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Scuola, i dubbi sul ritorno in classe: aspettiamo i dati

La seconda partenza per l’anno scolastico in classe delle scuole superiori, nonostante le linee guida approvate martedì, è ancora tutta da organizzare

28/12/2020
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Corriere della sera
Gianna Fregonara

Roma La seconda partenza per l’anno scolastico in classe delle scuole superiori, nonostante le linee guida approvate martedì, è ancora tutta da organizzare. E sulla data, che al momento è fissata per il 7 gennaio come è scritto nel Dpcm di dicembre e come ha ribadito il premier Giuseppe Conte tre giorni fa, cominciano i primi distinguo. Il presidente della Campania Vincenzo De Luca ha detto che nella sua regione si andrà per gradi: «Sento che si parla della riapertura il 7 gennaio, queste sono cose che mi fanno impazzire. Come si fa a dire “si apre” senza verificare il 3, il 4 gennaio la situazione? L’idea di mandare a scuola il 50% degli studenti è un’idea che la Campania non condivide: valutiamo un passo alla volta il rientro, ma certamente non mandiamo in blocco il 50% a scuola».

Se per ora è il solo governatore a mettere in dubbio l’intesa siglata prima di Natale con il governo, De Luca centra il punto: quanto inciderà la percentuale dei contagi dopo le vacanze di Natale sulle scelte per gli studenti? Il ministro della Salute Roberto Speranza era stato chiaro nella riunione tra governo e Regioni: va bene impegnarsi nel contact tracing nelle scuole, ma finché i contagi sono superiori a 50 persone ogni 100 mila abitanti, le Asl non sono in grado di farlo funzionare in modo efficiente. E del resto sulla gradualità punta anche il coordinatore del Cts Agostino Miozzo, da un paio di mesi in prima linea per chiedere la riapertura delle scuole: «Si può ricominciare anche l’11, il 7 non è un comandamento, ci vuole gradualità», ha ribadito ieri.

Una mano alla riapertura delle scuole — anche se per le superiori con la metà degli studenti per i primi dieci giorni — la dà anche il Centro europeo per la prevenzione delle malattie (Ecdc) che ha pubblicato uno studio da cui si evince che le scuole non sono focolai né hanno contribuito più di altre attività alla seconda ondata, ma soprattutto che la chiusura delle scuole da sola non serve a ridurre in modo definitivo la circolazione del virus e serve soltanto in caso di lockdown generale.

Il caso Campania

Il governatore: non condividiamo l’idea di mandare in blocco il 50% degli studenti

Comunque l’attenzione resta sulla percentuale di contagi che ci sarà all’inizio dell’anno nuovo quando il governo valuterà come procedere con il prossimo Dpcm. È vero che con i tavoli provinciali, i fondi aggiuntivi per le Regioni e lo scaglionamento degli orari, come rivendica la ministra dei Trasporti Paola De Micheli, le criticità per bus e pullman sono più o meno state risolte e i rischi sanitari per gli studenti dovrebbero essere ridotti al minimo, ma l’organizzazione dei nuovi turni nelle scuole sta cominciando soltanto in questi giorni. La rigidità degli orari — con più della metà degli studenti che devono entrare in classe a metà mattina e uscire nel pomeriggio — sta già mettendo a dura prova le capacità organizzative dei dirigenti scolastici. Nel Lazio l’associazione nazionale dei presidi sta preparando una lettera di protesta contro la rigidità degli orari che rischia di non consentire l’orario completo agli studenti.