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Repubblica-Usa, apartheid a scuola la segregazione è tornata

Uno studio dell'università di Harvard conferma la fine del sogno dell'integrazione: in 15 anni la situazione peggiorata ovunque Usa, apartheid a scuola la segregazione è tornata L'80% dei ragazz...

11/08/2002
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la Repubblica

Uno studio dell'università di Harvard conferma la fine del sogno dell'integrazione: in 15 anni la situazione peggiorata ovunque
Usa, apartheid a scuola la segregazione è tornata
L'80% dei ragazzi neri in classi senza bianchi

Gli istituti privati hanno prosperato sulla sempre maggiore voglia di separazione
Metà degli scolari "white" non ha compagni di colore diverso dal proprio
Sobborghi lontani hanno accolto chi voleva fuggire da città sempre più "black"
DAL NOSTRO INVIATO
VITTORIO ZUCCONI

WASHINGTON - Le foto di 45 anni or sono ci guardano adesso come i sorrisi crudeli di un matrimonio finito male, la promessa di qualcosa che allora sembrava certo, e che non è mai avvenuto: l'integrazione fra le razze, nel luogo centrale dove il futuro si gioca e si decide, la scuola. Tornano, prepotenti, il separatismo sui banchi, l'apartheid razziale in classe. L'album delle illusioni ci mostra i "nove di Little Rock", i primi ragazzi neri in un liceo sudista, portati in classe a forza dai paracadutisti della 101esima divisione mandati da Eisenhower nel 1957. Ecco il portone dell'Università dell'Alabama, presidiato dal governatore Wallace pronto a morire piuttosto che ad ammettere i niggers nel suo college. Ecco la litania ipnotica del reverendo Martin Luther King nel celebre salmo del "sogno", I have a dream... I have a dream... ma quale sogno, reverendo. Ecco la realtà: le scuole americane si stanno ri-segregando nel nuovo apartheid in classe che annuncia inesorabilmente l'apartheid sociale. Espulso dalla Costituzione, "Jim Crow", Giacomino il Corvo Nero, come si chiamavano le leggi segregazioniste, rientra volando dalla finestra della realtà.
Non c'era neppure bisogno del solito "studio" con il sigillo accademico di Harvard uscito adesso, per dirci quello che in America si vede benissimo a occhio nudo e che si comincia a intravedere anche tra i ruderi della scuola pubblica in Europa, che il "corvo nero" del separatismo razziale torna a volare. Ma le ricerche servono a dare ufficialità, a convincere gli scettici, e i dati raccolti da Harvard in tre lustri di studi sui 185 principali distretti scolastici americani in 50 Stati, sono convincenti. Dicono che il numero di studenti neri in scuole "tradizionalmente bianche" è sceso dal record del 40% 15 anni or sono al 20% oggi, dunque 4 ragazzi e ragazze "di colore" su cinque, l'80%, sono tornati chiusi nel recinto della pelle. Negli Stati del Sud, come la Georgia, appena uno studente nero su cinque è in classe con almeno un bianco, nei circondari di Atlanta, la città che soltanto sei anni fa sventolava il cerino della "fratellanza olimpica". Erano uno su tre, 15 anni or sono. Sui 185 distretti scolastici studiati, soltanto quattro hanno visto aumentare l'integrazione di bianchi, neri e latinos. In cinquantatre di loro, invece, il livello della segregazione, del separatismo, è cresciuto. Metà degli scolari bianchi non ha un compagno di colore diverso dal loro in classe.
Nel mezzo secolo trascorso dalla sentenza della Corte Suprema che dichiarava incostituzionale l'esclusione dei "non bianchi" dalle scuole pubbliche, dopo gli slanci delle decadi '50, '60 e '70 fino a Carter e al grande riflusso reaganiano, dopo i soldati mandati da Washington per forzare la mano ai governatori in Arkansas, in Mississipi, in Alabama, in Georgia per costringerli ad ammettere studenti neri nelle loro scuole bianche, la marea ha cominciato a ritirarsi. Il busing, il sempre odiato meccanismo di trasporto obbligatorio di ragazzi bianchi sui bus scolastici in scuole nere e viceversa per mescolare le carte, ha esasperato senza integrare. Il Sud, che oggi controlla il voto presidenziale e fa eleggere i presidenti, ha lentamente, pazientemente svuotato le buone intenzioni apparenti. E il resto lo hanno fatto i giudici, i politici locali, i costruttori di autostrade e di sobborghi sempre più distanti per accogliere la fuga dei bianchi dalle città nere, le scuole private che hanno prosperato sui sacrifici dei genitori disposti a togliersi l'hamburger di bocca pur di evitare ai figli di andare a scuola con le "cornacchie".
Non c'era davvero bisogno di uno studio per vedere quello che ogni genitore qui vede. Che nelle caffetterie delle scuole pubbliche e nei cortili, ogni gruppo etnico fa pane per sé, evitando con cura di mescolarsi agli altri, i brothers con i brothers neri, i manos con gli hermanos latini, i good ole' boys bianchi, i bravi ragazzi bianchi con i loro simili e con le loro ragazze. Non servono le statistiche del ministero dell'Istruzione per sapere che attraversare la fossa razziale, andare con un ragazzo o una ragazza di colore diverso dal tuo, scatena, nel più benigno dei casi, l'ostracismo della tribú tradita e dunque il ciclo dell'apartheid riproduce e rafforza se stesso. Anche nelle poche scuole private dove piccole minoranze nere riescono a entrare, i "fratelli" stanno con i "fratelli". E il brother che si sforza di studiare, viene bollato come uno che vuole act white, che vuol fare il bianco, come un white ass kisser, leccaculo dei bianchi. Il ciclo di esclusione e di autoesclusione si allarga, garantendo future esclusioni e futuri fallimenti, per i figli e le figlie dei finti studenti parcheggiati in scuole pubbliche dove nessuno è mai bocciato, dunque nessuno è mai davvero promosso.
Sono state fatte scelte politiche precise e sottili, mimetizzate nel buonismo della nuova destra, non meno ipocrita della nuova sinistra clintoniana. "Leave no child behind" era stato lo slogan generoso di George Bush, figlioletto del privilegio bianco più spudorato, lui ammesso senza avere i voti necessari nella Yale del papà presidente, nonostante un profitto al liceo Phillips di Andover talmente tragico da avere provocato la messa sotto sigillo delle sue pagelle. Non lasciate indietro nessun bambino, diceva la bocca, per ottenere il voto dei Latinos che sono cresciuti di tre volte e mezzo nelle scuole pubbliche e ora assaggiano anche loro l'effetto dell'apartheid scolastico di ritorno. Chiacchiere, come le prediche ai bambini della First Lady Laura, la maestrina bibliotecaria del Texas che va a leggere libri di lettura in classe a beneficio delle telecamere, mentre il marito a casa taglia i bilanci e gli stipendi. Parole che non riescono a nascondere la vera intenzione dietro il programma repubblicano dei "buoni scuola", semplici aiuti statali, dunque pagati anche dai contribuenti neri, agli ultimi genitori bianchi che ancora non ce la fanno a fuggire dalle scuole pubbliche e ingrasseranno il sistema delle private. Quelle che, come la ricchissima Harvard, tra qualche anno ci diranno compunte ciò che ogni bambino potrebbe dirci gratis. Che il corvo è tornato in classe ed è il tuo compagno di banco.


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