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Scioperano i prof La scuola finisce un giorno in anticipo

L'8 giugno scatta la prima protesta dell'era virtuale "Pochi i fondi stanziati". Ira 5S: strumentalizzazioni

30/05/2020
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La Stampa

maria rosa tomasello
ROMA
Il primo sciopero nell'era della didattica a distanza è stato proclamato: lunedì 8 giugno, giorno che nel calendario delle chiusure regionali coincide con l'ultimo giorno di scuola per gli studenti di Lazio, Abruzzo e Lombardia, le lezioni on line non si terranno. Al termine dell'incontro convocato al ministero dell'Istruzione i maggiori sindacati scelgono la via della protesta contro risposte definite «assolutamente insoddisfacenti», a partire dalle risorse messe in campo, provocando la reazione risentita del Movimento 5 Stelle, che parla di decisione «incomprensibile e irresponsabile».
Il giorno dopo l'approvazione in Senato del dl Scuola, che ha stabilito la necessità di un concorso per esami, e non per titoli, per l'assunzione di 32 mila precari, per il M5s è una reazione attesa e scaturisce dalla contrarietà «a una vera prova, selettiva e meritocratica» mettono nero su bianco gli esponenti del movimento in commissione Istruzione al Senato, mentre il capo politico Vito Crimi parla di «strumentalizzazione». Quanto alle risorse, sottolineano i 5stelle, gli stanziamenti promossi da Lucia Azzolina sono «senza precedenti»: «Un miliardo e mezzo stanziato, e un altro miliardo e mezzo previsto nel decreto Rilancio».
Per Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda non è sufficiente: «Per ripartire servono investimenti straordinari, non piccoli aggiustamenti». Tutto da ripensare, quindi, eccetto l'aggiornamento delle graduatorie dei supplenti. Rispetto alle altre questioni che i sindacati avevano sottoposto al ministro, è l'accusa, «totale mancanza di impegni». Nessuna disponibilità sul potenziamento del personale docente e Ata, ritenuto indispensabile per «un riavvio in sicurezza delle attività in presenza» con gruppi più piccoli, mentre manca «un progetto chiaro sulle modalità a cui tornare alla didattica in presenza». Sono di conseguenza ritenute insufficienti le risorse, con un fabbisogno stimato tra i 4 e i 5 miliardi (edilizia scolastica esclusa). E ancora: non è stata accolta la richiesta di garantire il limite di 20 alunni per classe in presenza di allievi con disabilità, di mettere in sicurezza gli edifici, di sottrarre i dirigenti scolastici a responsabilità improprie rispetto alla messa in sicurezza degli stabili. «A questo – concludono – si aggiunge la mancata attuazione degli impegni che avrebbero consentito a molti precari con almeno tre anni di servizio una stabilizzazione del rapporto di lavoro già a settembre».
Per la trattativa la strada torna in salita, anche se il Miur ribadisce l'impegno al dialogo dicendosi «disponibile a un percorso di lavoro da fare congiuntamente» perché «ora più che ma serve collaborazione». L'obiettivo, la ministra lo ripete, è «tornare tutti a scuola in presenza e in piena sicurezza» a settembre con le regole indicate dal Comitato tecnico scientifico (Cts) a cui si aggiungeranno quelle degli esperti del Miur: mascherina sopra i 6 anni, ingressi scaglionati, lezioni più brevi, distanziamento di un metro (due in palestra). E la mancata riapertura della scuola, sottolinea la titolare dell'Interno Luciana Lamorgese è stata decisa dal governo «per proteggere i ragazzi non sempre attenti al distanziamento sociale, una forma di tutela necessaria». Ma ancora una volta Italia Viva si smarca, e lo fa sul documento che fissa le norme per la riapertura. «Le regole sono molto rigide e mi preoccupano – osserva Maria Elena Boschi – probabilmente così non sarà possibile riprendere fisicamente le lezioni a settembre». Parole a cui fanno eco quelle della Lega: «Linee guida irrealizzabili». una vera prova, selettiva