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Scuola, «obbligo dai 3 ai 18 anni»: la proposta sul tavolo del governo

Si fa strada anche la possibilità di cambiare il test di medicina: domande aperte anziché multiple per dare maggiore possibilità allo studente di esprimersi

18/02/2020
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Corriere della sera

VAlentina Santarpia

Estendere l’obbligo scolastico dai tre ai 18 anni, portandolo quindi dalla scuola dell’infanzia- come emerso già nei giorni scorsi- fino alla maggiore età: la proposta del Pd, arrivata sul tavolo del governo dove oggi la maggioranza discuteva di scuola, ha riscosso consenso. «Un tema che consideriamo importante. Estendere i percorsi formativi ed estendere l’obbligo significa consentire a tutte e tutti di partecipare a questi percorsi formativi», approva il deputato di Liberi e Uguali, Nicola Fratoianni, uscendo da Palazzo Chigi. Una proposta che però va studiata di pari passo con una serie di cambiamenti pratici. La ministra dell’Istruzione conferma: sull’obbligo scolastico dai 3 ai 18 anni «si aprirà una riflessione. Ma tengo a sottolineare che abbiamo dei dati di dispersione scolastica devastanti in particolare al Sud. Perdiamo il 30% degli studenti, non arrivano nemmeno a 16 anni». L’obbligatorietà va accompagnata da supporti alle famiglie: «Va bene estendere l’obbligo scolastico, una proposta che già Zingaretti aveva inserito nel Piano per l’Italia- precisa la viceministra Pd Anna Ascani - Ma puntiamo anche a rendere gratuiti i libri di testo per tutta la fase della scuola obbligatoria e a investire sul tempo pieno». E poi, l’obbligo andrebbe armonizzato con un miglioramento del percorso tecnico e professionale degli istituti superiori, considerato il dato della dispersione scolastica - 15%- che resta altissimo. «Tantissimi ragazzi degli istituti tecnici e professionali lasciano dopo il biennio, perché invece di trovarsi di fronte a un percorso che li porta a imparare per lavorare, hanno 16 materie, tutte orali, e pochissima pratica in laboratorio- spiega Gabriele Toccafondi, Italia Viva- Va bene innalzare l’obbligo, ma solo se potenziamo quel tipo di istruzione, a cui ormai si rivolge il 20/22% dei ragazzi». Altro aspetto da potenziare è quello del sostegno: «Gli studenti disabili hanno priorità assoluta, hanno diritto a insegnanti specializzati e assunti», ha sottolineato Azzolina.

La selezione di Medicina

L’altro tema forte è quello di Medicina: anche se i 5 Stelle continuano a puntare sui disegni di legge che vorrebbero far entrare tutti, sul modello francese, al primo anno, per poi fare una selezione successiva, le università hanno più volte ribadito che non ci sono risorse, posti, professori, per sostenere una riforma del genere. E allora avanza il compromesso possibile con gli altri partiti di maggioranza: sì alla selezione, ma non a crocette, cioè a risposta multipla, una modalità che sembra scegliere il destino dello studente come in un gioco d’azzardo, ma con domande aperte, ragionate, che rivelino la preparazione. Certo, si tratterebbe di una soluzione più impegnativa (per le verifiche) ma che assicurerebbe una selezione più valida. Sicuramente, test a parte, una delle strade da proseguire è quella dell’orientamento, con i licei ad hoc per gli aspiranti medici che potrebbero essere sempre più numerosi. Si è discusso anche del potenziamento delle borse di specializzazione in Medicina, che dovrebbero aumentare: dalle 8 mila attuali bisogna avvicinarsi a quelle 15 mila che richiederebbe naturalmente il turn over, con 15 mila medici che vanno in pensione ogni anno.

La diversità di vedute

Resta invece lontanissimo il punto di vista di M5S e Pd/Iv sulla Buona scuola, anzi su ciò che rimane della Buona scuola. «I 5 Stelle vogliono eliminare quello che resta della chiamata diretta, non vogliono rimettere l’unità di missione per l’edilizia scolastica, vogliono togliere l’Invalsi e distribuire completamente a pioggia il fondo di merito. Non è possibile, ci sembra pregiudiziale. Siamo pronti a recepire istanze migliorative - spiega Toccafondi - e non ci interessa difendere per principio quella legge. Ma le cose buone dobbiamo mantenerle e magari migliorarle». Ma la Azzolina rivendica: «Buona parte della Buona scuola è già stata riformata, ricordo un primo risultato che ottenni nel decreto dignità», ovvero «la cancellazione del comma 131 che di fatto ha permesso ai docenti precari di continuare a lavorare anche laddove abbiano già tre anni di servizio: se ci fosse stato ancora quel comma oggi sarebbero tutti fuori dal mondo scuola, così come tante cose sono state modificate. Su questo si aprirà eventualmente un’ulteriore riflessione, ma siamo assolutamente sereni».


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