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Superiori, il pasticcio dei bonus che penalizza i più bravi

Il rinvio delle prove porterà ad una correzione del sistema

08/06/2013
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La Stampa

R.Masci

«Donec alitur provideatur», finché non si provveda diversamente. In Vaticano, dove si sa da millenni come fare a trarsi d’impiccio, si usa questa formula quando le circostanze mettono le alte porpore con le spalle al muro. E così - con salomonica saggezza - ha agito la ministra dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza: ha rinviato a settembre la questione dei test di ammissione alle facoltà a numero programmato (architettura, medicina, odontoiatria, i corsi di laurea per le professioni sanitarie, veterinaria).

Nelle attuali ambasce la neoministra era stata messa da un provvedimento del suo predecessore, Francesco Profumo - come lei professore, come lei rettore - che nel febbraio scorso aveva stabilito di anticipare a luglio i test di ammissione alle facoltà sopra citate, fino ad allora calendarizzati per settembre. Il 24 aprile scorso poi quando il governo di cui faceva parte era già in smobilitazione - aveva aggiunto la «questione del bonus». L’anticipo dei test aveva già messo in agitazione le pachidermiche università. Ma la questione del bonus le aveva letteralmente fatte impazzire. Prima, infatti, per accedere alle facoltà a numero chiuso tutto dipendeva dal quiz di ammissione, ora, invece, Profumo aveva stabilito di recepire un criterio già indicato da un provvedimento del ministro Beppe Fioroni che tendeva a valorizzare il percorso di studi. E così aveva stabilito che il test poteva dare fino a un massimo di 90 punti, mentre i restanti 10 dipendevano dal voto di maturità rapportato, però, alla media dei voti ottenuti in quella scuola l’anno precedente, secondo un sistema di «percentili». Che vuol dire? La cosa aveva terrorizzatosia le scuole che le università.

«Questo bonus spiega Carlo Barone dell’Istituto Cattaneo che alla questione ha dedicato una rigorosa analisi - non dipende semplicemente dal voto di maturità ottenuto da ogni studente, bensì da come questo voto si posiziona rispetto ai voti ottenuti dagli studenti della sua stessa scuola nello scorso anno scolastico. Per ottenere il massimo del bonus, ossia 10 punti, non bisogna cioè per forza ottenere il massimo voto di maturità, ossia 100/100: per gli studenti di alcune scuole servirà effettivamente un voto di 100/100, ma per gli studenti di altre scuole potrà bastare un ben più modesto 80. Infatti per gli studenti di tutte le scuole il requisito è: per ottenere 10 punti di bonus, bisogna posizionarsi nel 5% di studenti che ottengono il voto di maturità più alto all’interno della propria scuola. Ma questo criterio penalizza gli studenti delle scuole dove si attribuiscono voti mediamente più alti, perché a questi studenti serve un voto di maturità più alto per ricevere il bonus di 10 punti».

Ma questa «penalizzazione» era, in realtà un bilanciamento, nelle intenzioni di Francesco Profumo. Secondo le maggiori indagini di valutazione quelle Invalsi o quelle Pisa realizzate dall’Ocse - i voti più alti si mettevano in quelle regioni in cui gli apprendimenti erano più scarsi. Serviva un correttivo. Da qui la scelta di applicare i «percentili». Le università sono impazzite, gli studenti si sono spaventati, e così il ministero ha tolto per tutti le castagne dal fuoco e ha calcolato per tutte le oltre seimila scuole interessate quale sarebbe stato il bonus e ha messo il tutto on line. Problema risolto? Per nulla, specie dopo che Skuola.net - il sito più gettonato dagli studenti italiani - aveva messo in rete una sua analisi secondo cui il 20% delle scuole, anche se piena di genietti da 100 e lode, non avrebbe avuto accesso al bonus.

Skuola.net non l’avrebbe avuta vinta se non fossero scese in campo le truppe cammellate dei rettori a reclamare un «rinvio». Ha cominciato Luigi Frati, rettore della Sapienza, e ha continuato il presidente della Crui (la conferenza dei rettori) Marco Mancini, forte del suo seguito di «magnifici». E poi, beninteso, le organizzazioni degli studenti, come l’Udu o la Rete degli studenti medi. Infine la politica, con proteste immancabilmente «vibrate» della Lega, di Sel, del Movimento 5 stelle. Fin tanto che la ministra Carrozza, ha preso la decisione di rinviare.

Ma Skuola.net ha posto un’altra questione a proposito dei test. «Ma le università non esistono anche per organizzare la selezione degli iscritti - si chiede il direttore del sito, Daniele Grassucci - e siamo certi che la cifra che chiedono per iscriversi ai test serva solo a coprire le spese di alolestimento delle prove?». A sostegno di questo dubbio il sito ha diffuso una sua ricerca: il costo medio delle iscrizioni al test è stato, nel 2012, di 56 euro. Se moltiplichiamo questa cifra per le 80 mila iscrizioni (per 11 mila posti) vengono fuori 4 milioni e 480 mila euro. Possibile tutte queste spese?
 


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