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Stage per studenti in parrocchia, scoppia il caso: «Garantiamo la laicità della scuola pubblica»

Le associazioni degli studenti contro la scelta dell’Ufficio scolastico regionale della Lombardia di aprire le esperienze di scuola lavoro alle parrocchie. Replica il sottosegretario Toccafondi: «Pregiudizi, ciò che conta è che sia esperienza concreta»

14/02/2016
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

No all’alternanza scuola lavoro nelle parrocchie o negli istituti religiosi, la scuola pubblica è un’istituzione laica»: la Rete degli studenti medi parte all’attacco dell’ipotesi, avanzata dall’Ufficio scolastico regionale della Lombardia, che gli stage degli studenti di scuola superiore possano essere svolti anche presso enti o istituzioni di carattere religioso. «In questo modo passa un messaggio devastante: qualsiasi datore di lavoro è accettabile e legittimo, purché permetta alle scuole di imbastire velocemente le convenzioni che il governo chiede da mesi, nonostante la colpevole assenza dei decreti attuativi», rileva Alberto Irone, portavoce nazionale della Rete. «Ci sembra palese che l’Ufficio scolastico Regionale Lombardo non abbia chiaro cosa sia l’alternanza scuola/lavoro e la sua differenza con il legittimo volontariato personale», aggiunge, chiedendo che sia fatta «immediata marcia indietro su questa proposta, per garantire libertà di scelta e laicità della scuola pubblica».

Toccafondi: «Non ci fermiamo alle apparenze»

Polemica pretestuosa, la bolla il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi. «Non stiamo parlando di ragazzi che vanno in chiesa a prendere gli appuntamenti per i battesimi, ma di musei, archivi, enti, che hanno una gestione di carattere religioso. E allora? L’importante è che i ragazzi facciano esperienze concrete». Certo, anche Toccafondi ammette che c’è un problema di numeri: «Quest’anno dobbiamo dare stage a 500 mila ragazzi, l’anno prossimo a un milione. Trovare tutte queste aziende disponibili ad ospitare studenti per fargli fare delle esperienze lavorative, non è semplice. Quindi dobbiamo guardare in ogni direzione: anche verso i Comuni, le associazioni di volontariato, gli enti non profit come il Fai, il Wwf, Italia Nostra, ma anche la Caritas, il Coni, le associazioni sportive, i musei diocesani, appunto. Se c’è un ente come l’Opera del Duomo di Firenze, che accoglie ogni anno milioni di turisti, perché non coinvolgerlo anche se è di derivazione religiosa? Non ci si può fermare all’apparenza.

L‘Uds: «Si pensa solo a colmare il monte ore»

In effetti, 400 ore in tre anni, che diventano 200 nei licei, ovvero quanto prescrive la legge 107 approvata a luglio scorso, sono un impegno importante, per presidi e insegnanti a caccia di istituzioni a cui chiedere ospitalità. Se per gli istituti professionali e tecnici, poi, la scelta delle aziende del territorio in genere è abbastanza ampia, per i licei è molto più complicato trovare musei, biblioteche, giornali, che possano accogliere gli studenti dando loro l’opportunità di sperimentare effettivamente modi tempi e ritmi del mondo lavorativo. E allora ecco che l’offerta dei sacerdoti di una dozzina di chiese di Milano e altrettante di Bergamo diventa un contributo prezioso per aumentare i numeri dei posti. Ma anche l’Unione degli studenti si ribella: «Per l’ennesima volta si concede un’opportunità di indottrinamento totalmente avulsa dai principi costituzionali di laicità dello stato e della scuola», sottolinea il coordinatore Danilo Lampis. «E poi si confonde, e ce lo confermano le parole delle parrocchie che parlano di volontariato, il senso dell’alternanza scuola lavoro. Si pensa solamente a come colmare il monte ore e non a come fornire un esperienza di qualità e realmente formativa».


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