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Test più utili se uniti ad analisi sul mercato del lavoro

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11/04/2019
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Il Sole 24 Ore

di Dario Braga*

Il tema dei test di ammissione all’Università è un tema controverso, come tutto quello che riguarda la sfera della libertà di scelta degli studenti nel percorso di studio. Il test di ammissione è uno sbarramento da superare per accedere a un corso o uno strumento di valutazione? O serve a indirizzare? O tutte queste cose insieme?

Prima di addentrarsi nei pro e contro dei test di ammissione è utile partire da qualche osservazione.

Come è noto, e come più volte ripreso sul Sole24Ore (e anche da chi scrive in recenti interventi), l’Italia è all’ultimo posto in Europa come percentuale di laureati sulla popolazione attiva. Ultimo. Questo argomento viene spesso usato per sostenere la necessità del superamento delle programmazioni e dei numeri chiusi in favore della deregulation totale, scommettendo sulla apertura incondizionata dei corsi alle scelte degli studenti. Persino qualche ministro ogni tanto invoca la fine dei numeri chiusi. Idea ingenua, come se il numero dei laureati dipendesse dal numero di studenti che si iscrivono.

Consideriamo, ad esempio, i tassi di abbandono. Per una volta non siamo all’estremo della statistica. Secondo Eurostat il maggior numero di abbandoni universitari in Europa riguarda la Francia. L’Italia è seconda con 523.900 abbandoni (riferimento al 2016). Segue il Regno Unito, mentre il tasso di abbandoni più basso si registra in Germania. A livello nazionale il tasso di abbandono medio annuo è del 24%, con picchi oltre il 40% in alcune sedi. Gli abbandoni riguardano tutti i percorsi ma sono particolarmente alti in alcuni settori scientifici, in quello giuridico e a ingegneria.

Sui perché e sui percome degli abbandoni sono state scritte e dette moltissime cose: dalla delusione per la scelta fatta, alla scarsa motivazione causata dalle ridotte prospettive di lavoro, al parcheggio in attesa di trovare occupazione, alle difficoltà economiche delle famiglie, allo scarso supporto dello Stato, ecc. Tante ragioni e forse tutte un po’ vere.

Gli abbandoni comunque rappresentano un danno considerevole per le famiglie e per lo Stato. Un problema serio che può essere affrontato solo operando sulla capacità di orientare gli studenti nelle scelte, evitando le false partenze che generano i primi ritardi e le prime frustrazioni e che spesso portano all’abbandono.

Il compito di orientare le scelte tocca, in primis, alla scuola superiore al termine di ogni ciclo scolastico. Gli insegnanti conoscono gli studenti. Poi ci sono le Università con le tante iniziative di orientamento (open day, interventi nelle scuole ecc.). E poi ci sono le famiglie, anche se queste non sempre aiutano i giovani a scegliere percorsi adatti per via di aspettative e falsi miti. E comunque se uno studente su quattro abbandona è chiaro che la risultante di queste attività di indirizzamento non è veramente efficace.

I test di accesso potrebbero svolgere (e già sicuramente svolgono) un ruolo fondamentale nella fase di orientamento, costringendo gli studenti a misurare il proprio bagaglio conoscitivo in funzione del percorso che vogliono intraprendere. Il test dovrebbe essere un semaforo verde, giallo, rosso, e fornire a studenti e famiglie una informazione oggettiva con cui confrontarsi nel momento delle scelte. È uno strumento perfetto? Certo che no. Una limitazione è sicuramente rappresentata dalla difficoltà di “ridurre” in un questionario a risposta multipla il bagaglio di conoscenze acquisito da uno studente, e nemmeno può un questionario valutare la creatività e la capacità di pensiero critico. Però è uno strumento democratico perché omogeneo, anonimo e a prova di aiuti esterni, e può essere somministrato a basso costo, senza richiedere grandi spostamenti per gli studenti e costi spesso non sopportabili dalle famiglie. Tutto questo a condizione, ovviamente, che i test siano accessibili in tutte le sedi, almeno su base regionale. I test inoltre aiutano le Università a costruire corsi universitari con una platea più omogenea di studenti a beneficio della qualità della didattica.

Immaginiamo per un momento che l’abbandono universitario venga cancellato o ridotto significativamente. A parità di altre condizioni significherebbe aumentare del 25% i nostri laureati. Un balzo in avanti. Lo strumento dei test di accesso non è perfetto, tuttavia, se supportato da aumenti consistenti della spesa per il diritto allo studio e associato a un’analisi delle necessità reali del mondo del lavoro, può, a mio avviso, contribuire a migliorare la performance del nostro sistema universitario.

*E’ stato prorettore alla ricerca dell’ateneo di Bologna (2009-2015) ed è presidente dell’Istituto di studi superiori e direttore dell’Istituto di studi avanzati dell’università di Bologna.