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Studenti in piazza per Parigi e per il diritto allo studio. Legge di stabilità:1,5 milioni in borse universitarie

Manifestazioni in 50 piazze. Un emendamento di due senatrici della maggioranza propone di destinare 500 mila euro l’anno per le borse universitarie: il 60% al Sud

18/11/2015
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Corriere della sera

Dopo i cortei contro la Buona scuola di marca renziana di venerdì 13 novembre (con tanto di bandiera del Pd bruciata), gli studenti sono tornati oggi in piazza per la giornata internazionale dello studente. Partita come una manifestazione all’insegna delle proteste contro i tagli previsti in Legge di Stabilità e per il diritto allo studio negato, dopo i fatti di Parigi si è trasformata in un’occasione per esprimere la solidarietà delle scuole superiori e delle università italiane alle vittime degli attentati e per gridare no al terrorismo. Cinquanta piazze, un solo slogan: «Vogliamo tutto #pertutti, privilegi per nessuno».

Dal diritto allo studio alla solidarietà per le stragi di Parigi

La giornata internazionale per il diritto allo studio è promossa dall’OBESSU e dall’ESU, i sindacati europei degli studenti medi ed universitari, che già ad ottobre avevano lanciato un appello internazionale per ribadire l’importanza della libertà di movimento e di istruzione a livello europeo. Spiega Alberto Irone, portavoce nazionale Rete Studenti Medi: «Dopo i fatti di Parigi crediamo sia necessario ripetere con ancora più forza che l’unico strumento per creare una vera società europea fondata sull’integrazione e sulla pace è garantire il diritto all’istruzione e facilitare il libero movimento delle persone. “Free to move, free to learn”: questo è il nome della campagna che stiamo portando avanti». Prosegue Jacopo Dionisio, coordinatore nazionale dell’Unione degli Universitari: «Rivendichiamo il diritto a un’istruzione realmente accessibile a tutti, indipendentemente dalle origini geografiche o sociali».

Qui Roma

A Roma gli studenti medi stamattina si sono radunati alla stazione Piramide a partire dalle 9.30, sfidando la questura che non aveva autorizzato il corteo adducendo come motivazione il rafforzamento delle misure anti terrorismo. Dopo una trattativa con le forze dell’ordine, sono partiti alla volta del Miur. «Questa mattina siamo in piazza innanzitutto perché pensiamo ci sia un diritto basilare, che è quello allo studio, che viene negato perché non viene finanziato». Così Aron Vinci, uno studente del liceo Virgilio di Roma. «Pensiamo anche - ha aggiunto lo studente - che i fatti di Parigi e anche quanto accade in gran parte del Medio Oriente ci debba far riflettere su come creare una alternativa alla barbarie dell’Isis ma anche alle uscite da sciacalli di Salvini e della Lega».

Qui Milano

A Milano poco più di 150 persone, partite da piazza Cairoli, hanno raggiunto Palazzo Marino scaricando una carriola di macerie di fronte alla porta d’ingresso in segno di protesta. La manifestazione si è poi diretta al consolato francese, in zona Moscova, dove gli studenti hanno reso omaggio alle vittime di Parigi deponendo un mazzo di fiori. «Oggi siamo in piazza per manifestare per la scuola, ma il nostro pensiero va ai ragazzi di Parigi», dice Livia del liceo Casiraghi. «È bello che nonostante quello che è successo continuino a dire di non avere paura, e noi gli siamo vicini perché siamo come loro». Dopo l’omaggio alle vittime delle stragi di Parigi i manifestanti hanno percorso via Vittor Pisani fino alla stazione centrale e hanno sciolto il corteo.

L’emergenza Isee

Nel mirino degli studenti il nuovo sistema di calcolo dell’Isee, l’indicatore che calcola il benessere economico. Pensato dal governo Monti e perfezionato da quello Letta per arginare il fenomeno dei «furbetti dell’università», quelli che si dichiaravano poco più che nulla tenenti e poi avevano la Ferrari in giardino, il nuovo Isee lascerebbe a bocca asciutta fra il 10 e il 30 per cento degli aventi diritto. Ma che soprattutto toglierebbe a monte la possibilità agli studenti di fare richiesta di una borsa di studio: su 138 mila aventi diritto, l’anno scorso ci sono stati 46 mila idonei che non hanno avuto il contributo perché non c’erano fondi. Con i nuovi criteri, più stringenti, migliaia di questi studenti non potrebbero proprio presentare la domanda, perché non rientrerebbero nelle condizioni patrimoniali (21 mila euro di Isee).

L’emendamento della maggioranza

Una (parziale) risposta alle proteste degli studenti è giunta quasi in diretta questa mattina dal Senato dove è in discussione la legge di Stabilità: proprio nelle stesse ore in cui i cortei si snodavano nelle diverse città, è stato depositato un emendamento a firma delle relatrici di maggioranza Federica Chiavaroli (Ap) e Magda Zanoni (Pd) per destinare al diritto allo studio 1,5 milioni, di cui il 60% alle regioni del Sud, per il triennio 2016-2018. L’emendamento Chiavaroli-Zanoni prevede anche l’assunzione di 200 ricercatori nel livello iniziale. La misura è finanziata a valere sulle risorse già stanziate in manovra: il fondo per il finanziamento ordinario delle università statali è aumentato di 55 milioni di euro per il 2016 e di 60 milioni dal 2017.

Gli emendamenti degli universitari

Un emendamento che soddisfa solo in piccola parte, però, le richieste di universitari, dottori di ricerca e ricercatori. E infatti nel pomeriggio la Cgil Scuola, gli universitari di Link, i dottorandi e dottori di ricerca di Adi e il Coordinamento ricercatori non strutturati universitari (Crnsu) si sono mobilitati con una serie di flashmob in diverse stazioni italiane al grido di #menevado? Spiega una nota dell’Adi: «Le politiche del governo che precludono a migliaia di studenti l’accesso all’istruzione universitaria, trasformano il dottorato in un privilegio e negano qualsiasi prospettiva a un’intera generazione di giovani ricercatori, spingono tanti a chiedersi #menevado? E’ una domanda che studenti, dottorandi e precari della ricerca oggi si sono fatti a voce alta, spiegandone le ragioni ai viaggiatori di tante stazioni ferroviarie a Roma, Firenze, Torino, Milano, Padova, Pisa e Bari». Ai motivi che li spingerebbero a partire, gli universitari hanno risposto con una serie di proposte di emendamenti alla legge di stabilità: il reintegro di tutti i soldi tagliati al Fondo di finanziamento ordinario dal 2009 a oggi (800 milioni), l’aumento del Fondo statale per le borse di studio; una «no tax area» fino a 23.000 euro. E ancora: un piano pluriennale di reclutamento di ricercatori di tipo b (5.000 all’anno per 4 anni); lo sblocco del turn-over, un finanziamento delle borse di dottorato che consenta la copertura di tutti i posti banditi; l’innalzamento del numero di posti di dottorato fino ad almeno 11.000 l’anno entro il 2021; il mantenimento delle somme destinate all’edilizia universitaria.