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Scuola, arrivano i primi test rapidi ripetuti nel tempo. "Utili a scovare presto i focolai"

Iniziative in Toscana ed Emilia, mentre la Francia annuncia un piano da un milione di tamponi al mese. Salmaso: "Anche test meno precisi come quelli antigenici, se effettuati regolarmente possono mantenere la scuola sicura"

18/01/2021
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la Repubblica

Elena Dusi

Scuola, che fare? Undici mesi dopo l’arrivo del virus e con i banchi a rotelle ormai coperti di polvere, c’è un’idea nuova che si affaccia. Lo fa a macchia di leopardo e ancora timidamente. Un po’ in Francia e un po’ in Toscana, qua e là in Emilia Romagna e sporadicamente in altri comuni italiani, stanno per partire delle campagne di test rapidi periodici su studenti e professori. Non si tratta degli screening una tantum, che lasciano il tempo che trovano (Bolzano dopo il test a tappeto di novembre si ritrova in zona rossa). “Per essere efficaci, i test rapidi devono essere ripetuti con regolarità” spiega Stefania Salmaso, ex direttrice del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute all’Istituto superiore di sanità e oggi membro dell’Aie, Associazione italiana di epidemiologia.

La cadenza fissa permette di ovviare ai due limiti principali dei tamponi rapidi antigenici: la loro fallibilità (la precisione è molto variabile fra le marche e comunque inferiore rispetto ai tradizionali tamponi molecolari) e il fatto che fotografano la situazione del contagio solo nel momento in cui vengono effettuati. Nulla esclude che ci si infetti un minuto dopo, accompagnati dalla falsa sicurezza di un test negativo. Test rapidi ripetuti ogni 3-4 giorni sono invece la strategia adottata in molti campus americani per isolare subito i focolai e consentire lo svolgimento regolare dell’anno accademico.  

In Francia il ministro della Salute Olivier Véran ha annunciato giovedì che un milione di studenti e insegnanti saranno testati una volta al mese per bloccare i focolai. Véran ha preso la decisione per paura della variante inglese, “che sembra più contagiosa tra i bambini”. Anche questo dato non trova conferme, ma la Francia ha deciso comunque di adottare nelle scuole “misure di sorveglianza più rigide per identificare rapidamente i casi e capire se si tratti del ceppo britannico”, ha spiegato il presidente del Consiglio scientifico di Parigi, Jean-François Delfraissy.

In Toscana è appena partito il progetto “Scuole Sicure”, che prevede test rapidi a campione e a rotazione su 54mila studenti e professori di 152 scuole superiori della Regione. "In ogni istituto sarà sottoposto a screening un campione di cinque studenti, estratti da cinque classi diverse, per un totale di 25 ragazzi a scuola" ha spiegato Renzo Berti, direttore del dipartimento di Prevenzione Toscana Centro. “L'operazione sarà ripetuta nelle settimane successive ogni volta su altri cinque studenti delle stesse classi”. L’Emilia Romagna, altra apripista, ha deciso di portare da 30 a 15 giorni la frequenza dei test sierologici e dei test rapidi antigenici per chi gravita attorno al mondo nella scuola. Possono essere effettuati gratuitamente in farmacia non solo da studenti, insegnanti e personale, ma anche da genitori e nonni.

Certo, l’affidabilità dei test rapidi è un tema pieno di dubbi. “Ci sono tante ditte diverse che li producono in molti paesi del mondo. La precisione spesso è certificata solo dal produttore e i controlli sporadici” spiega Salmaso. “Ma anche un test lontano dall’optimum, se ripetuto, può diventare uno strumento utile per il monitoraggio delle scuole”.

Il ruolo delle scuole nei contagi, infatti, resta ancora aggrovigliato, e non solo in Italia. E’ vero che in autunno nel nostro paese la seconda ondata è montata in seguito alla riapertura dell’anno scolastico. “Ma l’associazione temporale non ci dice molto sul ruolo che la scuola possa avere avuto nelle diverse fasi della pandemia, dato che molte altre contromisure sono state messe in atto” commenta Salmaso. “Uno studio sui focolai epidemici nelle scuole in Inghilterra ha dimostrato che la maggior parte della trasmissione era tra gli insegnanti e in misura minore tra gli allievi. Anche la valutazione dei dati di contact tracing sembra indicare che in pochi casi la trasmissione intrafamiliare sia stata avviata da un ragazzo che va a scuola”.

I dati raccolti dall’Aie a proposito della riapertura delle scuole a settembre parlano di un incremento registrato soprattutto fra i ragazzi delle medie (11-13) e delle superiori (14-18 anni). L’andamento della curva dei bambini più piccoli è stato invece paragonabile o inferiore a quello degli adulti. "L'appello dell'Aie - conclude Salmaso - è quello a una migliore sorveglianza delle scuole, con un coordinamento nazionale che renda disponibili i dati a tutti".