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ScuolaOggi-Sul male conclamato dell'inconsistenza

Sul male conclamato dell'inconsistenza Dopo aver letto l'articolo pubblicato su ScuolaOggi.org a firma di Pippo Frisone, invio le mie riflessioni da precaria con qualche lume di ragion...

01/03/2005
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ScuolaOggi

Sul male conclamato dell'inconsistenza
Dopo aver letto l'articolo pubblicato su ScuolaOggi.org a firma di Pippo Frisone, invio le mie riflessioni da precaria con qualche lume di ragione e non solo.
Il Ministro ha proclamato solennemente la necessità di immissioni in ruolo. Quando? Come? In quale numero? Sono domande sostanziali. La legge 143 conteneva la volontà di pensare ad un piano triennale di immissioni in ruolo: passato il termine del 31/01/05 da appena un mese e si tuona che le immissioni ci saranno in un numero di 200.000. Suona strano anche ai non addetti ai lavori. Come dice Pippo Frisone, la parole non sono i fatti e fin qui di parole ce ne sono state fin troppe e sempre smentite dai fatti, che qualche volta sono andati addirittura nel verso contrario alla risoluzione dei problemi. La riforma del reclutamento dei docenti (50% alle graduatorie permanenti e 50% ai nuovi abilitati) va proprio nel verso contrario. Tale riforma contiene illogicità di fondo. La prima è che nessuno è in grado di garantire che i nuovi abilitati saranno migliori dei "vecchi" (persone di 35-40 anni dovrebbero, secondo questa classe dirigente, essere considerate vecchie?!): da quando in qua sulla carta, aprioristicamente, si fa un'affermazione del genere? Inoltre i docenti precari (quelli che almeno hanno qualche annetto di servizio alle spalle, purtroppo: gli altri, che possono vantare solo titoli, gli ordinaristi senza servizio non vengono neanche presi in considerazione), tuttora in servizio a scuola, possono vantare in molti casi, perlomeno nelle discipline letterarie e scientifiche, prima di tutto titoli culturali, talora diverse abilitazioni e solo da ultimo svariati anni di servizio (molti nella sola scuola pubblica): questi sarebbero i docenti poco formati, culturalmente poco preparati, "vecchi"!? In un paese accorto in cui c'è ancora chi pensa, ci si accorgerebbe subito che è una bestialità buttare tout court il vecchio per fare spazio al nuovo. C'è un tale scollamento tra paese reale e classe dirigente, trasversalmente intesa, che sembra impossibile leggere articoli di giornale e ascoltare servizi in televisione sull'età dei docenti italiani, senza alzarsi dalla sedia e insultare chi ci propina queste baggianate che sembrano più minacce che una lettura del reale. Dopo anni si sono accorti che assumere noi costa tanto perché abbiamo anni di servizio alle spalle e la ricostruzione della nostra carriera scolastica costerebbe: potevano pensarci prima, prima di mantenerci in un cantuccio per darci qualche ossetto di supplenza, prima di chiederci di versare l'obolo per corsi di perfezionamento o master in cambio di punticini. L'avrebbero dovuto dire prima. Adesso la soluzione è solo una e non altre: assumerci.
Il senso logico della gestione di un problema è completamente assente come sono assenti equità ed equilibrio nel pensare ad eliminare ope legis i nostri nomi, quindi la nostra vita, dalle graduatorie nelle quali per anni lo stato ci ha tenuti buoni con la supplenza. Non c'è progetto se non quello di darci il benservito: questa è una soluzione da lager, da campo di concentramento, non da società civile. Siamo solo numeri. L'equità è caduta, ahimé, in disuso e sembra, in certi ambienti, un po' retrò. Noi precari pensiamo fermamente di no, non solo perché ci conviene ma perché così testimoniamo a scuola, con i ragazzi. E sfidiamo chiunque a smentirci nei fatti e con le parole.
L'aria è cambiatai. Qualcuno pare essersene accorto: aspettiamo gli altri. Il cerchio si stringe su chi ha deciso per noi in modo abominevole (ci hanno provato con il servizio militare poi con le scuole di montagna e adesso guardano solo alle scuole dei penitenziari). Siamo stati sempre ad osservare mosse e contromosse ma non abbiamo mai smesso di pensare. All'inconsistenza e a coloro che ne sono portatori insani la fine che meritano. Un ironico amen
Katia Soldini


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