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Globale, non globale, materiale virtuale di Furio Colombo Fare una manifestazione in favore della globalizzazione è come organizzare una marcia a sostegno del terremoto. Entrambi i fenomeni avve...

07/11/2002
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l'Unità

Globale, non globale, materiale virtuale
di Furio Colombo

Fare una manifestazione in favore della globalizzazione è come organizzare una marcia a sostegno del terremoto. Entrambi i fenomeni avvengono comunque, sono inarrestabili e cambiano drasticamente la vita di tanti. Ma non di tutti. Alcuni sono più al sicuro degli altri. E quelli non al sicuro mettono su le tende, si ostinano a restare sul posto e a discutere il problema, anche quando gli altri se ne sono andati. Del resto non è fuori luogo, e forse non è neppure un caso, che "Il Foglio" di lunedì 4 novembre abbia citato Lucrezio Caro in un "elogio del terremoto".
Molti giudicano anti americana l'ansietà sul globalismo. Il pregiudizio anti-americano, infatti, circola a destra e a sinistra di coloro che si oppongono. Ma il vento furioso del cambiamento detto globalizzazione ha soffiato prima di tutto sulle praterie americane, ha cambiato vita, abitudini, città, ha spazzato interi settori della classe media, interi blocchi di lavoro. Ci sono città come Detroit che sono dei veri parchi archeologici di lavori e di produzioni finite. Ci sono metropoli, come New York, in cui è scomparsa l'intera fascia intermedia dei cittadini, fra i ricchi e i poveri. Ci sono libri e film che hanno profetizzato, annunciato e poi narrato la grande trasformazione in cui qualcuno è protetto e qualcuno è lasciato fuori per sempre.
La più straordinaria profezia del globalismo è del 1943, è il celebre romanzo "The Fountainhead" di Ayn Rand. Sentite come lo riassume la Columbia Encyclopedia: "Il libro celebra la razionalità dell'interesse personale contro l'impulso delle tendenze altruistiche".
E infatti è la rappresentazione quasi ascetica di un architetto-costruttore che travolge ogni riguardo ai dettagli di vita degli altri esseri umani per realizzare un suo sogno su vasta scala, una scala che agli altri appare disumana. Nel Paese delle casette bianche con il prato verde davanti, il nostro eroe costruisce grattacieli. Per costruire deve distruggere, e niente lo fermerà, ed è vero che qualcuno nei grattacieli vivrà meglio. Il fatto è che non importa ciò che desideri, o la scelta a cui vorresti partecipare.
Al tempo in cui Ayn Rand era una grande scrittrice e il suo libro un best seller, l'obiezione (per esempio di Arthur Schlessinger senior, storico e padre dello storico con lo stesso nome) era: "Quale è il rapporto di un simile modo di volere, concepire, decidere la vita degli altri con la democrazia? Che rapporto c'è fra potenza e libertà?"
Come si vede il dibattito comincia presto. E si capisce subito che la globalizzazione cresce in due modi. È orizzontale, perché si espande rapida e occupa e cambia e cancella e inaugura modi diversi di vita. In parti diverse del mondo. Nascono tecnologie mai viste, nascono tecniche di riproduzione e moltiplicazione, nasce la produzione di massa che abbatte i costi di ogni singolo pezzo e fa in modo che tanti abbiano ciò che prima era inaccessibile. È verticale. Perché, prima lentamente e poi vorticosamente, si allarga lo spazio fra alto e basso, fra il tetto e la base della vita sociale.
Un film americano, fra tanti, narra e celebra il momento in cui esplode dentro l'America il vorticoso distacco. Ricordate? È "Wall Street". Il protagonista (Michael Douglas) lavora in Borsa, partecipa a un gioco immenso, intravede e tocca ricchezza non immaginabili, prima. Il padre è un operaio. Faceva un lavoro che non c'è più. Guarda incredulo, mette in guardia, vede il pericolo di quel vortice. Ma né il giovane globalista della ricchezza incontrollabile, né l'anziano operaio a suo modo no global, possono farci niente. La spinta che li travolge è troppo forte. Lo ha raccontato bene Tom Wolfe nel "Falò della Vanità": "È come un ascensore. Sali, sali sali. Non sai dove finisce in alto e non sai dove finisce in basso".
E lo ha detto bene Bill Clinton, in campagna elettorale e da presidente: "Siamo tutti più ricchi. Siamo tutti più poveri". È stata certo una fortuna per tanti ingegneri indiani, che tutto il sistema di controllo della TWA fosse dislocato a Bombay, dove costava meno e dove la TWA non volava nemmeno. Ma quando quella compagnia aerea scompare, inghiottita dalle sane forze del mercato, chi lo dice a chi, chi si incontra con chi, chi media e chi spiega che cosa?
Enron e Worldcom erano certamente grandi aziende globalizzate del mondo, con grandi bilanci. Se quei bilanci sono stati a volte falsificati, è perché non è facile stabilire dove è, in un mondo vasto e aperto e attraversato da venti fortissimi di creazione e di distruzione, il punto di controllo, e quello di responsabilità. Adesso milioni di azionisti rimasti del tutto a mani vuote dicono che non si fidano.
E lo dicono anche le folle di giovani che viaggiano di città in città attraverso il mondo, per incontrarsi e discutere i misteri del global e fare qualcosa di umano come stare insieme, con qualche fastidio dei cittadini visitati, che vorrebbero rimanere esclusivamente locali.
Il fatto è che nel mondo globalizzato viaggia splendidamente il danaro. Tempo fa c'è stata una bella pubblicità televisiva in cui si vedevano due coniugi che vanno a portare il loro danaro lontano. Non sanno dove, ma sono ansiosi e felici dell'espediente. Qualcuno, altrove, tratterà bene quel danaro, lo farà rendere. Viaggiano bene le merci, in grandi containers che qualche volta, solo per sbaglio, contengono esseri umani che in genere giungono sul posto morti o avariati. Tutti gli altri li chiamiamo turisti (da restituire ai loro posti di provenienza subito dopo avergli fatto pagare certe somme per il passaggio); e clandestini, da ricercare, inseguire, perseguitare, arrestare, rimandare indietro, o lasciar morire sulle spiagge.
Viaggiano bene, per esempio, le valvole cardiache. Ma poiché il punto in cui sono prodotte e quello in cui sono "indossate" sono lontani, può accadere che a volte quelle valvole si rompano. Se la distribuzione è bene organizzata attraversa tutto il mondo, ci saranno al massimo dieci casi da perseguire in un dato luogo, e uno o due medici da arrestare, e tutto finisce lì.
E intanto fabbricazione e distribuzione continuano senza disturbo. E non è la fine del mondo, perché è vero che c'è molto di creativo e di nuovo e di mai accaduto, in tutti i sensi, nel mondo globalizzato. Ma per adesso la globalizzazione non è "andata e ritorno", come la democrazia. È "One way" direzione unica, dal centro alla periferia. Per questo la periferia è un po' in tumulto.
Ed è naturale che la folla di coloro che dicono "Fatemi capire come avviene tutto ciò e chi decide e garantisce e controlla e dove è andato a finire il mio voto?" sia fatalmente più grande, molto più grande, di coloro che in qualche punto lontano, che non si vede, mandano in giro ordini (nel senso commerciale) ordini (nel senso bancario) ordini (nel senso militare) ordini, nel senso di nuovo ordine negli scaffali del mondo.
Non è che tutto ciò sia inaudito. Accade, come il terremoto. E c'era infatti a Larino un operaio con la casa lesionata che diceva al Tg3, l'altra sera: "Prima succede quel che succede alla Fiat, e poi questo terremoto".
Ma non ci eravamo lasciati con l'idea dei diritti individuali, dei diritti umani, dei diritti civili, dei diritti sociali? Adesso, in molti stanno cercando i percorsi e i fili tra questi diritti, che sono il fondamento di ciò che chiamavamo democrazia, e i punti di decisione del mondo.
Hanno la pretesa ostinata di vedere, spiegare, capire, discutere. E magari, quando si è in tanti e si è insieme e le cose nascono da un voto, anche di decidere.


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