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Unità-Berlusconi e Mussolini: una interpretazione

13.09.2003 Berlusconi e Mussolini: una interpretazione di Furio Colombo Il giorno 12 settembre questo giornale aveva intitolato: "Berlusconi come Mussolini". Non intendevamo - s'intende - dire c...

14/09/2003
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l'Unità

13.09.2003
Berlusconi e Mussolini: una interpretazione
di Furio Colombo

Il giorno 12 settembre questo giornale aveva intitolato: "Berlusconi come Mussolini". Non intendevamo - s'intende - dire che i due personaggi sono uguali. Nel suo orrore, Mussolini era uno che si assumeva la responsabilità degli spaventosi misfatti del suo regime. Abbiamo scritto "Berlusconi come Mussolini" perché fra i due ci sono tratti comuni. Uno dei più squallidi è l'impegno, e anche una genuina vocazione, a sollevare i sentimenti peggiori, rivolgendosi alla parte oscura e fangosa che ristagna al fondo del Paese. Ovvero quell'area di pericolo che in tutti i paesi si cerca di bonificare con buone scuole, buoni esempi, stampa libera, storia comune da condividere. La istintiva, incontrollabile rabbia di potere - un fatto raro e maniacale che non esiste in democrazia - è l'altro legame. Si manifesta nell'usare immediatamente lo strumento della denigrazione e della calunnia non appena l'oppositore appare un pericolo. Una simile reazione è estranea alla democrazia e richiede poteri speciali. Berlusconi ha molto potere, non tutto quello che vorrebbe. Chi lo ha visto venerdì sera sul Tg3 (unica fonte) ha certamente notato il disprezzo inquieto che lo ha indotto a interrompere il ministro Moratti. Vero, lui è costantemente tormentato dall'ossessione di se stesso che ormai gli impedisce di dare o prestare attenzione che non sia per i suoi interventi distruttivi e avvelenati. Ma ha interrotto il ministro Moratti, che stava dando le cifre di inesistenti fondi scolastici, per dire tutto il suo livore per la reazione della stampa italiana benché parziale, composta, prudente. Non lo ha esaltato o almeno taciuto, come lui esige. E lui li ha accusati (come ha accusato i giudici di Milano) di "fango sull'Italia".

D'accordo, sembra pazzo quando si definisce un patriota attaccato vilmente per avere difeso un altro italiano (come se fosse segno di patriottismo esaltare l'italianità di Totò Riina o del mostro di Firenze). Ma è evidente la sua nuova strategia: agganciare il peggio col peggio. Attrarre l'attenzione non dei post-fascisti ma dei fascisti, non dei nostalgici ma dei razzisti, non dei prudenti benpensanti a cui si rivolgeva col suo ridicolo "contratto con gli italiani", nella ridicola ambientazione tv con cui è stato lanciato, ma di chiunque sia ostile alla tolleranza, incline alle maniere forti, in cerca di un leader senza scrupoli e senza rispetto per la libertà. Basta guardarlo nella sua televisione di Stato. Raggiunto dalla mite costernazione della stampa italiana e di una sola televisione su altre sette che domina ciecamente, si muove come un perseguitato, si lamenta come una vittima e oltre all'indecente impunità giudiziaria, che si è fatta offrire in dono dalla sua sottomessa maggioranza, reclama anche l'immunità da ogni critica, che considera insulto anche se cauta e ovattata.

* * *

C'è chi ammonisce con prudenza di non farci caso, di non dargli spago, "di non stare al gioco". Alcuni vanno in tv, nel minuto d'aria concesso all'opposizione per dire: "Non bisogna seguirlo su quella strada. Lui parla per distrarre. Occorre impegnare il governo sulle cose che interessano gli italiani". L'affermazione è volonterosa ma ispirata a un mal riposto umore benevolo, a un portar pazienza fuori posto. Impegni chi, se lui, che possiede tutte le tv e un bel po' di giornali, ti toglie la parola quando vuole, e poi provvedono a doppiarti il ventriloquo Bondi e il senatore automatico Schifani, mettendoti in bocca tutte le cose ignobili che vogliono?

Prendete la frase: "Sono il presidente di tutti gli italiani". Tecnicamente la frase è falsa. Il presidente di tutti gli italiani, ovvero il simbolo di unità nazionale, è al Quirinale. Chi pronuncia la frase mostra di non ricordare o di tacere che il presidente del Consiglio è il capo di una maggioranza vittoriosa alle elezioni. E che quella maggioranza esiste e funziona, in una democrazia, nel momento in cui compone con l'opposizione il quadro completo della volontà di tutti gli elettori. Solo in quel senso, solo in quanto rappresenta anche l'opposizione, il presidente del Consiglio di una democrazia parlamentare può ambire a essere il rappresentante di tutti. Ma lui vede il percorso inverso: io sono il presidente di tutti dunque nessuno mi può antagonizzare e l'opposizione è ignobile per il solo fatto di esistere. Niente è più sinceramente e profondamente fascista del disgusto per chi si oppone. Dunque Berlusconi, nel momento in cui dice di voler essere presidente di tutti, ne caccia via la metà, a meno che quella metà non accetti di tacere e di lasciarsi allevare in cortile alle regole della venerazione e dell'applauso continuo.

* * *

Come in una commedia pirandelliana l'uomo sembra pazzo ma invece ha un'idea fissa: più potere. Ormai conosciamo il suo modus operandi: anticipare ciò che lui vuole che accada, comportarsi subito come nel progetto che ha in mente, sapendo che alle sue spalle arriverà la truppa obbediente della sua maggioranza che - dopo avere detto di tutto e minacciato persino un briciolo di indipendenza - eseguirà alla lettera. Un giorno Berlusconi si è recato a uno dei suoi processi a Milano. Ha arringato giudici e accusa, scortato dai suoi avvocati-deputati. Ha annunciato che non poteva essere processato perché (testuale) la legge è uguale per tutti, ma lui è più uguale degli altri. Vari giornali (tutti non italiani) ci hanno scherzato sopra.

Ma in un paio di giorni Camera e Senato (nonostante una opposizione dura e tenace dentro le Camere e fuori) gli hanno donato la legge detta "Lodo Schifani" che lo rende improcessabile da tutto, su tutto, per sempre. E' uno status medievale, inesistente nell'era moderna. Appariva la trovata visionaria di un imputato agli sgoccioli. I suoi avvocati-deputati e la sua maggioranza che non fa domande e non si fa scrupoli, l'ha trasformata in realtà in pochi giorni.

Dunque non prendetela a ridere (parlo dei giornali stranieri, quelli italiani non se lo permetterebbero mai, e se ci provassero, sarebbero duramente redarguiti da Panebianco e Ostellino) se lui adesso va in giro a dire "non mi potete insultare, sono presidente di tutti gli italiani".

È vero il gioco è pirandelliano, da "Enrico IV". Sembra pazzo. Ma non vaneggia. Ha un progetto. Si chiama "premierato forte", un modo per dire "comando io e basta". Non ditemi che il premierato forte è un'altra cosa e che c'è anche in Inghilterra o in Olanda. Io sto parlando del suo. Poiché tiene un piede sul tubo delle comunicazioni e l'altro sul collo della sua maggioranza, finora - ci ha dimostrato - i suoi desideri si avverano. Sa che può contare - per questo - su un bel po' di collaborazione. Un piccolo esempio.

Il giorno 12 settembre il presidente del Consiglio che non vuole opposizione e chiama le critiche "insulti" e chi si oppone "incapace" e "indegno", ha detto che Mussolini era un brav'uomo che ha mandato Matteotti, Don Minzoni, e Primo Levi in gita turistica. Dovete ammettere che la trovata fa scalpore, fra trasalire anche molti consenzienti del suo regime. Eppure sentite che cosa scrive, la mattina dopo, su Il Corriere della Sera (editoriale) il Prof. Ernesto Galli Della Loggia: "Ma si può riuscire a cambiare radicalmente il presente, il volto politico del presente, i suoi partiti, senza nel medesimo tempo accettare di mettere in discussione (si badi: in discussione, dico, non nel dimenticatoio) anche il passato? Si può alzare da una parte la bandiera della innovazione politica, della trasformazione delle identità politiche, e dall'altra agitare invece quella eterna nostalgia culturale per il passato"?

Con il controllo assoluto delle televisioni, la protezione di solide leggi ad personam, lo scudo del conflitto di interessi più grande del mondo, e la scorta di tanta autorevole distrazione, il visionario che sfasa e anticipa le sue riforme, lui che sembra pazzo e invece sta alacremente lavorando alle sue fortune, può andare lontano. Per fortuna sta anche allontanandosi da una parte dell'Italia che aveva votato per lui e che, adesso, si risveglia in un incubo.

Non resta che lasciarlo cuocere nel brodo del suo "premierato forte" che lui vede come una incoronazione. L'opposizione ha da fare. È occupata a dire agli italiani che il loro Paese dignitoso, rispettato e libero esiste ancora, nonostante quel che si vede in tv o si legge su molti giornali. E che ci sarà un dopo, per riflettere, calmi e pacificati, e rispondere alla domanda: ma come è potuto accadere?


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