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Unità-Il pericolo che viene da via Arenula-di Nicola Tranfaglia

pericolo che viene da via Arenula di Nicola Tranfaglia Le parole vanno sempre misurate quando si parla di una persona che ricopre un ruolo istituzionale importante ed è questo il caso dell'ingegn...

26/07/2003
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l'Unità

pericolo che viene da via Arenula
di Nicola Tranfaglia

Le parole vanno sempre misurate quando si parla di una persona che ricopre un ruolo istituzionale importante ed è questo il caso dell'ingegnere Roberto Castelli, tuttora ministro della Giustizia nel secondo governo Berlusconi. Ma, a seguire il comportamento politico isituzionale di Castelli nelle ultime settimane, non è possibile evitare un giudizio assai pesante su di lui.
I casi sono due: o Castelli non è in grado di interpretare un ruolo così importante, oppure ritiene che la parola del capo del governo sia legge anche quando è in aperto contrasto con la Costituzione e con tutte le altre leggi. Propendiamo, a questo punto, per una spiegazione che mette insieme le due alternative. È istituzionalmente incapace e in più non è grado di dissociarsi, in nessun caso, dalla volontà del capo.
A questo va aggiunto il fatto che il ministro Castelli ha condotto una vera escalation nei suoi comportamenti: prima ha negato la grazia a Sofri senza portare comprensibili motivazioni se non quelle astratte di volere una nebulosa amnistia, poi ha assistito con evidente soddisfazione al fatto che a Milano un sedicente "comitato nazionale giustizia" del forzista Borrione denunciasse ai giudici di Brescia un presunto reato compiuto dai pm Boccassini e Colombo nei confronti di Previti e Berlusconi, quindi ha bloccato le indagini preliminari aperte dalla Procura di Milano contro Berlusconi per un falso in bilancio che riguarda Mediaset.
In quest'ultimo caso ha violato apertamente la legge di recente approvata dalle Camere a favore di cinque alte cariche dello Stato che esclude nei loro confronti l'apertura di nuovi processi durante la carica ma non le indagini preliminari.
Se si ricorda che il capo dello Stato ha firmato quella legge, nota come lodo Schifani, soltanto dopo aver ottenuto che le indagini preliminari non sarebbero state fermate, si ha più chiaro il senso della mossa di Castelli. Una mossa, dunque, contro i giudici di Milano costretti ora a ricorrere al Consiglio Superiore della Magistratura per far valere la loro interpretazione della legge, ma anche e soprattutto contro il presidente della Repubblica che ancora una volta si era speso per favorire una soluzione gradita alla maggioranza e ancora una volta deve fare i conti con lo scarso o nullo rispetto che i ministri di Berlusconi mostrano della sua azione quando è in pericolo il presidente del Consiglio. Prova eloquente, se ancora ce ne fosse bisogno, dell'improduttività di un dialogo e di una collaborazione con un governo che ogni giorno calpesta la Costituzione, le leggi e lo Stato di diritto in nome del successo elettorale due anni fa.
A questo punto, tuttavia, lo strappo istituzionale triplo compiuto da Castelli in questi giorni, ha persuaso l'Ulivo che la "moral suasion" non basta e che occorre far capire alla maggioranza come all'opinione pubblica italiana, che il ministro della Giustizia non gode più della fiducia delle opposizioni e di una parte, ormai probabilmente maggioritaria, degli italiani.
Come si fa a sopportare che proprio il ministro della Giustizia sia il peggior nemico dei magistrati e li perseguiti tutte le volte in cui nell'esercizio del loro compito esprimono pareri divergenti da quelli del ministro? E come si può tollerare che proprio lui, il titolare della giustizia, disattenda le leggi appena votate dal Parlamento pur di difendere gli interessi personali del leader massimo e dei suoi amici?
Se si vuole evitare che le istituzioni e gli uomini che dovrebbero incarnarle perdano qualsiasi prestigio di fronte agli italiani, è giunto il momento da parte di chi è responsabile di agire in modo che una situazione così incresciosa trovi una soluzione.
I problemi sempre più gravi sollevati dal comportamento del ministro Castelli richiedono, ora più che mai, una risposta limpida da parte del governo e della maggioranza.
Se non avverrà nulla nelle prossime settimane, la fiducia degli italiani nelle istituzioni subirà un nuovo e rovinoso ribasso e ci vorrà qualcuno che se ne assuma le responsabilità.


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