschi, ne abbiamo ricevuti. Ora andiamo a vedere". Quello che viene visto, da un Dalla Chiesa allora deputato che si è tolto la giacca e si nasconde nell'ombra per prendere qualche appunto su un taccuino, è un mondo distante da Roma, da Milano, da Bologna, palpabilmente e radicalmente. Un mondo dove non esiste l'adolescenza, dove a 13 anni se sei maschio sei già atteggiato a duro, se sei ragazza sei, spesso, già madre. Un mondo dove un ragazzo può buttare 30 banchi dalla finestra, dove quasi tutti gli studenti hanno un paio di parenti in prigione e qualche morto ammazzato in famiglia, un mondo dove il tema sulla guerra dei Balcani allora in corso, quasi tutti lo sviluppano attorno alla paura che diventi impossibile, per le misure di polizia sull'Adriatico, campare sul contrabbando di sigarette, come campa la maggior parte delle loro famiglie. Ma anche un mondo dove una preside come quella della scuola che dà il titolo al libro, scatena tutta la sua generosa creatività e i suoi scarsi mezzi per mettere in salvo qualche centinaio di ragazzini sulla zattera accogliente di una scuola che non li rifiuta, non le stigmatizza, non li esclude. È anche il mondo dei "maestri di strada" come Marco Rossi Doria, uno di quegli oscuri operatori che si mescolano, si amalgamano nei gruppi sociali più difficili conquistandone la fiducia e seminando qualche principio fondamentale, così, a bassa voce, senza fanfare. È un mondo ilare, dove invece di piangersi addosso, si inventano progetti dai nomi fantasiosi, "il progetto Chance", il progetto "Fratello maggiore", per ridurre l'abbandono scolastico che tocca punte del 35%. È un mondo giovane: un terzo della popolazione dei quartieri spagnoli ha meno di 20 anni.
È un mondo a rischio, ed è un mondo da salvare, dai codici e dalle leggi non scritte della criminalità organizzata (Nando Dalla Chiesa possiede, per filosfia di vita e per storia personale, una sensibilità molto acuta per la dimensione letale della cultura mafiosa) ma anche dalla logica aziendalista e egoista che anima la riforma Moratti. Non è una caso che, nato da un esperienza di 15 anni fa, La scuola di via Pasquale Scura sia stato scritto adesso. Si sente, in ogni riga, l'urgenza di fermarsi a guardare, di guardare e capire, di capire e lottare. Se 40 anni fa, ai tempi della scuola di Barbiana, don Milani si trovava davanti i figli analfabeti dell'Italia ancora contadina e si poneva il problema di insegnare loro le 2000 parole che ti consentono di stare a tuo agio nel mondo, oggi, nei vicoli e nei bassi napoletani, le parole ci sono e uguali per tutti. Sono le parole della televisione. La povertà di chi vive dei prodotti della terra è stata sostituita dalla facilità dei guadagni illegali. A 13 anni, se spacci, hai sempre soldi in tasca. E anche tanti. Le spalle strette e il dorso magro dei malnutriti ragazzi della Napoli primo novecento di Matilde Serao non estono più. Oggi nei vicoli ci sono gli obesi della merendina e della patatina, dell'incultura alimentare e della fretta e della disattenzione famigliare. Oggi i poveri sono grassi, con i soldi facili, e le parole astratte e insignificanti, lontane dalle cose che nominano, retoriche e false della tivvù spazzatura.
Forse, oggi, è più difficile lavorare nella trincea del sottosviluppo culturale di quanto non lo fosse nell'Italia del 1960 o del del 1910. Allora toccava riempire un vuoto. Adesso bisogna prima estirpare quello che c'è. Libri come La scuola di via Pasquale Scuro danno conto di questa difficoltà, ma anche della possibilità di farcela. Sono libri importanti. Dispiace che abbiano trovato ospitalità soltanto presso una piccola casa editrice, lodevole ma meno visibile della grandi e ben distribuite Rizzoli o Mondadori o Feltrinelli. Chissà come mai.


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