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Test Invalsi e Sistema di valutazione, Ajello: «Così miglioreremo la scuola»

La presidente dell’Ente: con una lettera aperta vinceremo le resistenze degli insegnanti. Dal 6 al 13 maggio le prove di italiano e matematica in elementari e medie

01/05/2014
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Corriere della sera

Antonella De Gregorio

Ancora pochi giorni e sarà tempo di Invalsi. Una stagione di prove per migliaia di studenti, che dovranno affrontare quiz, brani e problemi che proveranno la loro preparazione in matematica, lettura e italiano. Una routine, ormai, che nonostante molte voci contrarie si è affermata come il principale strumento di valutazione degli apprendimenti e delle competenze dei ragazzi.

Nuovo vertice

L’edizione 2014 dei test non presenta novità rispetto all’anno scorso, nonostante l’arrivo, ai vertici dell’ente di ricerca che prepara e somministra le prove, di un nuovo presidente, Annamaria Ajello, docente dal profilo internazionale e con una pluriennale competenza sui temi dell’apprendimento e della valutazione. «I test sono predisposti con due anni di anticipo - spiega la docente -, io sono qui da poco più di due mesi. Quello che ho fatto è stato riunire gli esperti, i professori di matematica, chi fa ricerca sulla didattica, per ragionare insieme a loro su come condividere una cultura comune della materia e migliorare le competenze dei ragazzi italiani sul piano scientifico. Ci lavoreremo, ma i frutti di questo lavoro si potranno vedere più avanti».

Le prove

Intanto si parte (il 6 maggio con le prove di lettura per i bambini di seconda elementare e di italiano per quelli di quinta; il 7 domande di matematica per le primarie, il 13 tocca alla seconda media), mentre sui test si addensano nubi minacciose: proteste e scioperi, contestazioni di studenti per la «scuola-quiz», timori degli insegnanti che la valutazione verta sul loro operato, più che sulle conoscenze acquisite dai ragazzi. «Pregiudizi che vanno combattuti - dice Ajello -. Deve passare l’idea che la valutazione è un percorso di formazione che permette alla scuola di migliorare, non un controllo burocratico. Se non si capisce la reale finalità di queste prove, si rischia di attribuire loro una funzione punitiva, e si portano le persone a barare». «I dati che raccogliamo servono a inserire la singola scuola in un contesto, a far sì che si confronti con le altre - spiega -. È un po’ come dal medico: se si bara sulle proprie misure la diagnosi non sarà affidabile. Questi test rispondono a un criterio informativo, servono a individuare punti di forza e di debolezza in alcuni ambiti: non sono valutazioni esaustive di tutta la didattica».

La lettera

Come convincere i prof della bontà dello strumento? «Stiamo preparando una lettera aperta, rivolta ai docenti, che pubblicheremo la prossima settimana sul sito Invalsi per chiarire che la valutazione non è “della” scuola, ma per la scuola e che non facciamo che garantire un servizio», dice Ajello. «Quando sono informati sul livello di preparazione dei propri allievi e i punti di criticità, gli operatori della singola scuola potranno progettare interventi didattici mirati».

Il Sistema nazionale di valutazione

Da settembre dovrebbe poi partire il Sistema nazionale di valutazione: il «treppiede» che vedrà in campo Invalsi (attivo dal 2007 e coordinato dal Miur), Indire (l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa) e ispettori scolastici che dialogheranno con i professori e negozieranno - sulla base di un’autovalutazione fatta in precedenza da insegnanti e dirigenti - che cosa potrebbe funzionare meglio e che cosa va cambiato. «Non si tratta di un test, in questo caso - spiega la presidente Invalsi - ma di una novità teorica e metodologica: sarà una valutazione complessiva, non soltanto degli apprendimenti, ma delle scuole». E dagli elementi raccolti partirà il «piano di miglioramento». Una valutazione che finalmente, sostiene Ajello, consentirà di superare la classificazione gerarchica «migliori-peggiori». E sui punti critici, che saranno stati individuati attraverso il processo di negoziazione, gli insegnanti «potranno seguire percorsi di formazione rivolgendosi ad associazioni professionali, università, enti; e portare novità nella didattica».


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