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Supplenze, errori in graduatoria Due pesi e due misure sulle correzioni

Le indicazioni del ministero sul ricorso all'autotutela

08/09/2020
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ItaliaOggi

Marco Nobilio

Se gli errori commessi dal sistema informatico del ministero dell'istruzione hanno determinato irregolarità nelle graduatorie, gli uffici scolastici devono correggere. Se gli errori del sistema hanno prodotto domande incomplete, gli uffici non devono fare nulla. Questo, in sintesi, il comando impartito agli uffici periferici dal ministero dell'istruzione con la nota 1550 del 4 settembre scorso: «… segnalo l'opportunità,» spiega nella nota il capo dipartimento Max Bruschi «secondo le normali regole che disciplinano ogni procedimento amministrativo, di procedere in autotutela alla rettifica dei punteggi palesemente erronei e all'accoglimento dei reclami manifestamente fondati, fermo restando che ai fini dell'inserimento in graduatoria si deve tenere conto esclusivamente di quanto effettivamente dichiarato dall'aspirante nell'istanza di partecipazione e oggetto delle rigorose verifiche previste».

Le domande di inclusione nelle graduatorie provinciale per le supplenze (Gps) sono circa 2 milioni. Il sistema è andato in tilt molte volte durante il periodo di apertura dei termini di presentazione delle graduatorie. E molti aspiranti docenti, pur avendo diligentemente compilato le domande, confidando nell'affidabilità del mezzo messo a disposizione dall'amministrazione, hanno ritenuto che bastasse compilare correttamente la domanda per vedersi riconoscere i titoli nella copia dell'istanza in pdf prodotta dal sistema. In molti casi non è stato così. E addirittura molti di loro si sono visti escludere dalle Gps.

È facile prevedere lo stato d'animo dei diretti interessati che, in questo modo, vedono sfumare la speranza di procurarsi i mezzi di sostentamento. Eppure, per evitare questo problema, sarebbe bastato applicare le disposizioni contenute nella legge 241/90: la stessa legge che regola il potere di autotutela correttamente indicato dall'amministrazione centrale per correggere gli errori. L'articolo 6 della stessa legge, infatti, prevede che il responsabile del procedimento sia obbligato ad acquisire d'ufficio i dati della domanda e che possa chiedere anche al diretto interessato di produrre dichiarazioni o esibire i titoli mancanti. Prassi nota ai giuristi con la locuzione «soccorso amministrativo». E in ogni caso, prima di escludere il richiedente dalla graduatoria, l'articolo 10 prevede che: « Nei procedimenti ad istanza di parte (come in questo caso n.d.r.) il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti».

Tutto questo, a parte casi sporadici in cui funzionari particolarmente scrupolosi hanno sanato le questioni contattando gli interessati prima di validare le domande a sistema, nella stragrande maggioranza dei casi, non è stato fatto. Va detto, inoltre, che la ratio dell'articolo 6 e dell'articolo 10 della legge 241/90 è quella di dare attuazione al principio di buona amministrazione consacrato nell'articolo 97 della Costituzione. Principio che indica la strada all'amministrazione affinché l'operato di impiegati e funzionari possa tradursi, da una parte, nell'assicurare agli alunni i docenti più titolati e, dall'altra parte, di evitare che la complessità delle procedure possa essere di ostacolo ai cittadini nello svolgimento del difficile compito di far valere i propri titoli e i propri diritti.

In molti casi, peraltro, i titoli che non risultano nelle domande, per effetto dei problemi di funzionamento del sistema, sono già in possesso dell'amministrazione. Si pensi, per esempio, ai titoli di servizio, che risultano regolarmente nelle singole posizioni dei docenti interessati. La piattaforma Polis - istanze online, che è la piattaforma che è stata utilizzata per compilare le domande, contiene, infatti, i contratti di supplenza e i servizi prestati da ogni singolo docente precario. Pertanto, gli uffici avrebbero potuto, in sede di validazione delle domande, e potrebbero ancora adesso, all'esito dei reclami, acquisire agevolmente d'ufficio ciò che mancava o che manca tuttora, così come previsto dall'articolo 6 della legge 241/90.

Se l'amministrazione dovesse irrigidirsi nella posizione assunta con la nota del 4 settembre, gli incarichi di supplenza potrebbero risultare viziati in legittimità e gli alunni stessi potrebbero essere costretti ad «accontentarsi» di docenti meno titolati che, per puro caso, scavalcherebbero in graduatoria colleghi con più titoli.

E poi c'è il problema del contenzioso. Qualora i reclami presentati dai docenti interessati dovessero essere rigettati, i tribunali dovrebbero fare fronte ad una mole impressionante di ricorsi che, se dovessero essere accolti, comporterebbero cambi di docenti in corso d'anno e spese per l'erario dovuti alle eventuali condanne al pagamento delle spese.


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